MARINA GORI CI SUGGERISCE : LUCIANO CANFORA, FERMARE L’ODIO, LATERZA + UN BRANO DALL’EDITORE + UN ARTICOLO DEL CORRIERE

 

 

Marina Gori:: FACEBOOK

17 novembre alle ore 11:46 ·

“Ci sono studi rinomati e di diversa ispirazione che spiegano, ognuno privilegiando eventualmente un determinato aspetto, come il fascismo sia un fenomeno ramificato (riflesso di specifiche situazioni nazionali) il cui modus operandi consiste nell’efficace intreccio di due fattori sedutivi: (1) l’aizzamento e conseguente mobilitazione, contro un “nemico” su cui convogliare una ostilità di massa (xenofobia, a suo tempo antisemitismo, allarme per una sbandierata invasione da fuori; dal pericolo giallo ai migranti del nostro tempo); (2) forme demagogiche e talvolta incisive di stato sociale che però non disturbi, o non disturbi troppo, il ceto proprietario” Luciano Canfora.

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 Fermare l’odio

Luciano Canfora

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente

Editore: Laterza
Collana: I Robinson. Letture
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 24 ottobre 2019
Pagine: 66 p., Rilegato
10 EURO, PREZZO PIENO

 Luciano Canfora è professore emerito dell’Università di Bari. Dirige i “Quaderni di storia” e collabora con il “Corriere della Sera”.

 

LATERZA.IT  — link del testo che segue :

Questo libro è stato scritto mentre imperversava la disumana «chiusura dei porti» imposta dal governo italiano allora in carica (e ancora irrisolta) a danno di profughi in fuga dall’inferno libico.

La vicenda degli spostamenti di masse umane coincide con la storia stessa del genere umano. È puerile volervi porre un freno «a mano armata». Gli stessi Stati europei che ora indossano l’elmetto per chiudere le porte e i porti traggono origine da migrazioni di popoli che investirono – in un processo storico durato secoli – la struttura statale all’epoca considerata la più forte, quella dell’impero romano. Anche allora avvenne che forze spirituali, dall’interno, incrinarono (e rivelarono vana) la risposta militare. Anche allora, per un tempo non breve, la ‘migrazione’ avvenne in forma di stillicidio pacifico. E l’impero romano adottò, per un tempo non breve, verso l’irresistibile fenomeno, una risposta duttile integrando gli elementi più capaci o più in vista (anche i migranti sono ed erano attraversati da articolazioni sociali) nelle strutture soprattutto militari. Poi venne il tempo delle migrazioni di interi popoli armati e guidati da capi. Ricordare tutto questo aiuta a capire.

La conoscenza della demografia, delle linee di tendenza dell’attuale sviluppo demografico, gioverebbe molto agli europei arroccati e persuasi di aver risolto questioni di questa portata ‘regalandosi’ la ‘moneta unica’… Tra una decina d’anni la previsione è di un altro miliardo di umani sul pianeta. Anche un ottuso sovranista riesce a intuire che la spartizione delle risorse, a cominciare dall’acqua, diventerà sempre più conflittuale. E intanto lo sviluppo tecnologico fuori controllo, intrinseco al perseguimento del sempre maggior profitto, accentuerà i due principali suoi effetti: la devastazione dell’ambiente e delle sue risorse primarie e la macchina che soppianta l’uomo. (Così l’Europa felix vedrà aggravarsi il tarlo della disoccupazione, che il sopraggiungere di masse migranti rende ancor più lancinante.)

Di fronte a tutto questo il blocco ‘sovranista’ ha una sola risposta: attizzare odio contro il (falso) nemico, e armarsi.

Porre nella giusta luce questi fenomeni non significa imboccare la scorciatoia moralistica, bensì prendere atto di problemi capitali che, col tempo, sarà sempre più difficile fronteggiare.

Forse è giunto il momento di capovolgere la prospettiva. È tempo di considerare l’ondata migratoria come avamposto di un mondo in accordo col quale la (ancora) ricca Europa potrebbe dar vita ad una struttura federale euro-africana gravitante sul Mediterraneo, effettivamente paritaria, e in prospettiva, sempre più integrata. Da tempo la Francia, con comportamenti però neocoloniali, ha imboccato a modo suo questa strada nei confronti di una parte delle sue ex colonie (che usano ancora il franco). Se ne parla poco, ma intanto nascono aggregazioni a margine di una delle due principali potenze dell’«Unione»: il che la rende ancor più disunita di quanto già sia.

Se, invece, l’intera «Unione» si facesse protagonista di una svolta del genere, isolando le aree di crisi (e prevenendo ciò che altre potenze, ben più remote, stanno già tentando) potrebbe nascere una feconda interazione tra quel grande capitale umano ed il capitale di conoscenze e risorse del vecchio continente.

Le difficoltà di attuazione di un siffatto progetto sono tali da farlo apparire utopico. E in parte lo è, se solo si considera fino a che punto abbiamo pregiudicato la possibilità di aprire una pagina nuova con i popoli che abbiamo a suo tempo colonizzato iniettandovi, tra l’altro, anche il virus (tipicamente europeo) del nazionalismo. Ma non è sensato liquidare una strada seppur difficile e ricca di incognite (e resa ancor più difficile dalle divisioni perduranti tra gli stessi Stati europei), che però non ha alternative, se non – per dirla con la prima pagina del Manifesto di Marx – «la comune rovina» delle parti in lotta.

Sarà fortissima la resistenza di chi dirà: mi piace troppo questo mondo che mi sono conquistato, ci sto troppo bene e perciò non ho intenzione di condividerlo con altri.

L’esito non è scontato. Non solo per l’egoismo di alcuni, ma anche per le difficoltà degli altri: perché lo sviluppo diseguale induce, su scala mondiale, chi pur avrebbe interessi comuni da difendere ad assumere comportamenti difformi e reciprocamente ostili o incoerenti. Se parve facile (e invece non lo fu) coordinare i socialismi d’Europa – che poi finirono con lo spararsi addosso da opposte trincee nella «Grande Guerra» – nell’odierno mondo «globalizzato» i popoli «vivono in tempi storici differenti», il che costituisce impedimento grande alla loro solidarietà. Anche per questo, soprattutto per questo, l’utopia deve sposarsi col realismo e andare a lezione dalla storia. Il Mediterraneo – oggi cimitero a cielo aperto –, che l’imperialismo europeo per lungo tempo ha diviso in colonizzati e colonizzatori, era stato molto prima, e per un tempo non breve, un’area politico-culturale unitaria. Può tornare ad esserlo se sapremo ripensare radicalmente la troppo angusta, arroccata e qua e là incrinata, «unione» europea.

Certo le recenti dichiarazioni rese da Emmanuel Macron ai suoi parlamentari il 16 settembre scorso non fanno ben sperare: sulla questione migranti – egli ha detto – ci vuole fermezza «per evitare di diventare un partito borghese che non tiene conto dell’opinione delle classi popolari sedotte dal Rassemblement National» (sic!).

corriere del 25 ottobre 2019

 

GEOPOLITICA

Luciano Canfora, il nuovo libro. Il sogno euroafricano contro l’odio

Un pamphlet (Laterza) denuncia il pericolo del razzismo di fronte alle migrazioni di massa. Per contrastare questa fobia l’autore auspica l’intesa tra i Paesi mediterranei

di ANTONIO FERRARI

 

Luciano Canfora, il nuovo libro. Il sogno euroafricano contro l'odioUn murale realizzato da Banksy nel 2014 a Clacton-on-Sea, nell’Essex, in Gran Bretagna

Una sera, in una casa importante di Milano, ho avuto la fortuna di trascorrere un paio d’ore assai piacevoli con uno dei miei autori preferiti: Umberto Eco. L’avevo conosciuto negli anni Sessanta, quando scrisse un libro intrigante sulla Fenomenologia di Mike Bongiorno, ma quella sera di quasi quarant’anni dopo ero assetato di ben altre curiosità: volevo che mi spiegasse, seguendo una delle sue geniali intuizioni, il significato di Ur-fascismo. Non conosco il tedesco e non avevo idea della genesi di quell’accostamento. Eco cominciò con la traduzione più semplice, perché potessi capire immediatamente: «Ur è come perenne, come persistente, scegli tu».

