26 OTTOBRE 2019 :: SIRIA / CURDI ::: Erdogan: ” Gli Usa ci consegnino il comandante dei curdi, Mazloum Abdi. ” 1. REPUBBLICA –pag. 24 articolo di MARCO ANSALDO, INVIATO — 2, IL MANIFESTO, ARTICOLO DI CHIARA CRUCIATI

 

REPUBBLICA DEL 26 OTTOBRE 2019 –pag. 24

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La guerra in Siria

Erdogan: “Gli Usa ci consegnino il comandante dei curdi”

Il Sultano vuole la testa di Mazloum Abdi E ora punta su Kobane città simbolo della resistenza all’Isis

dal nostro inviato

Marco Ansaldo

 

 

nota del nostro blog:: 

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Mazloum Abdi ( Afrin, Siria, 1967 )-Ferhat Abdi Şahin, meglio conosciuto dai suoi nomi di guerra Mazlum Abdi e Mazlum Kobanê, precedentemente Şahin Cilo, è un leader militare curdo siriano, che serve come comandante in capo delle forze democratiche siriane, avendo combattuto nell’esercito del PKK ai tempi del conflitto curdo in Turchia e nel PYD durante la guerra siriana.

Le 13 octobre 2019, après le retrait des troupes américaines et le début de l’opération Source de paix, les Forces démocratiques concluent un accord avec le régime syrien. Mazloum Abdi déclare alors au magazine américain Foreign Policy : « Nous savons que nous devrons faire des compromis douloureux. Mais entre les compromis et le génocide de notre peuple, nous choisirons la vie »4. Le président turc Recep Tayyip Erdoğan demande quant à lui aux États-Unis de livrer Mazloum Abdi à la Turquie. La Turquie invoque alors le fait que le chef des FDS fait l’objet depuis plusieurs années d’une notice rouge d’Interpol (  Le Figaro avec AFP, 25 octobre 2019).

https://fr.wikipedia.org/wiki/Mazloum_Abdi

 

 

 INIZIO DELL’ARTICOLO DI REPUBBLICA :::

 

GAZIANTEP — Uno scalpo e la città di Kobane. Questo vuole ottenere ora il Sultano. La testa è quella del comandante in capo delle forze curde siriane, Mazloum Abdi. Due fedelissimi di Recep Tayyip Erdogan l’hanno chiesta agli Stati Uniti. Prima il ministro della Giustizia, Abdulhamit Gul: «È un terrorista ricercato dall’Interpol. Washington lo catturi e lo estradi in Turchia». Poi il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, con una nota di protesta per la decisione di trattare un «leader terrorista » come un «legittimo esponente politico». Quindi lo stesso capo dello Stato: «Abbiamo un accordo di estradizione. L’America ci deve consegnare questo uomo». Difficile che Donald Trump ceda: il comandante Mazloum è quello che citava nella lettera inviata a Erdogan («non essere folle», scriveva) come l’uomo disponibile a un compromesso sul campo.

Ma com’è ormai nella sua natura, il leader turco non si ferma. E adesso viene il turno di Kobane, per la prima volta indicata come possibile obiettivo. Alla tv di Stato Trt Erdogan ha detto che la Turchia «prenderà una decisione» sulla città simbolo della resistenza curda all’Isis. Gli Stati Uniti chiedono ad Ankara di non entrare, mentre i russi sì. Non è un esercizio difficile immaginare dove penderà la bilancia del Sultano, dopo avere appena stretto un accordo più forte con Vladimir Putin. Già a Manbij, l’altra località strategica siriana, appena lasciata dal contingente americano, le truppe di Ankara hanno deciso di creare un bastione militare. E i russi mettono fin da subito le mani avanti. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha avvertito i combattenti curdi che se il loro ritiro non avverrà entro le nuove 120 ore assegnate di tregua, «purtroppo saranno lasciati di fronte all’esercito turco perché le guardie di frontiera siriane e la polizia militare russa non rimarranno nel mezzo ». Che la situazione si faccia più complicata lo svela il litigio fra gli ambasciatori turco e siriano ieri al Consiglio di Sicurezza Onu a New York. Il diplomatico di Ankara definiva il blitz del proprio Paese come un’operazione «anti-terrorismo per rafforzare l’integrità territoriale della Siria». Il collega di Damasco accusava la Turchia di «flagrante violazione » del diritto internazionale.

Erdogan, a tutto campo, si muove anche contro i media stranieri. Ieri ha querelato il direttore e un giornalista di Le Point per diffamazione e calunnia. Sull’ultima copertina la rivista francese lo ha ritratto mentre fa il saluto militare sotto il titolo “Lo sradicatore”. E scrive: vuole compiere una «pulizia etnica dei curdi».

 

IL MANIFESTO DEL 26 OTTOBRE 2019

https://ilmanifesto.it/erdogan-a-trump-consegnami-il-capo-delle-sdf/

 

INTERNAZIONALE

Erdogan a Trump: «Consegnami il capo delle Sdf»

Siria/Rojava. La Turchia chiede agli Stati uniti l’estradizione di Mazloum Abdi. Il Pentagono annuncia nuove truppe a protezione dei pozzi di petrolio. E la Nato dice sì al piano tedesco di dispiegare una forza di interposizione

Milizie islamiste pro-turche nel Rojava
Milizie islamiste pro-turche nel Rojava

Che la tregua nel nord-est siriano sia costantemente violata lo raccontano i lanci delle agenzie curde: ieri le forze turche hanno attaccato il villaggio di Rajm, a nord di Ayn Issa, riporta Anf. Ferita un’intera famiglia, i due genitori e i quattro figli, tra i 4 e i 10 anni: sono stati ricoverati all’ospedale di Raqqa.

È invece l’Osservatorio siriano per i diritti umani (basato a Londra e dal 2011 opposizione al governo di Damasco) a riportare del rapimento e l’uccisione di tre infermieri dell’ospedale di Siluk da parte di miliziani islamisti pro-Ankara. I corpi sono stati ritrovati ieri.

Violazioni continue, del cessate il fuoco e dei diritti umani. Eppure il principale responsabile, il presidente turco Erdogan, si occupa d’altro. Ieri ha chiesto agli Stati uniti, alleati sbiaditi, di consegnargli Mazloum Abdi, comandante capo delle Forze democratiche siriane (Sdf), la federazione multietnica e multiconfessionale che dal 2015 difende il Rojava.

È la risposta di Ankara a una lettera del presidente Usa Trump (datata 11 ottobre, due giorni dopo l’inizio dell’operazione «Fonte di pace») in cui la Casa bianca riportava la volontà di Abdi di negoziare.

Da allora è successo di tutto: 300mila sfollati, centinaia di uccisi e l’accordo russo-turco che ha sancito l’occupazione turca di un pezzo di Rojava, 120 km per 32 da Tal Abyad a Ras al Ain. Giovedì notte Erdogan ha ordinato al suo ministro della Giustizia di muovere i «passi necessari» alla consegna di Abdi alla Turchia, citando «l’accordo di estradizione con gli Usa».

Abdi è in Siria, non negli Stati uniti. Ma la richiesta è girata a Washington per un motivo preciso: l’appello dei senatori Usa al segretario di Stato Pompeo di concedere al comandante curdo un visto immediato per poter descrivere al Congresso la situazione sul terreno.

Ma a Trump interessa ben altro: ieri, come anticipato nei giorni scorsi dal presidente, il Pentagono ha fatto sapere che invierà altri soldati e carri armati nel nord-est siriano a protezione dei giacimenti di petrolio.

Prima ritira le truppe (mille marines hanno lasciato il Rojava la scorsa settimana e sono entrati in Iraq) e ora pensa di inviarne delle altre. In coordinamento, dice il segretario alla Difesa Mark Esper, con le Forze democratiche siriane per impedire che i pozzi finiscano in mano all’Isis.

Dichiarazioni che sono il segno del caos che regna alla Casa bianca e che ha permesso in pochi anni alla Russia di sostituirsi fisicamente e diplomaticamente agli Stati uniti in Medio Oriente. Per le popolazioni locali sembra cambiar poco: chiunque arrivi si prende il suo pezzo di Siria.

Si muove anche la Nato, di cui la Turchia è secondo esercito per grandezza. Ieri il segretario Jens Stoltenberg ha accolto la proposta della Germania di inviare una missione internazionale sotto l’egida dell’Onu per una zona di sicurezza tra Siria e Turchia.

 

 

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1 risposta a 26 OTTOBRE 2019 :: SIRIA / CURDI ::: Erdogan: ” Gli Usa ci consegnino il comandante dei curdi, Mazloum Abdi. ” 1. REPUBBLICA –pag. 24 articolo di MARCO ANSALDO, INVIATO — 2, IL MANIFESTO, ARTICOLO DI CHIARA CRUCIATI

  1. Donatella scrive:

    Si rinnova per l’eternità la favola del lupo e dell’agnello.

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