JOLANDA INSANA, UNA POETESSA DI ORIGINE SICILIANA—-guardate voi, non sarà facile da ….

 

IL MANIFESTO    29 ottobre 2016

CULTURA

La lingua che inventa e gratta la pelle amara del mondo

ADDII. Addio a Jolanda Insana, poeta defilata di ineguagliabile forza. Oggi il funerale si svolgerà al tempio egizio del cimitero del Verano, a Roma, alle 12

Jolanda Insana, foto di Giovanna Frisardi

Il lungo scongiuro, alla fine, non ha funzionato. In questi giorni in cui la terra continua a tremare, scompare a Roma Jolanda Insana, tra le voci più libere e sincere della poesia e della cultura italiana contemporanea.
Nata a Messina nel 1937, e cresciuta in uno dei villaggi più popolari della città siciliana, Insana ha conosciuto «la guerra e i fichi secchi, e dunque predilige parole di necessaria sostanza», come scrive nell’autobiografia poetica pubblicata da Garzanti in appendice alle sue opere complete (2007). E di parole «contro il gelo e i geloni» del freddo inverno del 1944, come delle stagioni più fredde e atroci dell’ultimo ’900 e di questo primo, oscuro inizio di secolo XXI, Insana ne ha scritte molte, col rigore dell’invettiva e della tragedia antica, sua materia prima di studio e di lettura sin da quando si laurea, giovanissima, in Lettere classiche, diventando subito assistente universitaria dell’ateneo messinese. A Roma, dove sceglierà di trasferirsi per insegnare al Liceo, Insana continua senza tregua a puntare al «colpo alto, al cuore della verità», «perché la voce non vuole smorire e urla scongiuri per scongiurare nefandezze».

Sarà Giovanni Raboni a notare questa voce poetica che gratta senza pietà la pelle amara delle lingua e delle forme, sostenendo nel 1977 la pubblicazione della raccolta Sciarra amara, teatro impietoso dove vita e morte diventano maschere di un contrasto in cui, anche se il vincitore finale sembra già deciso, viene messa in scena, senza possibile tregua, la necessità che ha la vita di persistere nel suo movimento, nella voce: «non finiremo mai di fare / sciarra amara / nessun compare ci metterà / la buona parola / tu stuti le candele / che io allumo». La morte, obiettivo polemico della «pupara» Insana, è anche il luogo dello stupore estremo. Stupore verso la sua forza sfigurante, ripugnante, in grado di ridurre a silenzio il germinare continuo delle cose e della natura: «più confusi che persuasi / vediamo con i nostri occhi / che sei tu / senza sapere chi sei». Nella notte oscura in cui si agitano le creature, Jolanda Insana ridà così vita alla lingua, grattando contro le forme del lessico italiano, così come di quello siciliano, in uno sforzo che lega appunto, fino a renderle indistinguibili, forza della parola ed eccesso della vita linguistica.

Ne nasce, in raccolte come Lessicorìo ovvero Lessicòrio (1976-1980), o Fendenti fonici (1979-1980), una lingua che è di per sé una battaglia, un corpo in tensione: un frammento in continua reinvenzione. Sostanza concreta, appunto, mobile: «acqua vento e malanova / a quella lingua imbalsamata / più rasposa di carta-vetrata / nella sua incornatura ingannamondo». Stupenda, come una seta indiana, il madapolàm, la vita, eppure già di per sé «affatturata»: il vivo è così intimamente legato alla voce, da poter indicare anche quel silenzio che gli si contrappone e che pure non gli è estraneo. Per questo la poesia deve farsi dialogo: persino assalto, insulto. Perché è una trincea, quella di Insana, lontana dallo spettacolo di un tempo molle, superbo e sciocco. E il fare poetico, una guerra fatta di «coltellate di bellezza», che vale la pena combattere in quanto tale, e che ha senso solo se ci approssima alla verità delle cose: «meschina vita / si difende a mozziconi / ma la storia è finita / chi muore riempie la sua fossa».
Lo sguardo lucido della poesia è dunque esso stesso una forza che prende parte al teatro polemico della vita. Che assume una parte e si fa, davvero, partigiano. Partigiano del continuo, persistente insorgere dell’esistenza sotto le trame di qualunque potere che vorrebbe eternare la propria forma in un monolite.

 

per chi vuole, segue nel link:

http://ilmanifesto.info/la-lingua-che-inventa-e-gratta-la-pelle-amara-del-mondo/

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