UMBERTO VERONESI, 91 anni fra pochi giorni—L’articolo di Luigi Ripamonti è buono perché fatto quasi solo di citazioni dell’uomo cui si rende il massimo onore …

 

IL CORRIERE DELLA SERA, un’ora fa o circa (link sotto)

Morto Umberto Veronesi:
«Mi dicono che sono un uomo
di successo ma non è vero,
io, in fondo, ho fallito»

Veronesi e la lotta al cancro

di Luigi Ripamonti

UMBERTO VERONESI NASCE A MILANO NEL 1925 E MUORE A MILANO OGGI, 8 NOVEMBRE 2016

«Mi dicono spesso che sono un uomo di successo ma non è vero, io, in fondo, ho fallito, perché avevo promesso a me stesso che sarei morto dopo aver visto il cancro sconfitto, e temo non succederà. Però posso dire che una battaglia importante l’ho vinta, ed è quella di convincere i miei colleghi a cambiare strategia contro i tumori».

Parole del professor Umberto Veronesi in un’intervista per La Lettura, del Corriere della Sera, del 2012. La battaglia è quella che aveva iniziato nel 1973 all’Istituto dei Tumori di Milano e che ha rivoluzionato i paradigmi dell’oncologia. Veronesi dimostrò che i tumori al seno, se di piccole dimensioni, possono essere asportati con la quadrantectomia, una tecnica che evita la rimozione totale della mammella. Prima la norma, per tutti i tipi di cancro, era «massima asportazione possibile» e «massima dose tollerabile di radioterapia e di farmaci». Da quel momento in poi l’approccio si capovolse e diventò , non solo per il tumore al seno, «minima asportazione possibile» e «minima dose efficace», per evitare che il paziente, anche quando aiutato a sopravvivere, dovesse patire enormi sofferenze o menomazioni a causa delle cure. L’attenzione alla dignità e all’integrità dei malati ha informato tutto il percorso professionale e umano dell’oncologo milanese, focalizzato in gran parte sui tumori del genere femminile, che riteneva «superiore» a quello maschile perché «Le donne sono capaci di “amore insensato”, di amare oltre ogni ragionevolezza, cosa che gli uomini raramente sanno fare». In realtà quella della quadrantectomia non è certo la sola sfida vinta da Veronesi.

«Il male è il male, in ogni sua espressione» diceva. «Ho passato la mia vita a combatterlo, specie dopo averlo vissuto personalmente in guerra. Le atrocità incomprensibili che ho visto mi hanno fatto decidere di fare il medico per specializzarmi in psichiatria, perché volevo capire dove si annidava nella mente umana tanta capacità di male gratuito, per contribuire a estirparlo. Ma frequentando i reparti di medicina scoprii un male ancora maggiore, che era il cancro, e decisi di battermi contro di esso. Nel dopoguerra l’Istituto dei Tumori di Milano era un lazzaretto. Mi colpirono non solo il dolore, ma anche la rassegnazione e il fatalismo che regnavano fra i malati e anche fra i medici. Questa malattia era una maledizione di cui non si vedeva la soluzione. Da allora la mia vita è stata dedicata a questa lotta, nessuna domenica e nessun sabato esclusi. Ho scritto 12 trattati, ho fatto 800 pubblicazioni, ho 14 lauree Honoris causa. Un impegno senza requie, non volevo rassegnarmi». E che ha prodotto molte altre grandi innovazioni che l’hanno visto in prima fila, come, solo per fare due esempi, quella del linfonodo sentinella, e quella della radioterapia intraoperatoria. La prima permette di capire subito, durante l’intervento chirurgico, se sarà necessario o meno asportare linfonodi che fanno capo all’organo colpito dal tumore, e la seconda consente di irradiare la zona subito dopo l’operazione per «bruciare» eventuali cellule tumorali residue, risparmiando al massimo i tessuti sani.

Tecniche in buona parte sviluppate nell’ospedale che Veronesi fondò nel 1991 alle porte di Milano e inaugurò nel 1994: lo Ieo (Istituto Europeo di Oncologia). Un nome scelto perché «Io sono ed ero un europeista convinto» ci spiegò in occasione del ventennale dell’Istituto, «così iniziai a sognare di creare in Italia un centro di respiro europeo capace di catalizzare ciò che si stava sperimentando in ricerca clinica e di laboratorio nei diversi Paesi. Ero convinto che in Italia, a Milano, si potessero concentrare le potenzialità del pensiero scientifico e l’esperienza terapeutica sparse per il vecchio continente , coordinando in un’unica sede lo scambio di informazioni, il sapere e il saper fare. Prospettai un ente di diritto privato ma con finalità pubbliche per poter godere della flessibilità gestionale , ma con il carattere etico e gli obiettivi di un ente pubblico. Un ospedale che non dia lucro e non distribuisca dividendi , ma reinvesta l’eventuale utile in tecnologie e formazione dei medici, un centro dove si faccia ricerca in laboratorio e in clinica. Un ospedale progettato per ruotare intorno al paziente e non intorno ai medici». Un altro impegno dell’oncologo, cui si deve aggiungere quello, strenuo, per la diffusione della prevenzione dei tumori e per il sostegno alla ricerca che l’ha visto, fra l’altro, fra i creatori dell’Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro) e poi della Fondazione che porta il suo nome e che è diventata , oltre che un finanziatore di ricercatori attraverso numerose borse di studio, anche un centro di promozione culturale a più largo spettro, con iniziative come «The Future of Science» o «Science for Peace». Era facile, infatti, sentirgli dire che «Gli scienziati devono uscire dai laboratori e occuparsi dei grandi temi del mondo».

 

 

segue nel link del Corriere:

 

 

http://www.corriere.it/salute/16_novembre_08/veronesi-umberto-morto-ripamonti-c22a2de8-a5ec-11e6-b4bd-3133b17595f4.shtml

 

 

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4 risposte a UMBERTO VERONESI, 91 anni fra pochi giorni—L’articolo di Luigi Ripamonti è buono perché fatto quasi solo di citazioni dell’uomo cui si rende il massimo onore …

  1. nemo scrive:

    A nemo spiace moltissimo la scomparsa di Umberto Veronesi: medico con tanta sensibilità, umanità e scienza; cittadino che, anche da ministro, si è laicamente impegnato per una società più ‘sana’ e più giusta.

  2. .Donatella.. scrive:

    Sicuramente Veronesi è sinonimo di lotta al cancro, ma anche quello che si annida nella testa delle persone, fatto di paura, di ignoranza, di rassegnazione. Quando eravamo giovani noi, la parola cancro era quasi impronunciabile e raramente pronunciata. Si diceva ” brutto male” e ci si vergognava un po’ a dirlo. Le donne colpite dal cancro alla mammella e operate si vergognavano della loro menomazione, come se fossero state colpite da un destino malvagio. Veronesi ha aiutato moltissimo le donne ad uscire da questa terribile coscienza autopunente e ha dimostrato con i fatti che il male, non solo quello fisico, si può vincere. Un uomo che amava le donne.

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