MARIA LUISA RIGHI ( ISTITUTO GRAMSCI, ROMA ), IL MANIFESTO DEL 6 GIUGNO 2018, ANTONIO GRAMSCI E PIERO SRAFFA::: IL LESSINO FAMILIARE DI UN SALDO SODALIZIO INTELLETTUALE

 

 

 

ABBIAMO GIA’ PARLATO DEL LIBRO DI GIANCARLO DE VIVO QUI NEL LINK :

GIANCARLO DE VIVO, NELLA BUFERA DEL NOVECENTO, ANTONIO GRAMSCI E PIERO SRAFFA TRA LOTTA POLITICA E TEORIA CRITICA–CASTELVECCHI, 2017

 

 

 

 

 

IL MANIFESTO DEL 6 GIUGNO 2018

https://ilmanifesto.it/il-lessico-familiare-di-un-saldo-sodalizio-intellettuale/

 

CULTURA

Il lessico familiare di un saldo sodalizio intellettuale

Saggi. «Nella bufera del Novecento», il rapporto tra Antonio Gramsci e Piero Sraffa in un libro di Giancarlo De Vivo per Castelvecchi

Antonio Gramsci e Piero Sraffa

Anziché subire la sorte del comunismo, la fortuna di Antonio Gramsci non conosce eclissi, anzi sono molti a contendersene le spoglie. Le dispute non riguardano solo l’interpretazione dei suoi scritti, ma coinvolgono anche la sua biografia, i cui contorni sono ben lontani dall’essere pienamente definiti. Anche per replicare a quella che chiama la «’filologia’ avventuristica» – che ha dipinto l’economista Piero Sraffa come spia dei sovietici, manovrato dal diabolico Togliatti, e, in ogni caso, fedele al partito, tradendo la fiducia di Gramsci – Giancarlo De Vivo (Nella bufera del Novecento. Antonio Gramsci e Piero Sraffa tra lotta politica e teoria critica, Castelvecchi, pp. 190, euro 22) ci offre una lettura dell’amicizia che legò i due grandi intellettuali del Novecento.

SINO ALLA PUBBLICAZIONE delle Lettere dal carcere nel 1965 era pressoché ignoto il ruolo che Sraffa aveva avuto nel sostenere economicamente gli studi dell’amico in carcere, nonché quello di tramite col partito al quale faceva pervenire le lettere di Gramsci che la cognata Tatiana Schucht trascriveva per lui. Anche in seguito, Sraffa non si lasciò tentare dalla memorialistica e solo nel 1967 accolse l’invito di Paolo Spriano a concedere una testimonianza per la rivista del Pci «Rinascita». Da allora diversi studi sono stati dedicati alla loro amicizia: sono state pubblicate le lettere che Sraffa scriveva a Tania per Gramsci (e si attende a breve la pubblicazione dell’intero carteggio a cura di Nerio Naldi ed Eleonora Lattanzi per l’Edizione nazionale degli scritti di Gramsci), sono state esaminate le reciproche influenze intellettuali, ma scarso rilievo è stato dato al contesto storico e alla tensione politica che animava i due giovani. Vuole colmare la lacuna questo volume, che da un lato cerca di ricostruire l’attività di Sraffa come custode delle volontà di Gramsci, dall’altra il loro dialogo politico-intellettuale, dedicando ai due aspetti altrettanti capitoli. Nel primo, l’autore propone una lettura basata sulla stratificazione delle carte «gramsciane» conservate nell’archivio Sraffa al Trinity College, e ai carteggi successivi da cui emergono le difficoltà a cedere gli originali all’allora Istituto Gramsci, dove andavano confluendo tutti gli autografi.

LA DIREZIONE dell’Istituto si rivolse più volte a Sraffa per sapere se avesse lettere. A parte qualche missiva inviatagli da Ustica, l’economista conservava solo trascrizioni di lettere della fine del 1932 e del 1933. De Vivo si pone una domanda che nessuno si era ancora posto: perché quelle lettere si trovavano ancora tra le sue carte e non le precedenti? Perché, è la risposta dell’autore, Sraffa fu fedele alla volontà di Gramsci di non comunicare al partito quanto veniva scrivendo a Tania e all’amico. Da quel momento Sraffa decise che sui passi da compiere per ottenere la libertà del prigioniero non avrebbe più coinvolto il Pcd’I, essendo cresciuta in lui «una vera e propria sfiducia (se non sospetto)» negli «amici di Parigi». Secondo De Vivo tale sfiducia emerge anche da quella sorta di «gioco al gatto e al topo» per non consegnare, sino al 1974, le lettere di quel periodo.

