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Generazione Z: le 15 caratteristiche dei nati tra il 1995 e il 2010
Dolors Massot | Apr 11, 2018
Presentano cambiamenti importanti rispetto ai “millennials”. Ecco le loro credenziali
Mentre i “millennials” iniziano a occupare posti di responsabilità nella vita politica e a livello sociale dispongono già di uno spazio pubblico in cui si riconoscono e vengono riconosciuti, il passare inesorabile del tempo ci ha consegnato la sua nuova creatura, la Generazione Z. Ma ce la presenta per amarla o per farci tremare?
Nati tra il 1995 e 2010, i membri di questa generazione vengono chiamati Z perché sono i successori dei “millennials”, chiamati anche Generazione Y, anche se la prima definizione ha fatto più presa.
Cosa definisce la Generazione Z?
1. Sono nativi tecnologici. Sono nati tra smartphone, tablet e schermi al plasma, ma a differenza dei “millennials”, che vi hanno aderito in seguito, i membri della Generazione Z hanno scoperto le istruzioni del prodotto senza che nessuno le insegnasse loro. Spingono quindi tutto ciò che hanno intorno a sé e sanno fare un selfie o seguire una lista di video di Youtube. I bambini Z hanno i puzzle sul cellulare di papà ed emettono i primi suoni davanti allo smartphone perché la nonna li ascolti…
2. Nell’apprendimento si mostrano molto indipendenti. Ricorrono a Internet per tutto, e lì si imbevono di tutorials.
3. Gli youtuber sono i loro maestri. Ci sono autentici guru, che al di là delle azioni che mostrano esercitano un’autorità sul loro pubblico e ne caratterizzano lo stile di vita: modi di vestire, marche, consumo di prodotti, opinione su alcool e droghe…
4. L’arco di tempo della loro attenzione è molto breve. La media è 8 secondi. Bisogna tener conto di questo se si vuole far arrivare un certo messaggio. Per questo il modo di comunicare più efficace per la Generazione Z è costituito da Instagram e Snapchat: una frase al massimo.
5. Mettono in atto un multitasking (apparente) che permette loro di vedere una serie, consultare uno schermo, scrivere un documento, parlare via whatsapp… tutto allo stesso tempo.
6. Sono promettenti come imprenditori. Il 73% degli adolescenti sogna di avere una propria attività o di realizzare un’idea personale di lavoro.
7. Sono indipendenti. Mentre i “millennials” si trovano a proprio agio nella casa dei genitori, la Generazione Z valorizza l’indipendenza economica che le permette di spiccare il volo e avere una casa propria.
8. Sono consumatori esigenti. Vogliono trasparenza sul mercato. Esigono che le marche siano leali e parlino loro del processo di fabbricazione di un prodotto: responsabilità corporativa, rispetto dell’ambiente… Leggono con attenzione le etichette. Lasciano opinioni favorevoli o critiche in rete su qualsiasi servizio.
9. Lo stesso accade nell’impresa dove potrebbero andare a lavorare: chiedono di disporre di tempo per la vita personale e di ricevere uno stipendio giusto.
10. Si formano per professioni che oggi ancora non conosciamo, collegate al settore tecnologico (intelligenza artificiale, comunicazioni…)
11. Sono amici senza frontiere: contattano i giovani della loro stessa generazione in altri Paesi e viaggiano per conoscersi. È la globalizzazione in termini di amicizia e amore. Sono molto aperti a imparare altre lingue, non necessariamente l’inglese.
12. Nati (o cresciuti) in piena crisi economica, sanno che devono guadagnarsi con i propri meriti ciò che vogliono ottenere e che tutto può cambiare dall’oggi al domani. Non sono imborghesiti né conformisti.
13. L’immagine viene prima delle parole. Sono chiaramente per le immagini (reali o virtuali) e gli emoticons. Per questo Instagram è il loro terreno di comunicazione preferito: rapido, con fotografie e breve. Questo può comportare loro seri problemi di comunicazione: costa loro gestire i sentimenti, non sono inclini a professioni come la Medicina.
14. Sono altruisti. Al 60% piacerebbe svolgere un lavoro che migliora il mondo. Il 26% ha svolto qualche tipo di volontariato, e il 76% si preoccupa della preservazione dell’ambiente.
15. Posseggono un coefficiente intellettuale più alto rispetto alle generazioni precedenti. Secondo uno studio dell’Università di Stanford, ciò è dovuto al trasferimento culturale o generazionale.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
ANSA.IT — 5 APRILE 2019
- di Daniela Giammusso
- ROMA
GENERAZIONE Z E Y, COME SONO I NUOVI MILLENNIALS
Internazionali e precari, tra consumi e progettualità, la fotografia nel rapporto Civita
Internazionali, ma precari. Appassionati di film, serie tv e musica, ma spesso frenati dai costi.
Non si riconoscono in classi generazionali, ma piuttosto, dicono ”sono ciò che faccio”.
È la fotografia dei ragazzi delle Generazioni Y (18-32) e Z (15-17), ovvero i nati fra il 1986 ed il 2003, che oggi si trovano ad affrontare scelte chiave della loro vita, come l’uscita dalla famiglia di origine o il passaggio dallo studio al mondo del lavoro.
