FABIO TONACCI, REPUBBLICA DEL 3 GENNAIO 2019 / pag. 3 ::: ” Abuso d’ufficio e revoca del mandato ecco cosa rischiano i disobbedienti “.

 

 

Il retroscena

Lo scontro istituzionale

Abuso d’ufficio e revoca del mandato ecco cosa rischiano i disobbedienti

Il Viminale sottolinea che i prefetti sono tenuti a denunciare i primi cittadini Il vicepremier: “Sono contro il provvedimento? Per coerenza rinuncino ai fondi”

FABIO TONACCI,

 

ROMA

 

Il piano su cui si sta giocando questa partita, al momento, è politico. Ma è un piano inclinato e assai scivoloso.

C’è una direttiva di un sindaco, Leoluca Orlando, scritta in modo volutamente generico, che dispone al suo Capo area servizi al cittadino, nelle procedure di residenza anagrafica degli stranieri, di “approfondire”, di “valutare”, di “sospendere”. C’è un altro sindaco, Luigi de Magistris, che rilancia forte sulla resistenza civile al decreto Sicurezza. Altri sindaci, più timidamente, si accodano. E c’è un ministro dell’Interno che risponde provocando e promettendo denunce per fatti che non sono ancora avvenuti. Lo scontro istituzionale che si sta generando può avere esiti clamorosi: finire davanti a un giudice, o davanti alla Corte Costituzionale, o addirittura causare la revoca del mandato per i sindaci disobbedienti.

“Denunciamo i disobbedienti”

Dice dunque il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, a proposito di chi spinge per iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo, in violazione dell’articolo 13 del decreto Sicurezza: «Ne risponderanno personalmente, penalmente e civilmente perché è una legge dello Stato che mette ordine e regole». Dal Viminale fanno sapere che i prefetti di Palermo e Napoli sono tenuti a denunciare i sindaci, e gli ufficiali dell’anagrafe, nel caso in cui trasgrediscano la norma. Il reato che potrebbe essere contestato è l’abuso in atti di ufficio, aggravato dal fatto che i sindaci, in materia di stato civile, sono anche ufficiali di governo. I prefetti, inoltre, come poteva accadere con i registri delle unioni civili prima dell’intervento legislativo del 2016, hanno la facoltà di annullare l’atto dell’ufficio comunale.

La revoca dei fondi Sprar

L’iscrizione all’anagrafe permette ai migranti di accedere a servizi offerti dai comuni di residenza (trasporto pubblico, mensa, servizi sociali, per citarne alcuni) e di veder riconosciute le garanzie del servizio sanitario nazionale. “Il diritto alla salute, per effetto del decreto Sicurezza, potrebbe essere meno garantito in ragione della mancanza assoluta di residenzialità formale”, scrive Orlando nella direttiva del 21 dicembre. Anche se dal Viminale ribattono che nessun diritto essenziale, compreso quello alla salute, viene meno per effetto del decreto sicurezza. Il sindaco di Napoli va oltre la questione dell’anagrafe e fa intendere di voler scardinare anche la norma che riserva la rete Sprar — quindi i percorsi di integrazione — solo a chi ha già ottenuto l’asilo: «Andremo avanti favorendo gli Sprar rispetto ai Centri accoglienza straordinaria, che sono depositi di essere umani e favoriscono le bombe sociali».

Violando il decreto, però, oltre alla denuncia di abuso d’ufficio, il comune rischia la revoca dei finanziamenti governativi per l’accoglienza, in nome del principio della responsabilità contabile degli enti locali.

La provocazione del ministro

Nella diretta Facebook di ieri pomeriggio, il ministro dell’Interno, rivolgendosi a Orlando e de Magistris, ha voluto lanciar loro una provocazione che aveva il tono della minaccia.

«Se non credete al decreto, allora rinunciate ai soldi che vi mette a disposizione». A Palermo spettano 168.000 euro per l’iniziativa Scuole Sicure, 596.000 euro per il 2019 di contributo statale per la videosorveglianza, e circa 2,2 milioni di euro entro il 2020 dal fondo sicurezza urbana. A Napoli 243.000 euro per Scuole sicure, un milione per la videosorveglianza e quasi 7 milioni per la sicurezza urbana.

In realtà il Viminale non può tagliare finanziamenti previsti dalla legge e già stanziati per il territorio, però, in ogni caso, il messaggio alle orecchie dei primi cittadini è arrivato. E Salvini gliene ha mandato anche un altro. «Non sarò io a rimuovere i sindaci, non farò mai azioni di forza. Saranno gli elettori a giudicarli». Il Testo unico sugli enti locali, infatti, offre anche questo strumento al ministro, nei casi di “ gravi e persistenti violazioni di legge”.

Il ricorso alla Consulta

Alla prefettura di Palermo non è ancora arrivata la circolare di Orlando, né da quella di Napoli pare intendano muoversi sulla base solo delle dichiarazioni pubbliche di de Magistris. E però uno scenario probabile, se la disobbedienza dei sindaci dovesse concretizzarsi, è l’apertura di un contenzioso tra i comuni e lo Stato: a quel punto un giudice, penale o amministrativo, può sollevare la questione di legittimità costituzionale del decreto, messa già in dubbio per iscritto dalla direttiva Orlando. E portare il decreto Salvini davanti alla Corte Costituzionale.

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