La ricostruzione è suggestiva, ma non dà ragione di passaggi importanti: Sraffa non interruppe, né nel 1932-33 né in seguito, i rapporti col partito, a cui anzi diede la relazione medica del professore Arcangeli (che, per un «grossolano errore» – come ebbe ad ammettere Togliatti – fu pubblicata sull’Humanité, né sembrò dare credito alle possibilità di uno «scambio» di prigionieri di cui, al contrario, fu sempre convinto Gramsci, e diede una lettura minimizzante della «famigerata» lettera di Grieco del 1928, a cui Gramsci attribuiva il fallimento del primo tentativo di liberazione.

NELLA SECONDA PARTE del libro si ricostruisce il rapporto intellettuale tra i due protagonisti, Sraffa non era «conosciuto per le sue opinioni comuniste che da un piccolo cerchio di conoscenti», ma aveva fornito «all’Ordine Nuovo molto materiale su quistioni riservate». Recatosi in Inghilterra, Sraffa continuò a collaborare con l’Ordine nuovo inviando tre articoli (riprodotti in appendice). La ricostruzione si sofferma su questi e altri momenti di frequentazione, nonché sui temi di comune interesse: il materialismo storico, le questioni di economia politica, il diverso rapporto con il pensiero di Benedetto Croce, le questioni della transizione e dell’assemblea costituente.

LA RISERVATEZZA DI SRAFFA, il linguaggio «esopico» delle lettere dal carcere, quello allusivo della corrispondenza degli altri personaggi del dramma, la lacunosità della documentazione giunta sino a noi, rendono difficile collocare i pezzi del puzzle in un quadro coerente. Il libro di De Vivo contribuisce a definire una parte del puzzle e ci spinge a interrogarci se altre parti non vadano invece ripensate.

 

MARIA LUISA RIGHI

È ricercatrice della Fondazione Istituto Gramsci di Roma. Si occupa di storia del movimento sindacale e dei partiti politici.
Ha pubblicato per Ediesse, con O. Cilona, Cent’anni di storia dei lavoratori chimici (1986); e con Simona Lunadei e Lucia Motti, È brava, ma… : donne nella Cgil 1944-1962 (1999).
Recentemente ha curato l’intervista autobiografica di Nella Marcellino, Le tre vite di Nella (Sipiel, 2009).
È tra i curatori dei primi due volumi dell’Epistolario dell’Edizione nazionale degli scritti di Gramsci edita da Treccani: il primo, relativo al 1906-1922, uscito nel 2009, il secondo relativo al gennaio-novembre 1923, di prossima pubblicazione. Cura con Francesco Giasi la Bibliografia gramsciana di John M. Cammett, che, dopo diverse edizioni a stampa (1989, 1991, 1995), è ora consultabile on line sul sito della Fondazione Istituto Gramsci. Ha curato gli atti del convegno internazionale di studi gramsciani (Formia, 25-28 ottobre 1989), Gramsci nel mondo (1995).
Ha inoltre curato la pubblicazione di raccolte documentarie: La politica del Partito comunista nel periodo costituente. I verbali della direzione del Pci dal V al VI Congresso (1944-1948) (1992); Quel terribile 1956. I verbali della direzione comunista dal XX Congresso del Pcus all’VIII Congresso del Pci (1996); Il Pci e lo stalinismo. Un dibattito del 1961. La relazione, gli interventi e le conclusioni al Comitato centrale e alla Commissione centrale di controllo del 10-11 novembre (2007), tutti per gli Editori Riuniti; e dei discorsi parlamentari di Giorgio Amendola e di Enrico Berlinguer (entrambi editi dalla Camera dei Deputati, rispettivamente nel 2000 e nel 2001).
Per l’Ediesse sta curando, con Francesco Giasi e Fabrizio Loreto, l’Annale della Fondazione Di Vittorio, 2008-2009, dedicato al fascicolo della polizia intestato a Giuseppe Di Vittorio nel Casellario politico centrale (1911-1943), di prossima pubblicazione.

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