VALENTINA CONTE, REPUBBLICA DEL 05-06-2018, PAG. 3 :::PENSIONI, SU QUOTA 100 ARRIVA IL VIA LIBERA DI SINDACATI E SINISTRA–L’ALLEANZA TRASVERSALE

 

 

Previdenza

L’alleanza trasversale

Pensioni, su quota 100 arriva il via libera di sindacati e sinistra

VALENTINA CONTE,

ROMA

C’è un partito silenzioso e trasversale che nasce e cresce, in Parlamento e fuori. Quello di “quota 100”. La proposta gialloverde di mandare gli italiani in pensione ben prima di quanto previsto dalla legge Fornero – sommando età e contributi versati – sotto sotto, seppur con mille sfumature di critiche, non dispiace a nessuno. Anche perché in verità più che la bomba per abolire la Fornero e scassare i conti dell’Italia, la formula grilloleghista sembra un’Ape sociale allargata, per richiamare l’ultimo strumento di flessibilità in uscita (a carico dello Stato) creato dai governi Renzi-Gentiloni.

Lo pensano anche i sindacati.

Che brindano all’idea – perché è da tempo la loro – ma fiutano la fregatura. Si sa, il diavolo è nei dettagli. «La Fornero non è stata mai un dogma», ragiona Ignazio Ganga (Cisl). «Su quota 100 con un minimo di 63 anni siamo d’accordissimo. Sui 64 anni dico: parliamone. Ciò che conta è evitare un altro pasticcio esodati. Ecco perché suggerisco di non procedere a colpi di decreti legge. E di convocare quanto prima un tavolo con le parti sociali».

Plausi e dubbi anche in casa Cgil. «I paletti di “quota 100” e “quota 41 e mezzo”, così come leggiamo sui giornali, potrebbero sgonfiare la portata dell’intervento», osserva Roberto Ghiselli. «Il rischio è penalizzare quanti hanno più di 2 o 3 anni di contributi figurativi, perché sono stati a lungo malati o disoccupati, ora esclusi dalle quote. Lo sbarramento a 64 anni restringe molto la platea. E poi nessuna risposta viene data a donne e giovani, che non arriveranno mai alle quote.

Vediamo poi con preoccupazione l’idea di ridurre l’assistenza». La Uil ricorda che il superamento della Fornero è già in atto. «Con l’Ape sociale abbiamo garantito l’uscita anticipata a 15 categorie di lavoratori», dice Domenico Proietti. «Se ora estendiamo i 63 anni a tutti – come chiediamo da tempo – non possiamo che essere d’accordo».

In Parlamento i distinguo sono più sottili. L’ex ministro Renato Brunetta di Forza Italia va giù duro: «Se ne parla dal primo governo Berlusconi. Per ora è solo chiacchiera e propaganda.

Il giudizio è negativo, anche perché mi sembra sia una marcia indietro rispetto alla promessa di cancellare la Fornero». A sinistra LeU si mostra meno scettica. «La strada è giusta, ma non per tutti», riflette il deputato Stefano Fassina. «Letta così, verrebbero penalizzate le 15 categorie che oggi grazie all’Ape sociale possono andare in pensione a 63 anni, non 64 come si propone. Le donne anche prima perché hanno uno sconto ad hoc. Un pezzo di esodati poi rimane fuori, perché non ha i 64 anni e i 36 di contributi».

L’opposizione del Pd è nel merito, ma sfaccettata. Per l’ex presidente della commissione Bilancio della Camera, il deputato Francesco Boccia ”quota 100” ha senso soprattutto nel pubblico impiego, per accelerare un ricambio ormai necessario, soprattutto in alcuni comparti con età media alta, bisognosi di giovani digitali». Ma certo osserva ancora Boccia – «con i paletti di cui leggo questa quota nasce ad ostacoli». Più netto il senatore Tommaso Nannicini, capo economista di Palazzo Chigi con Renzi premier: «Il costo di “quota 100” è di 15 miliardi, come calcolato dal presidente Inps Tito Boeri. Se la Lega lo valuta in 5 miliardi significa che solo un italiano su tre potrà andare in pensione con le nuove regole. Allora è una quota finta e furba. Si allarga un pochino la platea dell’Ape sociale. Ma anziché favorire, come abbiamo fatto noi, i lavoratori più bisognosi, si liscia il pelo all’elettorale leghista: più uomini che donne, più Nord che Sud. Poi è sbagliato dire che abolendo l’Ape sociale si risparmia un miliardo e mezzo.

Primo, perché quella misura vale meno. Secondo, perché nel 2019, se non rinnovata, l’Ape non ci sarà. Infine attenzione a tagliare l’assistenza per aumentare la spesa previdenziale. È un gioco pericoloso sulla pelle dei deboli».

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