questa bambina, che per caso si chiama Silvia, potrebbe essere benissimo Donatella da piccola…certo dovevano portarle alle spalle le Alpi...http://blog.iodonna.it/scuola/2014/06/04/1518/?refresh_ce-cp
Punti e virgole di DONATELLA D’IMPORZANO
da Mario, con un bacio e schiocco!
Silvia era una bella bambina di sei anni, amava giocare ma le piaceva anche andare a scuola. Il primo giorno era stato divertente, con tutti quei cartelli con le figure alle pareti e la maestra che faceva pronunciare ai bambini le lettere dell’alfabeto. Quando però si era cominciato a scrivere, erano venute per lei le difficoltà. Le piacevano le vocali, praticamente tutte. Era felice quando la maestra dava da fare pagine e pagine di piccole gambe per le a e per le e. Anche il minuscolo braccio della o non le dispiaceva e quando ne aveva fatto qualche pagina, se la guardava tutta contenta, come un pittore ammira la propria opera. La o era la sua lettera preferita perché le ricordava suo zio materno, grasso e simpatico, con un buffo ciuffo sulla fronte. Invece non amava le consonanti e non riusciva a capire perché ci fosse bisogno di quelle antipatiche, soprattutto quando ce n’era più di una insieme. Odiava gli gnomi, gli gnocchi, i soqquadri e i taccuini, per non parlare delle zampogne e dei ragni. Ma la vera tragedia scoppiò quando sopraggiunsero nella sua faticosa formazione i punti e le virgole. I punti non volevano fissarsi alla carta e scappavano da tutte le parti. Alla sera, quando andava a dormire, finivano nel suo letto e la tormentavano come punte di spilli. Si girava e si rigirava, cercando di addormentarsi, ma non c’era verso. Sua madre aveva comprato una grossa calamita, come quelle che usano le sarte e tutte le sere le ripassava il letto, ma non c’era nulla da fare: quei maledetti punti si infilavano nella trama delle lenzuola, perfino nelle coperte. Quelli nascosti nel cuscino le pungevano gli occhi e lei si svegliava piangendo. Le virgole, da parte loro, non erano meno perfide: apparentemente più docili dei punti, stavano per un attimo sulla carta, ma poi svolazzavano tutt’intorno e le finivano, come tanti piccoli uncini, nei capelli. La mamma la pettinava con un pettine fittissimo, come quello che si usa per i pidocchi, ma a tirarle via erano dolori.
povera Silvia!
Con l’aiuto della maestra, a cui non era mai capitato un caso così difficile, Silvia scrisse pagine e pagine di punti e di virgole, prima separatamente, poi insieme come due punti e punto e virgola. Dallo sforzo e dalla tensione le scoppiò il morbillo e la varicella in un sol colpo. Finalmente con quegli strani segni sulla pelle, Silvia sembrò quietarsi un poco. Adesso i puntini erano diventati qualcosa di suo, le si erano disegnati su tutto il corpo, le davano un po’ di prurito, ma non era niente rispetto alle punture di prima. Stette a letto due settimane, coccolata dal papà e dalla mamma. Appena si fu ripresa volle riprendere in mano il sillabario e scoprì che esistevano anche i punti interrogativi e quelli esclamativi. La piccola barra del punto esclamativo teneva fermo il puntino maligno; il ricciolo ad uncino del punto interrogativo riusciva ad accalappiare quella malvagia nullità. Per le virgole non trovò un rimedio vero e proprio, semplicemente le evitava. Quando tornò a scuola era completamente guarita. La maestra pensò che la cura massiccia di pagine e pagine di puntini e di virgole le avesse fatto un gran bene . Quando fece fare dei pensierini in classe rimase stupita dalla fluidità dello scrivere di Silvia: le parole scivolavano con un giusto ritmo una dietro l’altra, senza essere interrotte da inutili virgole. Le esclamazioni e le interrogazioni rendevano estremamente divertenti delle frasi in genere insulse. Silvia si appassionò talmente alla scrittura che non smise più. Cominciò a scrivere anche per gli altri bambini ed un grande successo: addirittura uno scrittore famoso pensò di imitare il suo stile.
qui c’è lo zampino di Donatella..
bello no, ma carino si e divertente si.
ma nini è suo! non si è capito, ahimè? ciao notte
Chiara Chiara ed io cosa ho detto?
( mia nonna mi chiamava “ninin”)
che bello, da quando è nato il bambino di Francesca, unico in casa, ” ninìn ” per me sono tutte le persone che amo…(mi ripeto), ma così il mondo intorno mi diventa più accettabile, ciao Rob Roberto