SILVIA TRUZZI, IL FATTO QUOTIDIANO, 2 GENNAIO 2019 ::: DATI ISTAT 2017 SU LETTURA E PRODUZIONE DI LIBRI ::: ” Più libri e meno lettori: il populismo dell’ignoranza “.

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 2 GENNAIO 2019

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Più libri e meno lettori: il populismo dell’ignoranza

A una manciata di giorni dalla fine dell’anno l’Istat ha pubblicato il rapporto annuale sulla produzione e lettura di libri, relativo ai dodici mesi precedenti. Prima notizia (buona): nel 2017 si segnala una ripresa della produzione editoriale; rispetto all’anno precedente i titoli pubblicati aumentano del 9,3% e le copie stampate del 14,5%. Seconda notizia (buona): l’editoria per ragazzi è in forte crescita rispetto al 2016 (+29,2% le opere e +31,2% le tirature). Terza notizia (buona): continua a crescere il mercato digitale (oltre il 38% dei libri pubblicati nel 2017 sono disponibili anche in e-book). Tutto bene? Per niente. Il 59% degli italiani sopra i 6 anni non ha letto nemmeno un libro. I cosiddetti “lettori forti” (quelli che leggono almeno un libro al mese, che in un anno fa 12 libri, per essere chiari) sono meno del 14%. Persistono poi i divari territoriali e di genere: legge meno di una persona su tre nelle regioni del Sud (28,3%), quasi una su due in quelle del Nord-est (49,0%); la popolazione femminile mostra una maggiore inclinazione alla lettura già a partire dai 6 anni (il 47,1% delle donne, contro il 34,5% degli uomini, ha letto almeno un libro in 12 mesi). Scorrendo il report, ci accorgiamo che siamo di fronte a una vera regressione: nel 2017 la quota di lettori è quasi 6 punti percentuali inferiore rispetto al 2010, tornando ai livelli del 2001.

Secondo molti la crisi economica degli ultimi anni ha ulteriormente indebolito l’acquisto dei libri, eppure le persone che non hanno letto neanche un libro indicano come motivazioni principali la noia e la mancanza di passione per la lettura (35,4%), lo scarso tempo libero a disposizione (30,0%) e la preferenza per altri svaghi (23,7%). Solo al sesto posto viene indicato il costo dei libri (8,5%). È in sostanza una questione di educazione.

E infatti tutte le volte che l’Ocse rende noti i risultati dell’indagine sull’analfabetismo funzionale non ci stupiamo: il 70% degli adulti italiani risulta non in grado di comprendere adeguatamente testi lunghi e complessi per elaborare le informazioni richieste, livelli simili a quelli dell’Italia immediatamente post unitaria (l’analfabetismo era al 74 per cento).

Stupisce invece che i governi – di tutti i segni – che si sono succeduti negli ultimi decenni abbiano, chi più chi meno, obbedito al famoso “carmina non dant panem”. Eppure l’investimento in conoscenza è sicuramente quello con il maggior rendimento: l’impero romano non sarebbe stato quello che è stato senza la lingua, senza il diritto, senza la cultura. Stesso dicasi per l’Italia del Rinascimento e soprattutto per quella del Dopoguerra: è attraverso l’alfabetizzazione di massa, grazie alla scuola dell’obbligo, che si è costruito un Paese di cittadini e non di sudditi.

Non è un caso che le disuguaglianze aumentino in maniera direttamente proporzionale all’analfabetismo. Nel 2014 Giovanni Solimine, docente di biblioteconomia alla Sapienza, scriveva: “Siamo talmente ignoranti da non comprendere quanto sia grave e pericoloso il nostro livello di ignoranza, e da non correre ai ripari” (Senza Sapere, Laterza). A chi fosse tentato di attribuire questo disastro agli attuali governanti e ai loro imbarazzanti congiuntivi, basti ricordare che i tagli alla cultura (“insignificanti dal punto di vista finanziario e dannosi da tutti gli altri punti di vista”, come ammoniva Hugo nel 1848), l’impoverimento dell’istruzione obbligatoria, la riduzione delle Università a esamifici sono il vangelo trasversale di classi dirigenti mediocri e di ogni colore politico da svariati lustri. Eccolo il populismo: ridurre il popolo a massa inconsapevole, dunque controllabile. Però il diavolo dell’impoverimento culturale collettivo fa le pentole, ma non i coperchi.

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1 risposta a SILVIA TRUZZI, IL FATTO QUOTIDIANO, 2 GENNAIO 2019 ::: DATI ISTAT 2017 SU LETTURA E PRODUZIONE DI LIBRI ::: ” Più libri e meno lettori: il populismo dell’ignoranza “.

  1. Domenico Mattia Testa scrive:

    L’analfabetismo è un altro risvolto del populismo.Gli attuali viceministri ne esemplificano al meglio la verità:più ignoranti siamo,più populisti siamo,più consenso abbiamo.Non c’è nessun divario tra chi dirige ed amministra e chi è diretto ed amministrato,quanto ad interesse per la lettura Naturalmente questo binomio non è appannaggio solo dei leghisti e dei pentastellati che privilegiano la comunicazione lineare ed immediata:basta un like,non servono ragionamenti complicati,discorsi articolati.L’ignoranza rientra nella tradizione italiana:dall’unità ad oggi è stata una costante:pochi leggevano e pochi leggono.Le statistiche sono illuminanti e preoccupanti:la lettura dei libri,dei giornali e della riviste è praticata da minoranze.Nè le nuove tecnologie hanno migliorato la situazione.Va sempre sottolineato che le classi dirigenti non hanno mai considerato la scuola una priorità.L’attuale governo ha ridotto le risorse;continuano i tagli ad uno dei settori propulsivi per la crescita e lo sviluppo del Paese.Senza conoscenza e l’alfabetizzazione generalizzata non andiamo verso la civiltà ed il progresso autentico,ma verso il degrado,il declino non solo culturale,ma etico-civile.

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