ATTENTATO A DACCA —JASON BURKE ::: ” LA NUOVA MINACCIA DAI MILITANTI ISLAMICI ” (2015) :::OCCIDENTALI E LAICI NEL MIRINO IN UN PAESE (BANGLADESH) CONTESO TRA AL QUAIDA E IL CALIFFO

 

in inglese, i suoi libri su Amazon

Feltrinelli 2004                             Longanesi 2008  ” Sulla strada per Kandahar “, 

 

L’ecomia è in crescita, ma nelle periferie delle città i predicatori radicali finanziati dal Golfo fanno seguaci. E le istituzioni non agiscono

Occidentali e laici nel mirino in un paese conteso tra Al Qaeda e il Califfo

 

 

JASON BURKE, giornalista britannico ed autore, nato nel 1970. E’ corrispondente dall’Africa per i giornali::  The Guardian e L’Observer

 

 
 

QUANDO SI prende in considerazione il panorama dell’islamismo armato globale, a pochi viene in mente il Bangladesh. Ma è un errore, come dimostrano gli eventi di ieri notte. Questo Paese dell’Asia meridionale, instabile e povero, con oltre 150 milioni di abitanti — per la stragrande maggioranza musulmani — ha una lunga storia di estremismo e quest’ultimo attentato, a posteriori, appare inevitabile. Ci sono quattro fattori principali da considerare. Il primo è la storia. Il Bangladesh conquistò la sua indipendenza dal Pakistan nel 1971, in una violenta guerra civile segnata da brutali atrocità. La guerra vedeva contrapporsi una fazione islamista, conservatrice in materia di religione, con una fazione laica, di sinistra. Alla fine prevalse quest’ultima, ma le cicatrici del conflitto si trasformarono in divisioni permanenti all’interno della nuova nazione, divisioni che esistono ancora a mezzosecolo di distanza.

Il secondo fattore è demografico e sociale. Il Bangladesh non è più un “ basket case” come lo definì Henry Kissinger, un Paese economicamente disastrato. La sua economia è cresciuta rapidamente e ora, in molti ambiti, ha indicatori migliori di quelli della confinante India. Ma ha anche problemi profondi, in particolare un’enorme massa di giovani uomini con limitate qualifiche professionali, limitato livello di istruzione e limitatissime opportunità di realizzazione che vivono in città e paesini disfunzionali. Se a ciò si aggiunge l’espansione di istituzioni islamiche conservatrici finanziate da donatori del Golfo e l’impatto di milioni di uomini bengalesi che lavorano in Arabia Saudita o in Kuwait e vengono a contatto con la visione oltranzista della religione islamica di quei Paesi, si ottiene una miscela tossica.

Il terzo fattore è la situazione politica corrente. Le ferite della guerra civile nell’ultimo decennio, invece di rimarginarsi, si sono riaperte. Attualmente governa Sheikh Hasina, figlia del leader dell’indipendenza Mujibur Rehman. Il suo partito, la Lega Awami, è stato riconfermato al potere nel 2016 in un’elezione contestata, boicottata dall’opposizione e dagli islamisti. Da quel momento, l’opposizione è stata di fatto eliminata, con una drastica repressione portata avanti da un governo sempre più autoritario, che nonostante la sua forza vede minacce ovunque.

Ovunque tranne dove dovrebbe vederle. A dispetto delle decine di omicidi, negli ultimi due anni, di blogger laici, esponenti di minoranze religiose, perfino poliziotti e occidentali, le autorità del Bangladesh non hanno ancora adottato misure efficaci contro le reti islamiste. La Hasina ha addossato la responsabilità degli attentati ai partiti di opposizione, ha cercato di ingraziarsi i conservatori accusando alcune delle vittime di aver incitato gli assassini a ucciderli «insultando» la religione e ha negato completamente la presenza di Al Qaeda o dello Stato islamico nel Paese.

La quarta e ultima ragione è l’interesse mostrato dai due principali gruppi islamisti attivi attualmente (Al Qaeda e lo Stato islamico, appunto)

 

per il Bangladesh.

La rivalità fra le due organizzazioni, e la faida personale tra i rispettivi leader, Ayman al Zawahiri e Abu Bakr al Baghdadi, è profonda. È una delle principali ragioni della violenza che attraversa il mondo islamico e non solo, ma

va in scena con una particolare veemenza in Bangladesh. Il Paese è lontano dalla principale zona di interesse dell’Is, con il suo Califfato mediorientale. Ma è pienamente all’interno dell’area che Al Qaeda, presente nell’Asia meridionale fin dagli Anni ’80, considera il suo cuore. Una filiale creata da Al Qaeda nel 2014 specificamente per l’Asia meridionale non è riuscita a stabilire una presenza efficace. Se il Bangladesh appare come una potenziale area di espansione sia per l’Is che per Al Qaeda, solo per quest’ultima riveste aspetti esistenziali.

Così se, come è stato rivendicato ieri notte da +Amaq, l’organo di stampa dello Stato islamico, è stato il gruppo basato in Medio Oriente a lanciare l’attacco, questo potrebbe un grosso passo indietro per le ambizioni di Al Qaeda nella regione.

Se non possiamo ancora prevedere le future implicazioni dell’attentato a Dacca, possiamo dire, con certezza, che è il culmine di un lungo processo.

( Traduzione di Fabio Galimberti)

Jason Burke è uno dei maggiori esperti di islamismo radicale Il suo ultimo libro è “The New Threat from Islamic Militancy”

 

 http://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/flipperweb.html?testata=REP&issue=20160702&edizione=nazionale&startpage=1&displaypages=2

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *