BERNARD GUETTA, giornalista esperto di M.Oriente, ::: ” Iran, l’alternativa impossibile “– REPUBBLICA DEL 6 GENNAIO 2020

 

 

REPUBBLICA DEL 6 GENNAIO 2020

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Commento Geopolitica

Iran, l’alternativa impossibile

06 GENNAIO 2020

Gli Usa, il Medio Oriente e i venti di guerra: Trump è riuscito a mettere Teheran davanti a un bivio pericoloso, perché adesso vendicare la morte di Qassem Soleimani è rischioso quanto rifiutare questo ingranaggio

DI BERNARD GUETTA

Le apparenze contano, ma non sono tutto. Con la votazione del Parlamento iracheno che esige la partenza delle truppe americane, la situazione sembra indicare che Donald Trump ha fatto una pessima mossa: invece di condurre a un indebolimento dell’Iran, l’omicidio del generale Soleimani ha attirato sugli Stati Uniti lo sdegno del Medio Oriente e rischia di fargli perdere l’Iraq a beneficio dei mullah.

L’America è l’assassino, l’Iran la vittima di un terrorismo di Stato. Mentre a Teheran pragmatici e conservatori serrano le fila contro Washington, la stampa americana non fa che interrogarsi sulla strategia di Trump dietro a questo attacco con drone. Il meno che si possa dire è che questa strategia non si riesce a vedere, e se fosse una partita di calcio tutti i gol finora li avrebbe segnati il regime iraniano.

Questi sono i fatti. Nessuno li contesta, ma niente vieta di dare un’altra lettura della crisi: Donald Trump è riuscito a mettere i dirigenti iraniani davanti a un’alternativa impossibile, perché adesso, per loro, vendicare la morte di Qassem Soleimani è rischioso quanto rifiutare questo ingranaggio.

Prendiamo la prima ipotesi, quella in cui decidono di vendicare adeguatamente l’omicidio di un uomo che era l’architetto della proiezione iraniana sull’intero Medio Oriente. Questa vendetta, la Repubblica islamica l’ha annunciata. L’ha promessa, ma sia che la metta in atto direttamente sia che la affidi ai suoi protetti in Libano, Siria, Yemen o Iraq, la rappresaglia americana alla rappresaglia iraniana sarà immediata e pesante.

Il messaggio della Casa Bianca è chiaro: “Se deciderete di agire, la pagherete cara”. Ci sono pochi motivi per dubitare di questa minaccia che gli Stati Uniti hanno tutti i mezzi per mettere in atto.

Inversamente, però, che cosa succederebbe se i dirigenti iraniani fossero abbastanza saggi da prendere questi avvertimenti sul serio, ingoiare il rospo e non fare nulla?Eviterebbero gravi distruzioni alle loro infrastrutture civili e militari. Non è una cosa da poco, anzi è tanto: ma i loro alleati in Medio Oriente giungerebbero alla conclusione che non possono più fare affidamento unicamente sul loro padrino iraniano. Tutta la situazione della regione ne verrebbe rivoluzionata, e non a vantaggio di Teheran.

Molti iraniani, a loro volta, vedrebbero che il regime non è più immortale: tutta la situazione cambierebbe, così profondamente che la contestazione sociale potrebbe riprendere slancio e il regime non potrebbe ricorrere in eterno alla soluzione di ordinare di sparare sui cortei della miseria. A quel punto, mentre a Teheran conservatori e pragmatici si dilanierebbero fra loro, Bashar al-Assad dovrebbe cercarsi dei nuovi sostenitori. Gli Hezbollah libanesi e le milizie e i partiti filoiraniani in Iraq – già molto indeboliti dalle manifestazioni di Beirut e di Bagdad – dovrebbero fare i conti con nuovi scenari nazionali e regionali.

Nell’una e nell’altra ipotesi, i dirigenti iraniani usciranno ancora più indeboliti dalla risposta che decideranno di dare, o di non dare, a questo omicidio. Nuova potenza emergente del Medio Oriente, dopo che il rovesciamento di Saddam Hussein da parte degli Stati Uniti le aveva permesso di insediarsi stabilmente in Iraq, la Repubblica islamica ora deve far fronte al malcontento sociale provocato dal blocco economico americano e dal rigetto del protettorato che ha imposto a iracheni e libanesi. Il regime di Teheran non è più in ascesa, ma in discesa, e con le casse dello Stato che si svuotano si trova a dover tappare falle sempre più numerose e a dover scegliere fra confessarsi impotente di fronte agli Stati Uniti o lanciare loro una sfida che lo metterebbe in ginocchio.Anche se l’Iraq arrivasse davvero a espellere le truppe americane, non è affatto detto che l’Iran sia ancora così potente da prendere il controllo di questo vasto Paese in pezzi. No, non è affatto detto che Donald Trump abbia fatto una mossa sbagliata, ma il problema è che il regime dei mullah, costretto con le spalle al muro, potrebbe alzare la posta, e un suo eventuale ripiegamento non aprirebbe un’era di pace in Medio Oriente. Anche se questo ripiegamento fosse relativo, il vuoto che lascerebbe potrebbe solo preludere a un raddoppiamento del caos regionale, con turchi, curdi e sauditi che cercherebbero di consolidare le loro posizioni, mentre la Russia si ritroverebbe solissima in un Medio Oriente complicato, dove farebbe molta fatica a sapere chi sostenere e perché.

Bernard Guetta è un giornalista francese, esperto di politica internazionale

Traduzione di Fabio Galimberti 

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