Rese dei conti all’ombra del Califfo
di Alberto Negri 4 Dicembre 2015
Prima di abbattere il Califfato ci sarà un’altra resa dei conti. Perché la stampa Usa e britannica, dopo gli articoli sul petrolio siriano di qualche giorno fa, non ne parla? Forse non è un caso: la produzione del Califfato non incide, si tratta di poche migliaia di barili acquistati dai turchi e da Assad. Il petrolio è solo il tentativo di trovare un casus belli: la Russia vuole punire Erdogan anche militarmente e forse darà armi ai curdi siriani e del Pkk come fece in passato in nome del marxismo-leninismo. I nemici cambiano, le ideologie crollano ma le guerre restano con le loro spine nel fianco. I russi vogliono punire la Turchia e non solo per la Siria. Per un decennio il terrorismo ceceno ha avuto la sua direzione strategica nella Istanbul asiatica: per questo Putin accusa Ankara di uccidere i soldati russi. Siamo alla resa dei conti di una vicenda accantonata e che riaffiora in maniera prepotente: i reciproci scambi di accuse per qualche migliaio di barili appaiono ridicoli a confronto dei miliardi in ballo nei gasdotti del Mar Nero. I giornali Usa danno poco spazio alla diatriba perché Washington vuole restare fuori da una guerra generata anche dai suoi errori, antichi e recenti. Obama è un’anatra zoppa e non può condurre conflitti allargati per non pregiudicare la possibile rielezione di un democratico. Al punto che il segretario di Stato John Kerry ha chiesto in una riunione all’Osce a Belgrado di inviare truppe di terra siriane e di altri Paesi arabi per combattere l’Isis. I bombardamenti per vincere l’Isis, dice Kerry, non bastano: ma se ne accorge adesso, dopo oltre un anno e mezzo di raid. Quali truppe arabe intende inviare? Quelle di Assad, che gli Usa vorrebbero mandare via? Quelle dei suoi nemici arabi, …
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