IAN BURUMA (L’AIA, 1951) — TRUMP E LA SINDROME DI LENNON –un’analsi clinica del rapporto tra Trump / e le masse che lo seguono — calcato sul suo rapporto con l’avvocato COHEN, oggi suo ” infame “

 

repubblica del 5 marzo 2019 –pag.

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Anatomia del presidente-divo

TRUMP E LA SINDROME DI LENNON

Ian Buruma

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Ian Buruma (L’Aia1951) è un saggista e accademicoolandesenaturalizzatobritannico, noto esperto internazionale delle culture orientali, in particolare di quella giapponese, nonché di letteratura cinese e di cinema giapponese.

 Ian Buruma è stato direttore della “New York Review of Books”. Ha studiato in Giappone e vive a New York. Esperto di storia e cultura dell’Estremo Oriente ha scritto “Assassinio a Amsterdam” (Einaudi, 2007), saggio-inchiesta sull’omicidio del regista Theo van Gogh www.ianburuma.com

Risultati immagini per avvocato cohen e trump foto?Le accuse dell’avvocato Cohen a Trump

La deposizione rilasciata da Michael D. Cohen, ex legale e “intrallazzatore” di Donald Trump di fronte alla commissione della Camera per la Vigilanza e le Riforme, è stata uno spettacolo degno di nota. Cohen, che era stato ingaggiato da Trump per comportarsi come un gangster, ha saputo assolvere perfettamente a quel ruolo. Quando, ad esempio, The Daily Beast stava per pubblicare le accuse con cui la prima moglie di Trump, Ivana, dichiarava di essere stata violentata dal marito, Cohen si è scagliato rabbioso contro la testata: « Siete avvisati: fate molta attenzione perché quello che vi farò sarà dannatamente disgustoso. Mi capite?». Il ruolo di Cohen era quello di minacciare chiunque rappresentasse un ostacolo per il suo ex capo. Ha mentito di fronte a commissioni di Camera e Senato, comprato il silenzio di prostitute affinché la smettessero di parlare delle loro tresche con Trump, e molto altro ancora. Cohen, che oggi rischia tre anni di carcere, si è trasformato in quello che i mafiosi (e il presidente degli Usa) chiamerebbero un «infame».

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E, mentre testimoniava al Congresso contro il suo vecchio capo, non aveva né i toni né l’aspetto del malvivente, ma ricordava piuttosto un tipo umano assai diverso. Un tipo che chiunque abbia mai frequentato l’area giochi di una scuola saprebbe riconoscere: lo smidollato che ronza attorno al bullo gradasso della scuola e ne esegue gli ordini pur venendone costantemente umiliato. Con i suoi occhi da cucciolo ferito e la bocca semiaperta, Cohen incarna proprio quel tipo.

In un’occasione, all’epoca in cui – secondo la sua stessa ricostruzione – era ancora disposto a parare ogni colpo diretto contro il suo vecchio capo, Cohen dovette ritardare la cerimonia per il Bar Mitzvah di suo figlio perché Trump scelse di arrivare tardi. E una volta arrivato, il presidente umiliò il suo “intrallazzatore” di fronte a parenti e amici affermando di essere venuto solo perché supplicato. Questo ve la dice tutta circa il rapporto che lega il narcisista al lacchè, o il sadico al masochista. Si alimentano a vicenda. Il desiderio dell’adoratore di essere adorato è forte quanto la brama del narcisista di essere servilmente ammirato. Basta dare un’occhiata ai commenti scritti su Facebook per verificare questo fenomeno. Il debole cerca la protezione del forte attraverso l’adulazione, e il narcisista conquista il proprio potere grazie alla sottomissione del debole. Una dinamica che non sempre genera abusi. Ma molto spesso sì. Per limitare simili abusi e incanalare quei desideri in una direzione che abbia meno possibilità di nuocere, l’umanità ha escogitato diversi metodi. La religione propone di focalizzare astrattamente adorazione e sottomissione; e diverse confessioni vietano l’uso di immagini dalle fattezze umane. Nella nostra epoca più secolare, all’adorazione di idoli spirituali si è sostituita quella delle star del rock o degli eroi dello sport. Quando John Lennon offese i fedeli americani affermando che i Beatles erano più popolari di Gesù scherzava solo in parte. Tuttavia, mentre l’adorazione di un cantante è relativamente inoffensiva, quando un narcisista conquista il potere politico i risultati sono tutt’altro che innocui. Il carisma che si alimenta dall’adorazione produce un isterismo di massa: detrattori e oppositori devono essere eliminati. Il potere non vuole trovare ostacoli sul proprio cammino. Gli aspetti pseudo-religiosi delle grandi dittature del ventesimo secolo ne sono un esempio terribile.

Molti cinesi, russi e tedeschi consideravano i propri leader alla stregua di divinità. Quel di cui spesso non ci accorgiamo è che quell’adorazione non viene sempre estorta. Molti diventano volontariamente dei lacchè del potere. La sottomissione, paradossalmente, li fa sentire meno deboli. Trump non è un dittatore, ma amerebbe tanto esserlo. Lo si capisce dalla piaggeria che dimostra nei confronti degli uomini forti del mondo, da Putin a Kim Jong- un. Ma per molti che ancora non sono caduti nella sua rete, la fonte della sua considerevole popolarità negli Usa rimane incomprensibile. Non riescono a capire come un narcisista illuso, volgare e spaccone possa esercitare un fascino tanto esteso. Dopo tutto, dicono i liberal, sono tutte apparenze. Ma è precisamente questo il punto.

Trump non sarà forse informato, sofisticato, curioso o colto, ma possiede un vero istinto per la psicologia del potere e della sottomissione. Sa come trasformare coloro che si sentono deboli e non apprezzati in folle pronte a lasciarsi attrarre dalle sue rabbiose esibizioni di carisma. Il suo amore per se stesso induce i suoi seguaci ad amare se stessi e odiare i loro nemici. Il suo è un dono grande e pericoloso. Gli imponenti raduni di Trump nel cuore dell’America ricalcano il suo rapporto con l’ex faccendiere, ma su scala molto maggiore.

In uno dei commenti più bizzarri da lui fatti di fronte alla commissione della Camera per la Vigilanza e le Riforme, Cohen ha dichiarato di aver mentito, ma di non essere un bugiardo. E nel dirlo forse era sincero. Intendeva, probabilmente, che quando mentiva per il suo capo non era realmente se stesso. Era come sotto un incantesimo, ipnotizzato, praticamente un sonnambulo. È ciò che racconta chi in passato ha sostenuto con passione un dittatore e che poi, quando il grande è caduto e i tempi sono cambiati, non riesce a spiegarsi la propria condotta. A questo punto è difficile capire quanto ci sia di vero nella testimonianza di Cohen. Di certo, le sue affermazioni coincidono con quanto osservato da altri che orbitano attorno a Trump. Tuttavia, una sua affermazione, per quanto sgrammaticata, lascia intendere che Cohen abbia imparato una lezione importante, da cui altri dovrebbero trarre spunto. «Posso solo mettere in guardia le persone – ha detto –. Più seguono Trump ciecamente, come ho fatto io, più patiranno le stesse conseguenze che sto patendo».

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