UNA PAROLA AL GIORNO.IT — AFFANNO

 

UNA PAROLA AL GIORNO.IT  DEL 04-06-2018

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Affanno

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af-fàn-no

SIGNIFICATO ::: Respiro frequente e difficoltoso; ansietà, agitazione, inquietudine

dal provenzale afan, di etimo incerto.

Questa è una parola che da una superficie evidente e consueta riesce a portare giù, nella profondità psicologica.L’affanno (il cui etimo è incerto, forse il provenzale afan giunge dall’osco attraverso una forma latina non attestata) è in primo luogo il respiro difficile e rapido. Anche solo pensare a un respiro del genere mette a disagio: è il respiro di una malattia che stringe i bronchi, che pesa sul diaframma; è il respiro di uno sforzo per cui non eravamo preparati, che ci lascia prostrati; è il respiro di un’emozione che occupa tutto l’orizzonte del pensiero e agita forte. L’antistaminico funziona ma la sospensione dei pollini ci dà sempre un certo affanno; a forza di fare sei rampe di scale per arrivare al nuovo appartamento, dall’affanno delle prime volte ora saliamo i gradini a due a due; cerchiamo di imbastire con affanno una risposta, quando veniamo colti in un errore che non avevamo notato.Proprio la dimensione dell’affanno quale rivelatore di emozioni è la più interessante: l’affanno non solo mostra un’agitazione dell’animo in un modo che è difficilissimo da dissimulare, ma la alimenta, talvolta perfino la determina. Perciò l’affanno diventa tout-court l’ansietà, l’agitazione, la preoccupazione, la pena, l’inquietudine – le compendia nello speciale respiro che descrive. Si lasciano gli affanni della vita cittadina salutando la nuova vita campestre (addio, parcheggi!); l’affanno del lavoro inizia a distendersi in vista delle ferie, la cui sola prospettiva ridà vigore e placa; e siamo ammirati davanti allo spirito dell’amica, che caparbiamente trasforma e illimpidisce ogni affanno in una sfida entusiasta.Il respiro è il primo signore del pensiero. E questa parola ce lo rappresenta._________________________

 

 

 

“NACQUI ALL’AFFANNO E AL PIANTO…” —  DALLA CENERENTOLA DI ROSSINI, MARIA CALLAS, INCISIONE DEL 1962 (per chi volesse, segue:

” Casta diva…” dalla Noma di Vincenzo Bellini )

 

 

Nacqui all’affanno e al pianto,

Soffri tacendo il core;

Ma per soave incanto

Dell’età mia nel fiore,

Come un baleno rapido

La sorte mia cangiò.

No, no, no, no, tergete il ciglio:

Perché tremar, perché?

A questo sen volate,

Figlia, sorella, amica

Tutto trovate in me.

Non più mesta accanto al fuoco

Starò sola a gorgheggiar, no!

Ah fu un lampo, un sogno, un gioco

il mio lungo palpitar.

https://www.rockol.it/testi/

https://www.youtube.com/watch?v=UlR-9XqAPek

 

 

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PIETRO METASTASIO (ROMA, 1698- VIENNA, 1782)

 

(P. Metastasio, Olimpiade, Atto I, scena X)MEGACLE: Mia vita… addio.Ne’ giorni tuoi feliciricordati di me.ARISTEA: Perché così mi dici,anima mia, perché? […](a parte): Veggio languir chi adoro,né intendo il suo languir.MEGACLE (a parte): Di gelosia mi moro,

e non lo posso dir.

A DUE Chi mai provò di questo

affanno più funesto,

più barbaro dolor!

 

Ci volevano proprio gli italiani – o meglio i fiorentini – per inventare quel capolavoro d’inverosimiglianza che è il melodramma: un teatro cantato, in cui il protagonista impiega un buon quarto d’ora per esalare l’ultimo respiro. Eppure, paradossalmente, ha avuto nei secoli un successo straordinario; e questo anche grazie a Metastasio, il primo librettista di duratura fama internazionale.

In effetti il melodramma è tutto un paradosso. I suoi protagonisti sono le persone più prolissamente laconiche del mondo: si sfiatano in gorgheggi, ma spesso non riescono a comunicare le uniche cose importanti. Come questi due amanti dell’Olimpiade: Aristea teme di aver perso l’affetto di Megacle, che invece la ama follemente; lui però ha deciso (ovviamente senza dare spiegazioni) di rinunciare a lei, per fedeltà nei confronti di un amico che vuole sposarla.

Perciò il dialogo – e questo è un altro paradosso – si sviluppa in una simmetria discordante. I parallelismi (parla – taci), le ripetizioni e i chiasmi sottolineano che il dramma dei due personaggi è speculare: entrambi soffrono un “affanno” terribile, in cui affetti diversi confliggono. Eppure il dramma nasce proprio dal contrasto tra prospettive incomunicabili.

Ecco, l’opera è quello spazio magico in cui le persone possono dire cose opposte contemporaneamente, persino litigando: eppure il risultato è un’armonia meravigliosa. La musica compone tutti i contrasti, senza necessariamente risolverli; e trasforma anche l’affanno in un sentimento sublime, che allarga il cuore ed eleva l’anima.

Un ultimo paradosso, infine, è specifico del nostro Metastasio. Egli infatti, da bravo intellettuale del ‘700, affianca alla sovrabbondanza degli affetti una razionalità rassicurante, che trapela anche dal linguaggio limpido e lineare. I sentimenti sono esasperati fino al massimo grado, ma infine tutto si acquieta nello scioglimento finale. E anche l’affanno più nero si svela per quello che è: un ostacolo momentaneo sul percorso verso la felicità.

Lucia Masetti, dottoranda in studi umanistici all’Università Cattolica di Milano, ogni lunedì apre uno scorcio letterario sulla parola del giorno.

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1 risposta a UNA PAROLA AL GIORNO.IT — AFFANNO

  1. Donatella scrive:

    Il suono stesso della parola ” affanno” sembra far fatica ad uscire dalla gola, riproducendo la terribile impossibilità di allargare i bronchi. Inspirando con forza, senza pronunciare niente, appare un suono sordo, appunto “affannoso”
    Che sia da noi lontano
    ogni penoso affanno.
    Gli dei dal ciel ci guardino:
    in loro confidiamo.
    Leggere le strofe di Metastasio è pericoloso: viene da parlare come lui.

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