MARC LAZAR, LA VERA FORZA SOTTO IL GILET GIALLO, REPUBBLICA DEL 7-01-2019 –pag. 23

 

 

REPUBBLICA DEL 7-01-2019 –pag. 23

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Francia

LA VERA FORZA SOTTO IL GILET GIALLO

Marc Lazar

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marc lazar ( Parigi, 1952)

Nulla riesce a fermarlo. Né le concessioni fatte dal presidente Macron, quasi 10 miliardi di euro in misure sociali di vario genere, che aggravano il disavanzo di bilancio e intaccano la credibilità della Francia all’interno dell’Eurozona. Né le feste di fine anno, che dovrebbero apportare serenità e distensione. Né i livelli elevati di violenze, che il governo sperava avrebbero provocato, come succedeva in passato, la condanna unanime della popolazione. Il movimento dei gilet gialli continua.

Certo, coinvolge meno manifestanti, 50.000 su tutto il territorio nazionale sabato scorso, secondo il ministero dell’Interno: un piccolo aumento rispetto alla settimana precedente, ma un dato ben lontano dalle 288.000 persone coinvolte nella prima mobilitazione, quella del 17 novembre, un livello ancora ineguagliato per il movimento. Mentre alla fine di novembre più dell’80 per cento dei francesi dichiarava di sostenere i gilet gialli, oggi è soltanto la metà, più o meno. Percentuale che resta notevole, tanto più che un numero ancora maggiore di francesi manifesta simpatia per le loro rivendicazioni, che siano sociali ( miglioramento del potere d’acquisto — divenuto la prima preoccupazione, ancor più della disoccupazione — uguaglianza sociale, giustizia fiscale) o politiche ( per rinnovare il funzionamento della democrazia). Risiedono qui, probabilmente, le ragioni della persistenza del movimento dei gilet gialli, che scrive una nuova pagina nella storia dei grandi movimenti sociali in Francia, perché, a titolo di confronto, sia gli scioperi del 1936 che gli “avvenimenti” del maggio- giugno del 1968 erano durati più di due mesi.

I gilet gialli esprimono, in effetti, una collera sociale che viene da lontano, che si è inasprita fin dagli inizi della presidenza Macron e che non si estinguerà facilmente. Traduce l’immensa angoscia di segmenti importanti della società — dipendenti pubblici e privati, artigiani, piccoli imprenditori, pensionati, madri single, donne in situazione di precarietà — impoveriti, messi ai margini dalle trasformazioni che colpiscono sia il loro lavoro che il territorio in cui vivono, che si sentono abbandonati, disdegnati, senza prospettiva di futuro. A tutto questo si aggiunge un antico elemento di fondo della cultura francese: la passione dell’uguaglianza, il disprezzo verso i ricchi, l’accettazione del ricorso alla violenza e i riferimenti alla Rivoluzione francese, nei tanti gilet gialli che portano il berretto frigio e criticano Emmanuel Macron paragonandolo a Luigi XVI e associando sua moglie a Maria Antonietta.

I gilet gialli illustrano in modo eclatante la diffidenza politica di massa che vive la Francia da decenni, e che si è accresciuta anche questa dopo l’elezione di Emmanuel Macron. Diffidenza verso la classe politica (con l’eccezione degli eletti locali), le istituzioni nazionali e l’Unione europea. La rivendicazione, avanzata dai gilet gialli, di un «referendum di iniziativa popolare » , seduce perché sembra in grado di rispondere al declino dei gruppi di interesse, dei corpi intermedi, dei sindacati e dei partiti politici.

Tuttavia, il movimento dei gilet gialli presenta molteplici punti deboli. Si frammenta. Fra le sue diverse tendenze, alcune vicine all’estrema destra, altre alla sinistra, altre ancora legate all’antipolitica. Fra diverse ipotesi strategiche, quella dei negoziati, quella della radicalizzazione a oltranza e quella della strutturazione politica per darsi dei rappresentanti, o addirittura concorrere alle elezioni europee. Il suo futuro è dunque in gioco. Così come quello del presidente della Repubblica, della Quinta Repubblica e della capacità dei responsabili politici di colmare le molteplici fratture che attraversano la società francese.

( Traduzione di Fabio Galimberti)

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