IL FATTO QUOTIDIANO — 3 MAGGIO 2020 ::: Michela A.G. Iaccarino :: Intervista allo storico John M. Barry – L’autore della “Grande Influenza” dedicata alla spagnola del 1918

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO — 3 MAGGIO 2020

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“La lezione del virus: le bugie sono letali quanto la malattia”

“La lezione del virus: le bugie sono letali quanto la malattia”

John M. Barry – L’autore della “Grande Influenza” dedicata alla spagnola del 1918: “Anche allora si pagò il prezzo più alto dove i governi mentirono”

di Michela A.G. Iaccarino | 3 MAGGIO 2020

 

 

 

“Se aspettiamo che arrivi una pandemia sarà troppo tardi: molte vite potrebbero essere inutilmente perdute perché non siamo riusciti ad agire oggi”. Questa frase la pronunciò George W. Bush nel 2005 alla fine della lettura di The Great Influenza: the story of the deadliest pandemic in History, (La Grande Influenza: storia della pandemia più mortale della storia). Se chiedi all’autore del best-seller, John M. Barry, perché ha deciso di scrivere proprio dell’influenza spagnola, risponde: “Things happen, le cose accadono”. Nell’era del Covid-19 l’ex presidente repubblicano ha rifiutato di commentare la dichiarazione pronunciata 15 anni fa, invece Barry lo ha fatto: secondo lui, senza riuscirci, “Bush voleva dimostrare che Hegel aveva torto”. perché c’è una frase del filosofo tedesco che lo storico americano cita spesso: “Ciò che impariamo dalla storia è che non impariamo nulla dalla storia”, frase ripetuta in un suo editoriale di qualche giorno fa sul New York Times. Titolo: “La lezione più importante dell’influenza del 1918” ovvero “dite la verità”.

 

Signor Barry, lei ha scritto che nel tentativo di limitare la diffusione del virus oggi abbiamo fallito.

Oggi vale la stessa lezione del 1918. Le bugie uccidono.

 

Possiamo tracciare parallelismi e confrontare le due pandemie?

 

Esistono molti parallelismi, la principale differenza è che il Covid-19 è molto meno letale ma più contagioso: periodo di incubazione e trasmissione asintomatica, in media, durano il triplo rispetto alla spagnola.

 

Nelle ultime settimane abbiamo ascoltato molti capi di Stato dire: “È tutto sotto controllo”. Ma non lo era. Lei ha ripetuto molte volte: “Le persone affrontano meglio la realtà che l’incertezza”. Ci racconta perché ricorre spesso nel suo libro all’esempio di Philadelphia e San Francisco?

 

Durante la pandemia spagnola entrambe le città sono state le più colpite in termini di mortalità, ma la reazione è stata opposta. A Philadelphia le autorità hanno mentito, ripetevano che era “un’influenza ordinaria” e la società crollò. San Francisco è stata una delle pochissime metropoli in cui politici, dirigenti, sindacalisti e medici hanno firmato una dichiarazione congiunta: “Indossate una maschera e salvatevi la vita”. Le maschere non evitavano il contagio, ma San Francisco funzionava perché le istituzioni non avevano detto bugie. Quando le scuole chiusero, gli insegnanti si offrirono volontari come conducenti di ambulanze. Li ha salvati la fiducia, il senso della comunità.

 

Avrebbe mai pensato di assistere ad un’epidemia nella sua vita?

Ritenevo inevitabile che potesse succedere, non sono rimasto esattamente sorpreso.

 

Non solo il Covid-19: anche le fake news sono virali in questi giorni.

Sfortunatamente i social media le diffondono in modo molto efficiente. Ma è accaduto anche nel 1918: alcuni credevano che la spagnola fosse un virus creato dai tedeschi, che un’aspirina prodotta dalla Bayer la causasse, o che fosse il ritorno della peste medievale.

 

Il corso della storia è stato spesso cambiato da una delle più potenti emozioni umane: la paura, di cui lei ha spesso scritto.

C’era molta più paura nel 1918, il virus era più letale, nessuno sapeva quando e se si sarebbe fermato. Oggi abbiamo una comunità scientifica che fornisce informazioni oneste a quelli che vogliono ascoltarle.

 

Ha scritto anche: “Nel 1918 molti pensavano di assistere alla fine della civiltà. La gente aveva paura di baciarsi e mangiare insieme. Alcune persone morivano di fame perché nessuno consegnava loro cibo”. Il distanziamento sociale che stiamo vivendo oggi comprometterà il nostro comportamento in futuro?

C’è paura, ma c’è anche un senso di comunità. Mia moglie ed io abbiamo più di 70 anni e amici più giovani si sono offerti volontari per fare la spesa. Sono piccole cose che fanno la differenza. E poi ci sono le grandi cose: medici ed infermieri che si stanno comportando con eroismo incredibile.

 

Obitori pieni, paura, crisi economica. Anche se i due virus sono diversi, le conseguenze sembrano essere simili.

Questo virus è una nuova malattia umana, rimarrà in circolo e svilupperemo l’immunità di gregge solo nel tempo. Si tornerà a vivere come prima? Credo che non vedremo un ritorno alla vita come la conoscevamo per molto tempo, a meno di non trovare un vaccino efficace. Gli scienziati sono piuttosto ottimisti. C’è un cosa che possiamo fare: sperare che l’ottimismo sia giustificato.

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