IL FATTO QUOTIDIANO DEL 20 FEBBRAIO 2019 –pag. 20
Le due facce del Venezuela: fame nera e miliardi offshore
La corsa disperata per recuperare medicine di base ormai introvabili e troppo care e l’appartamento di lusso a New York. La fame e i miliardi offshore. Al polo opposto della crisi venezuelana, fra il Paese in ginocchio e il rischio di guerra civile, c’è l’élite cresciuta all’ombra di Hugo Chavez prima e Nicolas Maduro poi.
Li chiamano boligarchi, gli oligarchi della Rivoluzione bolivariana. Sono divisi in due gruppi: membri del vecchio sistema e “uomini nuovi”, abili e spregiudicati, capaci di creare e mantenere le connessioni politiche giuste senza disturbare il manovratore. Diventati ricchissimi e potentissimi in pochi anni quando Chavez si rende conto, dopo essersi liberato del vecchio ordine, che anche il suo socialismo ha bisogno di una élite. La grande corsa all’oro inizia nel 2003, quando Chavez impone un cambio fisso fra la valuta nazionale, il bolivar, e il dollaro Usa, per evitare che il timore dell’instabilità politica sotto la sua guida determini una fuga di capitali.
Il tasso fisso resta solo nominale: il bolivar si svaluta in termini reali, e chiunque possa comprare dollari al tasso ufficiale e venderli al mercato nero fa profitti immensi. È il caso dei banchieri, specie quelli in buoni rapporti con il governo. Nel cuore del socialismo sudamericano nascono fortune paragonabili, per ordine di grandezza ed opacità, a quelle degli oligarchi russi.
E come per gli oligarchi russi, i soldi non restano nel paese di origine. Per oltre 15 anni vengono spostati all’estero, diventano proprietà di lusso. Panama è fra i luoghi preferiti. Qui il boom edilizio inizia nel 2005, con capitali colombiani e poi venezuelani. Operazioni di riciclaggio, con costosi appartamenti acquistati e poi lasciati vuoti. Come a New York, Miami, Spagna: la fuga di capitali che Chavez voleva impedire avviene e continua sotto il suo successore Maduro.
Ma nel frattempo aumentano le pressioni statunitensi contro il governo di Caracas. Il 15 gennaio 2016 Maduro dichiara lo stato di emergenza economica. Poco dopo il presidente americano Obama conferma le sanzioni economiche e il paese precipita nella spirale di inflazione, crollo del prezzo del petrolio, crisi politica e sociale in cui è ancora sprofondato. Le autorità di alcune delle nazioni che hanno accolto le ricchezze dei oligarchi cominciano a fare verifiche sulla loro provenienza.
Secondo fonti panamensi sentite dal Guardian, fin dall’inizio del 2017 il FinCen, il network statunitense di indagine sui crimini finanziari, lavora con le autorità canadesi e quelle di 12 paesi sudamericani raccolti nel Lima Group per identificare i beni offshore riconducibili a collaboratori del governo Maduro. A contribuire al cambio di passo, specie nel caso di Panama, sarebbe stata la pubblicazione da parte dell’International Consortium of Investigative Journalists, nell’aprile del 2016, dei Panama Papers, il database di 11 milioni di documenti riservati dello studio legale panamense Mossack Fonseca che custodiva i segreti delle operazioni offshore di migliaia di clienti in tutto il mondo. Dulcidio De la Guardia, ministro delle Finanze panamensi dal 2014 al 2018, ha dichiarato al Guardian: “L’ambiente è cambiato molto. Panama ha lavorato per introdurre un quadro normativo antiriciclaggio che renda più difficile l’apertura di conti bancari”. Lo scorso novembre un tribunale di Miami ha condannato a 10 anni di carcere per riciclaggio Alejandro Andrade, ufficiale a fianco di Chavez durante la rivoluzione, poi sua guardia del corpo, segretario personale e ministro del Tesoro. Ha ammesso di aver ricevuto un miliardo di dollari da Raul Gorrin, patron della televisione di stato GloboVIsion, in cambio di accesso facilitato a transazioni in valuta estera. Fra i dettagli della sua vita dorata, 17 cavalli da corsa, 35 orologi di lusso, 12 automobilisti, 6 proprietà in Florida. Gorrin è a sua volta indagato negli Stati Uniti per riciclaggio e corruzione. Poi c’è il caso di Claudia Patricia Diaz Guillen, infermiera personale di Chavez poi promossa a capo del Tesoro nel 2011, e del marito Adrian Velasquez, ex guardia del corpo del defunto presidente. Sono stati arrestati nell’ottobre 2018 a Madrid con l’accusa di aver intascato 4 miliardi di dollari tramite un sistema di società registrate alle Seychelles. Rischiano l’estradizione negli Stati Uniti.
il fatto quotidiano del 20 febbraio 2019 pag. 20
Il giornalista investigativo: “Attenti al clan del presidente”
Alek Boyd è un giornalista investigativo venezuelano espatriato a Londra. Documenta la corruzione nel suo paese sul sito infodio.com e indaga sui boligarchi dal 2002.
Lei scrive di “corruzione monumentale”. Di che somme parliamo e qual è l’impatto sulla società venezuelana?
Stimo che dal 1999, anno dell’ascesa di Chavez, il Venezuela abbia prodotto ricchezza per circa 1.5 trilioni di dollari. Oggi ne ha 10 miliardi in riserve internazionali, 180 miliardi i debiti, una contrazione dell’economia del 50%.
Quanto di questo è stato rubato dai boligarchi?
Impossibile saperlo con certezza ma la mia stima è di decine di miliardi. E non un solo affare sarebbe stato possibile senza la connivenza di funzionari statali. E poi ci sono i costi umani, con la crisi umanitaria peggiore di tutto il Sudamerica, tre milioni costretti a espatriare, carenza di cibo e servizi essenziali.
Maduro è implicato?
Con la moglie Cilia Flores è al vertice del clan criminale più potente. Il Chavismo non è ormai che un agglomerato di fazioni criminali in lotta per il potere. Come Cosa Nostra, ma con un livello di potere che fa impallidire la mafia. La coppia presidenziale esercita il controllo su pezzi cruciali dell’economia venezuelana e decide quale oligarca favorire nell’aggiudicare contratti milionari, la fonte più diretta di corruzione.
Certo che non si sa da che parte guardare!
Mi sembra di tornare all’epoca delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e delle armi chimiche con cui Bashar al Assad bombardava il suo stesso popolo. Poi si è scoperto che erano tutte menzogne orchestrate dalla alleanza dei guerrafondai
NON RIESCO AD AVERE UNA FIDUCIA COSI’ SOLIDA COME SEMBRA ESSERE LA TUA IN MADURO, QUELLO CHE MI E’ EVIDENTE E’ CHE E’ UNA VITTIMA DELL’IMPERIALISMO USA E ASSISTERE A QUESTA TRAGEDIA MI E’ MOLTO DOLOROSO, ANCHE PERCHE’, CONTEMPORANEAMENTE, NON HO ALCUNA FIDUCIA IN GUAIDO’…TI RINGRAZIO DI AVERCI PORTATO FIN QUI LA TUA OPINIONE CHE, CERTAMENTE, E’ BASATA SU PIU’ FATTI DELLA MIA, CIAO GRAZIE MARINA!