A raccontarli è ”Millennials e Cultura nell’era digitale. Consumi e progettualità culturale tra presente e futuro” (ed. Marsilio), XI Rapporto condotto dal Centro Studi dell’Associazione Civita in collaborazione con Baba Consulting.
Ma chi sono questi ragazzi? La maggior parte, racconta l’indagine, vive ancora in famiglia (76%), è single (93%) e non ha figli (96%). Il 41% ha una laurea o un titolo post laurea (in prevalenza scientifico), il 14% del campione lavora (oltre 4 Millennials su 10 sono occupati a tempo pieno), mentre 6 su 10 sono studenti.
Si descrivono tutti con una certa propensione all’internazionalità, i Millennials ”ambiziosi” ma minati dalla ”precarietà”, i giovanissimi della Gen Z ”curiosi” e ”felici”. La loro socialità tende a polarizzarsi nell’ambito ristretto della famiglia, degli amici e delle relazioni amorose (pilastri sicuri ed inattaccabili in stretta connessione con la tradizione, cui il concetto di Cultura si associa fortemente), con disinteresse e disaffezione per le istanze sociali e collettive.
Rispetto al vivere la Cultura, l’indagine li suddivide in quattro cluster: Custodi (Millennials, 25-32 anni di genere femminile) con una visione di stampo conservativo-tradizionalista; Artefici (15-17 anni di genere maschile), che vivono la Cultura come un’esplorazione di proposte originali; Cercatori (in prevalenza di genere femminile e nel Mezzogiorno), che la vedono come potenziale leva di crescita; e Funamboli (più istruiti, ubicati al Nord Ovest e dediti al lavoro) che la percepiscono come complesso di conoscenze aperto e dinamico, fra tutela della tradizione e sperimentazione.
La buona notizia è che per la maggioranza dei ragazzi la Cultura fa parte della propria sfera di esperienza, è vicina al proprio mondo. Un corredo di conoscenze che per lo più si eredita dai genitori (63%). In termini di vissuto, metà del campione ama frequentare cinema, teatri, musei, concerti, letture, anche per arricchire personalità, social reputation e crescere professionalmente.
Ma 5 su 10 dichiarano di non fruire appieno dell’offerta della propria città, sia per scarsa conoscenza che per disinteresse. Ruolo chiave nella formazione culturale, dicono, dovrebbero averlo scuola e università (70%), media e internet (50%), famiglia (48%), istituzioni (44%), queste ultime sentite distanti, in particolare dalla Gen Z.
Oltre 6 su 10 prediligono web e social network, seguiti dal passaparola (33%), in linea con l’attuale pratica dello sharing. Quanto ai consumi, la fanno da padrone film, web series e musica: per la Gen Z come momento di condivisione con gli amici attraverso gruppi e communities, mentre la Gen Y preferisce un consumo privato.
Tutti in prevalenza su piattaforme di streaming online (Spotify e Youtube per la musica e Netflix per film e serie), con la tv ”tradizionale” all’angolo e cinema troppo costoso.
Sul fronte della produzione partecipano tra il 33% e il 14%), protagonisti sono per lo più giovani della Gen Z, impegnati in ambiti quali fotografia, produzione audiovisiva e danza.
Anche qui il costo è la barriera maggiore (39%), seguito dalla mancanza di luoghi idonei (36%), persone con cui condividere e co-produrre (33%) e supporto informativo (26%). Il web, specie per i più giovani, è la fonte di ispirazione e supporto privilegiata, mentre lo strumento per la condivisione delle proprie opere è Instagram, seguito da Facebook e WhatsApp. Anche il tag è visto come forma di produzione creativa, a metà fra scrittura e disegno.
15 SETTEMBRE 2020
Il senso della Generazione Z ( GEN Z ) per la moda
Aldo Premoli
Quel che resta delle fashion week europee sta per esserci riproposto a Milano dal 22 al 28 settembre 2020, poi a Parigi fino al 6 ottobre. In crisi da almeno un decennio ‒ ma sino a ora rimaste avvitate su se stesse per la mancanza di una qualsiasi reale alternativa –, ovunque le fashion week hanno subito lo schianto provocato dal virus.
A differenza di quanto accade in altri settori (forse frequentati da un personale mediamente più colto e certamente più umili), il repertorio dei loro cantori pare però immutato: uguali sono gli “Osanna” introduttivi che circolano in questi giorni, altrettanto uguali certamente saranno “Alleluia” finali, sempre costruiti intorno al solito striminzito vocabolario: “bellezza”, “eleganza”, “intelligenza”, “creatività”, “sogno” … ancora?
“La Gen Z rappresenterà dal 10 al 15 per cento del mercato del lusso entro il 2025”.
Se i cantori sono rauchi, più interessante è osservare come gli officianti (quelli veri, i Ceo a capo di ogni singolo marchio) siano concentrati a percepire quel che sta accadendo. Ad affollare i loro pensieri sta questa constatazione numerica: la Gen Z rappresenterà dal 10 al 15 per cento del mercato del lusso entro il 2025 e, in combinazione con i Millennial (nati tra il 1981 e il 1996), andrà a costituire una coorte che rappresenterà il 60% del mercato mondiale.
A Millenial+Gen Z sarà improbabile vendere “sogni” “bellezza” e “creatività” a fondo perduto: chi fa ricerca in questo campo afferma che le scelte sono dettate dalla predilezione per i viaggi, il comfort personale e la richiesta di strumentazioni adatte ad attività specifiche.
Le preferenze di stile della Gen Z includono inoltre il mixaggio e il riciclo: tra le loro nuovissime attitudini emerge infatti la creazione di mercati paralleli di rivendita e persino il noleggio per una specifica occasione. Ancora: questi nuovi consumatori favoriranno le aziende che riflettono i loro valori di consapevolezza ambientale, produzione etica, inclusività e rispetto per gruppi storicamente emarginati.
Altrettanto importante risulta essere il benessere degli animali: un criterio di sostenibilità molto apprezzato dalla Gen Z quando si tratta di acquistare beni di lusso.
Vocaboli come casual o street wear contengono solo in parte questo mood che sta ridisegnando i significati (peraltro assai confusi) che il vocabolo “lusso” ha portato sino ora con sé.
Virgil Abloh- LOUIS VITTON
LA RISPOSTA DELLA MODA ALLA GEN Z
È così che si spiegano le apparizioni di oggetti sino a qualche tempo fa considerati inammissibili come le sneaker che il marchio Dior ha prodotto in collaborazione con Michael Jordan. “Solo” 8mila paia per un’edizione limitata battezzata Jordan 1 Retro High Dior, per cui 5 milioni di clienti si sono fatti avanti per acquistarle a un prezzo che superava i 2mila dollari ( 1. 700 EURO CA ).
A collezione esaurita, si è messo in azione pure l’aftermarket e le scarpe hanno continuato a essere acquistate con prezzi che hanno raggiunto punte di 12461 euro sul mercato online di StockX. Anche questo non è un fatto indifferente.
La Gen Z è la prima generazione completamente digitale, oltre il 70% dei consumatori di lusso qui usa Instagram quotidianamente (contro il 37% di media).
È anche la prima generazione in cui la maggioranza preferisce lo shopping online secondo uno studio del novembre 2019 condotto da Facebook e Instagram in Francia, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Hong Kong e Giappone.
LA NUOVA FIGURA DELL’AGGREGATORE
Per tutto quanto detto sopra persino il ruolo di quello che un tempo si chiamava couturier (poi “stilista” quindi “designer” e per finire “direttore artistico”) sta evolvendo nella inedita figura dell’“aggregatore di idee”. A dire il vero inedita forse solo nella percezione dei media: perché qualcosa del genere è da tempo Virgil Abloh, a capo della collezione maschile del marchio forse più celebre al mondo. Per la sfilata p/e 2021 di Abloh il 6 agosto scorso Louis Vuitton ha pubblicato su Weibo, Douyin, Tencent, OOH, TikTok e su WeChat per diversificare le sue piattaforme digitali in Cina. In combinazione con il coinvolgimento di celebrità cinesi come Fan Chengcheng e Ouyang Nana (20 anni), lo spettacolo ha superato 100 milioni di visualizzazioni.
Kim Jones con i BFF di Kaws
L’ESEMPIO DI KIM JOMES
Un portentoso “aggregatore” pare essere pure Kim Jones, da qualche giorno divenuto responsabile anche della collezione Fendi: il designer britannico si unirà a Silvia Venturini Fendi, pur continuando il suo lavoro per la collezione uomo di Dior.
Jones è stato individuato da LVMH come la figura adatta a traghettare marchi un tempo destinati a clienti facoltosi ‒ ma ora anzianotti ‒ verso un nuovo tipo di consumatore: è lui che ha aperto la strada a collaborazioni come Louis Vuitton x Supreme e appunto Dior x Jordan Brand.
Inoltre non ha avuto paura di mettere in risalto al suo fianco creativi come Yoon Ahn di AMBUSH e Matthew Williams di 1017 ALYX 9SM, quest’ultima una piattaforma che ha utilizzato per creare accessori per Dior Uomo. Ha anche collaborato con un gran numero di altri nomi come KAWS, Shawn Stussy, Hajime Sorayama e Daniel Arsham.
A luglio, quando Jones ha rivelato il suo lookbook p/e 2021 per Dior Men, l’attenzione si è concentrata sulla sua collaborazione con l’artista ghanese Amoako Boafo, che ha creato ritratti della collezione in un live streaming come parte della presentazione. LVMH ha fatto una donazione alla fondazione che porta il suo nome per dare nuove opportunità ai giovani artisti africani. È facile presagire che continuerà a supportare personaggi che diversamente non sarebbero stati ascoltati attraverso i suoi nuovi appuntamenti da Fendi e il suo regno da Dior Men.
Da LVMH, ma pure da Richmond come da Prada (Raf Simons arrivato ad affiancare Miuccia) sanno bene che è necessario apportare cambiamenti radicali e non c’è molto tempo da perdere.