 

Luciano Canfora, «Fermare l’odio» (Laterza, pagine 66, euro 10)

 

Luciano Canfora, «Fermare l’odio» (Laterza, pagine 66, euro 10)

 

Una risposta che è rimasta nella cassaforte della memoria e che ora ritrovo nel pamphlet di Luciano Canfora Fermare l’odio (Laterza), pregevole contributo per spiegarci la presenza e il successo continuo di un compagno di strada invasivo, imbarazzante e ributtante, l’odio appunto.

Il professor Canfora, fra i più prestigiosi collaboratori del «Corriere della Sera», filologo e storico, spiega che «il frastuono giornalistico proteso ad enfatizzare le differenze tra “ora” e “allora”, mostra di non sapere che anche “allora” si scivolava (nelle pratiche violente) per gradi». E che, innervata nell’intera «parabola del fascismo (1919-1945)», la violenza si è come riprodotta oggi in forme sadiche, come le vicende dei migranti dimostrano. Anche adesso «imperversa l’aizzamento di massa contro l’invasione di stranieri (per giunta neri!) che “ci tolgono il lavoro”, esattamente come a suo tempo “contro l’ebreo, affamatore del popolo” nel gergo belluino nazifascista».

 

Luciano Canfora (1942)Luciano Canfora (1942)

 

 

È pur vero, come ricorda Canfora, che «il visibile e acclarato consenso tranquillizzava le coscienze». In aggiunta, moltiplicatore assai gradito dal regime fascista, vi era «la diffusa autocensura del giornalismo, la sempreverde tacitiana “servitù spontanea”». (Quanto è sempre attuale, professor Canfora!).

Eppure, senza perderci nei distinguo dell’«ora» e «allora», è interessante ricordare che nel mese di aprile del 1937 il sondaggio promosso negli Stati Uniti sul tema «se doveste scegliere tra fascismo e comunismo quale scegliereste?», la risposta fu lapidaria: il 61% optò per il fascismo, il 39 per il comunismo. Ma già, come ricorda Canfora, nell’ottobre del 1938, un nuovo sondaggio sul gradimento dei leader del mondo «diede una vittoria schiacciante a Mussolini: 53 %, contro il 37% per Stalin e solo il 13% per Hitler». Insomma, già negli anni Trenta l’entusiasmo americano per il dittatore italiano era imbarazzante. Al punto che il grande Cole Porter cantava «Tu sei il massimo, tu sei Mussolini»; e il futuro presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, che tutti abbiamo amato, scriveva sul suo diario: «Credo che il fascismo sia giusto per l’Italia e il nazionalsocialismo per la Germania». Senza dover citare, per l’ennesima volta, Winston Churchill, che si era spinto a considerare il Duce come «il più grande legislatore vivente, erede del genio romano».

Questo per spiegare come il plauso planetario fosse il più potente afrodisiaco per il dittatore italiano: diventato schiavo del più folle senso di onnipotenza. Basterebbe ricordare l’entrata in guerra e la baldanzosa campagna di Grecia, che sarebbe stata una catastrofe se non fossero intervenuti i tedeschi a evitare il disastro.

Canfora, citando Eco, ricorda come «l’Ur-fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme, in ogni parte e luogo».

 

Niente di più vero, nella deriva culturale che sta ammorbando il mondo, soprattutto oggi, una fase storica in cui un evento (ennesima conferma della storia) sta cambiando la nostra vita: decrescita delle nascite nei Paesi ricchi e crescita esponenziale nei Paesi poveri. Come propone il professor Canfora, «è giunto il momento di capovolgere la prospettiva». Cioè «considerare l’ondata migratoria un avamposto del mondo, che coniugandosi con la ricca Europa potrebbe dar vita a una struttura euroafricana gravitante sul Mediterraneo e, in prospettiva, paritaria e integrata». Insomma la piena fusione tra capitale umano e capitale di conoscenze del Vecchio Continente».

Un sogno? Forse. Ma se guardiamo al futuro con realismo, può essere davvero l’unica strada percorribile.

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1 risposta a MARINA GORI CI SUGGERISCE : LUCIANO CANFORA, FERMARE L’ODIO, LATERZA + UN BRANO DALL’EDITORE + UN ARTICOLO DEL CORRIERE

  1. Donatella scrive:

    Geniale questa idea di Luciano Canfora, che mette insieme il meglio della storia antica (il Mediterraneo come sintesi di varie civiltà) e l’esigenza del presente, che potrebbe sfociare ( come in parte già fa) in tragedie terribili.

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