MAURO ARESU, UNA PAROLA AL GIORNO.IT ::: ” DVANDVA ” = PAROLA COMPOSTA IN CUI LE DUE PAROLE HANNO LA STESSA IMPORTANZA, ESEMPIO: ” CASSAPANCA ” — UNA NOTA SU ” SANSCRITO ” — brevissima…

 

 

 

Sfondo con antico testo sanscrito incise in una tavoletta di pietra Archivio Fotografico - 23454457

Sfondo con antico testo sanscrito incise in una tavoletta di pietra

 

Legno intagliato colonna dettaglio tunala su una pagoda Archivio Fotografico - 23246547

Legno intagliato colonna dettaglio tunala su una pagoda
Sanscrito antico intaglio su uno sfondo dorato Archivio Fotografico - 23454453
Sanscrito antico intaglio su uno sfondo dorato
ARCHIVIO FOTOGRAFICO SANSCRITO

 

Una Parola al Giorno

 

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Dvandva

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dvàn-dva

SIGNIFICATO ::: Termine tecnico della linguistica che indica un composto copulativo

dal sanscrito द्वंद्व, dvaṃdva ‘coppia, composto copulativo’.

La letteratura sanscrita ha donato al mondo scritti appartenenti a svariati ambiti del sapere; uno di questi ambiti è la grammatica, ed è proprio dalla grammatica sanscrita che la linguistica moderna ha mutuato il termine dvandva.In sanscrito la composizione è stato un meccanismo importantissimo: basti pensare che si individuano ben sei tipi di composizione, a cui sono da aggiungersi le varie sottocategorie proprie di ciascun tipo. Insomma: in India dilagava la compostomania.

Per dirlo in parole povere, lo dvandva è un composto copulativo, cioè un composto in cui i componenti sono sullo stesso piano dal punto di vista gerarchico e possono essere visti come uniti dalla congiunzione copulativa ‘e’.

Metto le mani avanti: dvandva non è certamente una parola che si sente tutti i giorni. Anzi: forse chi non è uno studioso che prima o poi si trova faccia a faccia con la linguistica o un appassionato non la sente proprio mai. “E allora perché mai dovrei conoscerlo”, si starà forse chiedendo qualcuno. Semplicemente calza alla perfezione in questo ciclo di parole: il sanscrito aveva una parola specifica per indicare questi composti e la linguistica moderna è andata, l’ha presa, l’ha traslitterata e l’ha fatta propria. Forse una parola così sconosciuta e particolare – oltre che, giudizio estremamente scientifico, molto simpatica da pronunciare – è proprio una di quelle che meglio possono indicare il lungo fil rouge che collega il sapere del subcontinente Indiano a quello occidentale.

A dirla tutta, in italiano gli dvandva non sono tantissimi: ‘cassapanca’, ad esempio, è uno di essi. Una cassapanca è ‘una cassa e una panca’, ma un capostazione non è ‘un capo e una stazione’. Un ricordo dolceamaro è ‘dolce e amaro’, ma una parete variopinta non è ‘varia e colorata’, bensì ‘variamente colorata’.

Uno dvandva che mi piace particolarmente è però preso dal greco moderno: μαχαιροπήρουνο (da leggersi macheropìruno, dove ‘ch’ è come il suono del tedesco ich). È composto dai termini μαχαίρι e πιρούνι (rispettivamente ‘coltello’ e ‘forchetta’) e indica l’insieme delle posate. Altro composto molto simpatico, sempre dal greco moderno, è ανδρόγυνο (androgino, in cui la ‘d’ è come il ‘th’ di that inglese, e la ‘g’ è dura e aspirata), in cui riconosciamo le radici delle parole ‘uomo’ e ‘donna’, che significa, per l’appunto, ‘uomo e donna’, nel senso di coppia sposata.

Infine, doveroso è un esempio tratto proprio dal sanscrito. Senza addentrarci nelle specificità della composizione, un esempio di dvandva può essere मातापितरौ, mātāpitarau, ‘madre e padre’, significativamente declinato non al singolare, non al plurale, bensì al duale.

Visto? Come parola è sicuramente più difficile – e noiosa – a dirsi che non a mostrarsi. Detto ciò, dopo avervi auspicabilmente preparato all’andirivieni di oggi, mi congedo: devo andare, ché scrivo la sera e la radiosveglia non s’imposta da sola.

Mauro Aresu, giovane studente di Lettere classiche, a venerdì alterni ci racconta una vicinanza fra italiano e sanscrito.

NOTA DEL BLOG::: 

sanscrito

La lingua più antica del mondo

Il sanscrito appartiene al ramo più orientale delle lingue indoeuropee, e in particolare alle lingue indo-arie. Veniva parlato e scritto nel subcontinente indiano.

Il sanscrito classico è una lingua dotata di una grammatica e di una sintassi di stupefacente complessità e ricchezza.

La conoscenza del sanscrito si venne diffondendo in Europa nel corso del 18° secolo. Grazie al forte carattere conservativo di questa lingua, scarsamente parlata, il sanscrito è stato prezioso per ricostruire l’evoluzione delle lingue indoeuropee. Il sanscrito divenne il punto di riferimento per spiegare le trasformazioni fonetiche subite da determinate parole nelle varie lingue indoeuropee, con risultati spesso importanti per lo studio delle fasi più antiche della storia d’Europa e del Vicino Oriente. Facciamo qualche esempio: la parola madre in sanscrito è mātā, in latino mater, in greco mèter, in inglese mother, in tedesco Mutter, mentre la parola padre in sanscrito è pitar, in latino pater, in greco patèr, in inglese father, in tedesco Vater.

La letteratura in sanscrito è sconfinata: attualmente sono conservate più opere in sanscrito di tutte quelle delle letterature greca e latina insieme.

 

TRECCANI- ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI — PRESE SOLO ALCUNE PARTI

http://www.treccani.it/enciclopedia/sanscrito_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/

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