nota del blog (nostro):
- Lavorare stanca, Firenze, Solaria, 1936; ed. ampliata con le poesie dal 1936 al 1940, Torino, Einaudi, 1943.
C’è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. E’ una luce che sa di mare.
Tu respiri quell’erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un’erba che so
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d’aria
e il prodigio sei tu. C’è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
da Lavorare stanca di Cesare Pavese – edito da Einaudi – anno 1968
…la poesia Estate di Cesare Pavese, versi che racchiudono la passione dell’autore per Fernanda Pivano e che fanno parte, insieme ad altre due opere – Mattino e Notturno –, di un trittico contenuto nella raccolta di poesie Lavorare stanca pubblicato un bel po’ di tempo fa.
Estate si trova in mezzo, è il pomeriggio di una giornata, il tramonto prima dell’arrivo della sera e rappresenta i sentimenti più forti provati da Pavese nei confronti del suo “prodigio d’aria” (Fernanda Pivano).
http://www.libera-mente.net/blog/2015/09/01/poesia-estate-di-cesare-pavese/