MARCO PALOMBI, IL FATTO 3 MARZO 2018 ::: ECCO IN CHE MODO LE SCHEDE NEL’URNA DIVENTANO SEGGI

 

IL FATTO QUOTIDIANO  DEL 3 MARZO 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/ecco-in-che-modo-le-schede-nellurna-poi-diventano-seggi/

 

» POLITICA
sabato 03/03/2018

Ecco in che modo le schede nell’urna poi diventano seggi

Un terzo dei posti si conquista a livello locale (vince chi ha un voto in più nel territorio) il resto in proporzione ai consensi
Ecco in che modo le schede nell’urna poi diventano seggi

Dalle 23 di domani inizierà lo spoglio delle schede. Spiegare, all’ingrosso, come i voti fisici si trasformeranno in seggi nel prossimo Parlamento è l’intenzione di questo articolo. Intanto va tenuto conto che il Rosatellum è un sistema misto (e un po’ farraginoso), nel senso che circa un terzo dei prossimi onorevoli saranno eletti col maggioritario e due terzi col proporzionale. Che significa? Partiamo da qui.

Maggioritario (uninominale). È un sistema di voto per cui, in un determinato territorio (collegio), viene eletto il candidato che prende il maggior numero di voti, foss’anche uno solo in più del secondo classificato. Col Rosatellum l’Italia è stata divisa in 232 collegi uninominali per eleggere la Camera e 116 per eleggere il Senato: nella scheda il nome del candidato uninominale è quello che sovrasta i simboli dei partiti.

Proporzionale. Con questo meccanismo si eleggono i restanti membri delle Camere: 386 a Montecitorio e 193 a Palazzo Madama. In buona sostanza, le varie liste che hanno preso più del 3% di voti in tutta Italia (sotto questa soglia non si ha diritto ad avere parlamentari) si dividono gli eletti in proporzione ai consensi ricevuti: se il partito X ha avuto il 10%, ha diritto a quella percentuale dei 386 deputati e 193 senatori da eleggere (in realtà qualcosa di più visto che vanno detratti appunto i voti di chi non raggiunge la soglia del tre per cento). L’effetto è ulteriormente complicato dal fatto che esistono anche le coalizioni: i partiti coalizzati che superano il 3% potranno dividersi anche i voti di quelle liste che, pur non avendo superato lo sbarramento, hanno preso l’1% dei voti (meccanismo che incentiva la creazione di cosiddette “liste civetta”, create cioè solo per attrarre voti).

I listini. Anche per la quota proporzionale l’Italia è stata divisa geograficamente in 27 circoscrizioni che comprendono 63 collegi plurinominali per la Camera e in 19 circoscrizioni e 33 collegi per il Senato: i territori più popolosi, ovviamente, hanno diritto a più parlamentari (la Lombardia è la regione che ne avrà di più: 96 in tutto). I futuri eletti “proporzionali” corrono in brevi listini (quattro nomi, da cui plurinominali) che nella scheda si trovano a destra del simbolo di partito. Questi listini vengono detti “bloccati” perché l’elettore non può esprimere una preferenza: l’ordine di elezione va dal primo – il “capolista”, che ha più probabilità di ottenere un seggio – all’ultimo.

L’effetto flipper. Capire chi viene eletto nell’uninominale è facile, un po’ meno nella quota proporzionale. Funziona così: la Commissione elettorale nazionale calcolerà – risultati alla mano e tenendo conto di chi è sotto al 3% e di chi ha superato l’1% in una coalizione – a quanti parlamentari “proporzionali” hanno diritto i singoli partiti; a quel punto gli eletti “scatteranno” nei collegi in cui il risultato della lista è migliore. Questo sarebbe il principio generale, ma il sistema dei “resti” (voti non utilizzati per eleggere nessuno) e dei cosiddetti “aggiustamenti nazionali” per assicurare a ciascuna lista la sua quota proporzionale di eletti ingenera quello che viene definito “effetto flipper”. In sostanza non è scontato che una lista elegga i parlamentari nei territori in cui è andata meglio: il sistema è così complesso che per avere i risultati definitivi potremmo dover attendere martedì.

Voto frazionario. Debutta col Rosatellum il voto con la virgola, che deriva dalle schede di quanti decidono di “barrare” solo il candidato uninominale di una coalizione (ve lo spieghiamo meglio nella scheda a centro pagina).

Quote rosa. Sia nei collegi uninominali che tra i capilista proporzionali va garantita l’alternanza di genere tra uomini e donne nella quota 60 a 40: nessun genere può avere meno del 40% di candidati uninominali e capilista. Anche i listini proporzionali, poi, devono alternare un uomo e una donna. Quando sarà convocato il nuovo Parlamento, però, si scoprirà che gli uomini sono più del 60%: molte donne sono in lista in più collegi (il massimo è: 1 uninominale e 5 proporzionali), ma saranno elette solo in uno lasciando spazio al maschio che le segue.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *