+++ MICHELE SERRA–L’AMACA ::: REPUBBLICA DEL 23 OTTOBRE 2018 pag. 31

 

 

L’AMACA

Michele Serra

 

Il termine “razzista” è del tutto inadeguato a definire la signora anonima (ma Trenitalia avrebbe modo di identificarla) che su un Frecciarossa, trovandosi seduta accanto a una ragazza italiana di origini indiane, prima le ha chiesto, senza alcun diritto, di mostrarle il biglietto; poi ha cambiato di posto dicendo di non voler viaggiare «accanto a una negra». Per umiliare così ferocemente, e così malamente, una persona mai vista prima, essere razzisti non basta. Bisogna essere veramente stronzi: ovvero bisogna avere, ben al di là delle proprie opinioni politiche, una caratura umana inferiore al minimo sindacale.

Ognuno di noi cova in seno debolezze, errori, aggressività, pregiudizi.

Anche per questo (anzi, proprio per questo) coltiviamo la buona educazione: per tenere a bada lo stronzo che è in noi.

Il sistema di inibizioni e di convenzioni che la società ha sviluppato nei millenni, dalle caverne ai Frecciarossa, non è un dettaglio formale: è convivenza sostanziale.

Ed è proprio per questo che ogni sbrego inflitto a questo prezioso e antico tessuto solleva scandalo, e mette paura. Non è tanto il razzismo, a preoccupare.

Quello c’è sempre stato, come i tanti morbi endemici del genere umano. Quello che preoccupa, e molto, è la rivendicata serenità con la quale il razzismo si manifesta («non viaggio accanto a una negra»), come se fosse una opinione normale, e normalmente pronunciabile. Senza essere sfiorati dal dubbio che il vero rischio sia viaggiare, anche su tratte brevi, seduti accanto a una stronza.

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