grazie a Nemo ! — LUIGI MANCONI, Mattarella sul decreto sicurezza. La vittoria dell’umanità, REPUBBLICA DEL 9 AGOSTO 2019 –pag. 34

 

 

 

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repubblica del 9 agosto 2019–pag. 34

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Mattarella sul decreto sicurezza

La vittoria dell’umanità

di Luigi Manconi

 

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Possiamo leggerla come una stridente coincidenza simbolica e trovarvi motivo di riflessione e di inquietudine; oppure, come un messaggio aggressivo e sottilmente sedizioso inviato dal ministro dell’Interno al fine di sancire gli attuali rapporti di forza e scoraggiare quanti ritengono che un’opposizione sia possibile.

Accade così che mentre nella lettera di accompagnamento alla legge di conversione del decreto sicurezza bis, il capo dello Stato esprime esplicite preoccupazioni e una critica puntuale a proposito di alcuni passaggi del provvedimento, da otto giorni una nave della Ong Open Arms non riceve alcuna risposta alla richiesta di sbarco in un porto sicuro delle nostre coste. A bordo, oltre un centinaio di naufraghi, dei quali trenta minori, in gran parte non accompagnati.

Forse pensava a loro il presidente della Repubblica, quando ha scritto, in quella stessa lettera, che “resta l’obbligo di soccorso in mare”. Ecco, nonostante il richiamo solenne di Mattarella, e nonostante l’orientamento di una parte crescente dell’opinione pubblica e l’impegno delle chiese, da quelle evangeliche a quella cattolica,l’obbligo di soccorso in mare non sembra proprio appartenere alle politiche e alla visione del mondo dell’attuale governo. Del governo tutto, si deve dire, perché al vociare canagliesco degli esponenti della Lega si accompagna la pavidità obliqua di quelli del Movimento Cinque Stelle.

Ma perché si è arrivati, con quest’ultimo decreto, a un’ulteriore forzatura dell’ordinamento e a tali lesioni, attuali e potenziali, allo Stato di diritto?

È accaduto che il precedente decreto ha tradotto in legge solo parzialmente gli indirizzi relativi al progetto di controllo-repressione dei flussi migratori e degli sbarchi e a quello di governo “poliziesco” del territorio e dell’ordine pubblico. I sindaci, la magistratura e infine la Corte costituzionale sono già intervenuti limitando le velleità di accentramento del comando e del potere e scongiurando un’alterazione ancora più insidiosa degli equilibri istituzionali, garanzia primaria del buon funzionamento dello stato di diritto.

Nei primi decenni di questo Dopoguerra le opposizioni definivano, spesso a ragione, “ministro di polizia” il titolare del dicastero dell’Interno, ma quelle violazioni delle prerogative e delle regole erano legate a particolari congiunture sociali e a temporanei stati di emergenza.

Oggi quello che possiamo chiamare il governo del Viminale si affida, oltre che all’incontinenza rabbiosa di un leader afflitto dallo “stile paranoico del potere”, alle modifiche normative introdotte a viva forza (è il caso di dire) nel sistema di pesi e contrappesi dell’ordinamento democratico.

Con il decreto sicurezza bis, non solo si è attribuito al ministro dell’Interno il potere di “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale”, ma si è anche prevista l’applicabilità di rilevanti sanzioni pecuniarie nei confronti degli operatori che accompagnino i migranti, soccorsi in mare, nei pressi delle nostre coste, nonché nei confronti del comandante, armatore e proprietario della nave che violino il divieto di ingresso transito o sosta in acque territoriali italiane. Si tratta, in estrema sintesi, di presidi sanzionatori volti a rafforzare l’effettività dei provvedimenti di chiusura dei porti la cui competenza è ora attribuita al ministro dell’Interno.

C’è un passaggio molto significativo nella lettera del capo dello Stato, laddove si evidenzia che la sanzione amministrativa è stata aumentata di 15 volte nel minimo e di 20 nel massimo, fino a un milione di euro per il comandante della nave che trasporta migranti. Cosicché quella che è prevista come sanzione amministrativa è paragonabile a una sanzione penale. Se ci pensate quella multa di un “milione” (in euro), oltre a esprimere una cattiveria un po’ sordida, tanto più se accostata al milione (in lire) del fortunato Signor Bonaventura, richiama il primitivo gioco maschile di chi la spara più grossa (in un bar, in uno spogliatoio, in un privé), in un clima dove la competizione non ha più alcunché di politico, ma si propone come colluttazione, agonismo da lotta nel fango e rito barbarico. In questo scenario, è pensabile che il governo del Viminale ascolti il richiamo di Sergio Mattarella all’obbligo di “soccorso in mare”?

Temo che le residue speranze dei 121 naufraghi dell’Open Arms che, da una settimana, attendono “soccorso” – dall’Italia, dall’Europa, dagli uomini e dalle donne di buona volontà – siano destinate a rimanere deluse. Le conseguenze per loro sarebbero particolarmente dolorose, ma a pagare il costo di una tale ignominia saremo noi tutti. Il peccato dell’indifferenza, ha scritto Liliana Segre, è imperdonabile.

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