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DISUGUAGLIANZE
Rapporto Oxfam, ritratto dell’Europa dei pochi ricchi e dei molti poveri
Secondo lo studio pubblicato dal network internazionale, nel Vecchio continente impera un manipolo di miliardari, mentre quasi un quarto della popolazione vive in povertà e subisce le decisioni prese da governi, multinazionali e
settore privato. Complici l’austerity e sistemi fiscali iniqui o facilmente aggirabili.
ANNA DICHIARANTE
Il network internazionale, che riunisce 17 organizzazioni di Paesi diversi impegnate nella lotta alla povertà e all’ingiustizia, denuncia quindi la presenza di una élite che riesce a orientare le decisioni politiche ed economiche a proprio favore e a svantaggio della maggioranza della popolazione. “In Europa, come in tutto il mondo, la povertà e l’aumento delle disuguaglianze sono l’effetto di scelte politiche troppo spesso effettuate tenendo conto dell’interesse di pochi e non di tutti i cittadini europei”, dice Roberto Barbieri, direttore di Oxfam Italia. Di qui, l’appello all’Unione europea e ai singoli Stati membri affinché osservino una maggiore trasparenza nell’adozione di misure economiche e sociali.
Anche perché la maggioranza meno fortunata, tra il 2009 e il 2013, è aumentata di numero, arrivando a quota 50 milioni: precisamente 7,5 milioni di persone in più che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale, cioè senza reddito sufficiente per pagarsi il riscaldamento o far fronte a spese impreviste. E questo accade in 19 Stati membri dell’Ue, tra cui Spagna, Irlanda, Grecia e Italia.
Nel nostro Paese, in particolare, la percentuale di cittadini in stato di grave deprivazione è passata dal 6,4 per cento nel 2005 all’11,5 per cento nel 2014: un totale di sette milioni di poveri, tra i quali i più colpiti sono i bambini e i giovani sotto i 18 anni. D’altra parte, anche da noi la disuguaglianza è forte, visto che il 20 per cento dei più benestanti detiene il 61,6 per cento della ricchezza nazionale netta, mentre il 20 per cento dei più disagiati ne ha appena lo 0,4.
Ma il rapporto di Oxfam rivela che nessuno è immune dal problema. Dalla classifica riportata nello studio, che ordina gli Stati membri in base a sette parametri (per esempio, disuguaglianza di reddito e divario retributivo di genere), emerge che ultime sono Grecia e Bulgaria. Ciononostante, se la forbice tra i redditi è maggiore in Paesi come la Lettonia, la Lituania o la Bulgaria, appunto, è pur vero che anche Francia e Danimarca hanno assistito a una crescita della disparità tra il 2005 e il 2013.
Per quanto riguarda la piaga della povertà, poi, nemmeno chi ha un impiego può considerarsi al sicuro. In Italia l’11 per cento dei lavoratori tra i 15 e i 64 anni è a rischio: un dato che ci posiziona al 24° posto tra i 28 Paesi dell’Ue. Ma anche la locomotiva d’Europa, la Germania, inizia a fare i conti con questo fenomeno. Proprio la Germania, inoltre, compare, insieme a Lettonia, Portogallo e Cipro, nella lista degli Stati dove più accentuata è la discriminazione retributiva tra uomini e donne.
Ma di chi è la colpa di una situazione tanto desolante?I due principali responsabili, secondo “Un’Europa per tutti, non per pochi”, sono l’austerity e un sistema fiscale iniquo o non sufficientemente progressivo. I tagli alla spesa pubblica, la privatizzazione dei servizi, la deregolamentazione del mercato del lavoro, insomma le misure adottate per arginare la crisi, hanno ottenuto il risultato di colpire duramente i più poveri. Dall’altro lato, segnala ancora il rapporto, le multinazionali hanno sfruttato le differenze tra i regimi fiscali dei vari Paesi europei per eludere le tasse per milioni di euro.
Già, il fisco. In Svezia il sistema fiscale e previdenziale (il più avanzato d’Europa) è riuscito a far diminuire del 53 per cento le disuguaglianze di reddito. In Italia, invece, nel 2013 sono diminuite solo del 34. E l’influenza esercitata a livello nazionale ed europeo dai super ricchi, così come dalle multinazionali e da una parte del settore privato, ha effetti deleteri per tutto il continente. Un esempio: l’82 per cento dei componenti del gruppo che elabora raccomandazioni per l’Unione sulla riforma del sistema fiscale appartiene appunto al settore privato e commerciale.
“La mancanza di cooperazione tra Stati membri in materia fiscale e la disarmonia tra i diversi sistemi stanno derubando i cittadini europei di risorse essenziali da impiegare in servizi sociali – denuncia Elisa Bacciotti, direttrice Campagne di Oxfam Italia -. Per questo chiediamo all’Unione europea di porre fine alle iniquità dell’attuale sistema fiscale, contrastando gli abusi delle grandi multinazionali. I governi europei devono inoltre riconsiderare l’efficacia delle misure di austerity e reinvestire nei servizi pubblici, garantendo a tutti salari dignitosi”.
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© Riproduzione riservata09 settembre 2015