08:07 —giovanni scattone, il diritto di riscattarsi—il grande giornalista giovanni valentini + un commento di chiara

 

da rep. di oggi

 

 

 

 

Prima
IL CASO
Scattone, perché va rispettato il suo diritto di riscattarsi
GIOVANNI VALENTINI

A VENT’ANNI dall’uccisione di Marta Russo, il rispetto per la sua memoria e per il dolore inconsolabile della famiglia non impedisce oggi di avere rispetto anche per il dramma umano di Giovanni Scattone, condannato come autore di quel delitto.
GIOVANNI VALENTINI

POSSIAMO capire e giustificare la reazione della madre della vittima e di quanti ritengono “inopportuno” che ora l’ex assistente di Filosofia del Diritto torni a insegnare in un liceo romano. Ma non si può condividere l’ondata d’indignazione suscitata da questa notizia: né tantomeno le ambiguità o le ipocrisie di chi non se la sente di prendere posizione o comunque trova più conveniente pilatescamente non assumerla.
Mettiamo da parte — allora — i sentimenti e le emozioni, per cercare di ragionare in termini civili. Cioè da cittadini consapevoli e responsabili.
Al termine di un lungo e controverso processo, Scattone è stato condannato per omicidio colposo. Non volontario. Equiparabile a un incidente automobilistico. Un delitto per caso, accidentale, commesso per sbaglio o per errore. Se per la Giustizia è stato lui a uccidere, per quella stessa Giustizia non aveva l’intenzione di uccidere; se ha sparato, l’ha fatto maneggiando incautamente una pistola (mai ritrovata) e sporgendo il braccio da una finestra.
Ormai Scattone ha scontato interamente la pena (cinque anni e quattro mesi), senza beneficiare di amnistie o condoni. Ed è quindi, a tutti gli effetti, un libero cittadino. Per di più, in considerazione della sua buona condotta, è stato formalmente riabilitato dal Tribunale di Roma.
Agli studenti di Giurisprudenza non s’insegna, del resto, che la pena deve servire anche alla rieducazione del condannato e al suo reinserimento nella società? Quale altro lavoro dovrebbe trovare o inventarsi un ex assistente universitario? L’idraulico, l’elettrauto, il fruttivendolo? O quale materia dovrebbe insegnare al di fuori della sua preparazione, l’educazione fisica o la religione?
Personalmente, avendo seguito a suo tempo il processo e avendone scritto a più riprese su questo giornale, non ho mai sostenuto e nemmeno pensato che Scattone e il suo complice Salvatore Ferraro fossero innocenti. Non lo penso né lo sostengo tuttora. Nell’esercizio del diritto di opinione e di critica, ho sempre ritenuto però che le prove — soprattutto per come sono state raccolte — fossero tardive e contraddittorie. E quindi, insufficienti per condannarli. Pur rispettando la sentenza definitiva della magistratura, continuo a pensarlo ancora oggi.
Non credo neppure che i pubblici ministeri, o i giudici che hanno emesso i verdetti nei vari gradi del processo, abbiano ordito una macchinazione giudiziaria contro di loro. Penso, piuttosto, che sotto la pressione del sistema mediatico, dell’opinione pubblica e anche della politica, i magistrati si siano sentiti costretti a trovare a tutti i costi il colpevole nel più breve tempo possibile. E perciò, continuo a ipotizzare un errore giudiziario, uno dei tanti che costellano purtroppo l’amministrazione della nostra Giustizia.
Tant’è che l’impianto accusatorio proposto dai pm non ha retto in nessuna sede di giudizio. Gli inquirenti non sono mai riusciti a dimostrare davanti a una Corte la tesi dell’omicidio volontario, pur avendo fatto ricorso alle teorie più fantasiose e disparate come quella del “delitto perfetto” o al mito nietzschiano del Superuomo. Alla fine, il reato è stato per così dire derubricato di fatto in omicidio colposo, confondendo prove, testimonianze, intercettazioni, perizie.
È pure legittimo, allora, considerare “assurdo” che Scattone continui a insegnare. I timori o le preoccupazioni manifestate dai genitori di alcuni suoi futuri alunni sono più che comprensibili. Ma non si può fare giustizia sommaria o peggio scambiare la giustizia con la vendetta. E soprattutto, non si può condannare alla morte civile, all’esilio o all’ostracismo, un uomo condannato per un omicidio involontario di cui non ha riconosciuto la responsabilità.
Nel suo dolore di madre, la signora Aureliana lamenta il fatto che Scattone non le abbia mai chiesto scusa. Ma è difficile dare torto al difensore dell’ex assistente, l’avvocato Francesco Petrelli, quando replica: «Di che cosa dovrebbe scusarsi se ha sempre professato la propria innocenza»?
Chi conosce Giovanni Scattone, ricordando anche la sofferenza di suo padre che l’ha difeso fino all’ultimo giorno, ora può solo auguragli di riuscire a redimersi e a riscattarsi definitivamente con il lavoro, l’impegno e la responsabilità.
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2 risposte a 08:07 —giovanni scattone, il diritto di riscattarsi—il grande giornalista giovanni valentini + un commento di chiara

  1. Chiara Salvini scrive:

    da chiara: ho sempre detto che riabilitarsi dalla malattia mentale è forse più difficile che dalla galera, per cui —dato che la mia lotta dura ancora e non se ne vede fine–ho la massima simpatia per Giovanni Scattone. Sono sicura che abbia da “insegnare” molto di più di qualunque altro insegnante. Ma non nella scuola inferiore o superiore: le menti in formazione sono fragili ed è giusto tutelare anche il diritto dei genitori a stare tranquilli. Basta pensare al film tanto osannato “L’attimo fuggente”: questo prof. l’avrei ucciso! Per lui era importante espandere la sua persona, il suo io si direbbe, indipendentemente dal terreno dove i suoi meravigliosi semi cadevano- E s’è visto il risultato! Un buon insegnante gioca sulla lunga durata e non mette in croce gli alunni! Temo che la stessa esperienza degli anni della galera abbia toccato nel suo intimo…Si è capito, credo, cosa vorrei dire con una lingua migliore! Con il suo livello di cultura potrà riscattarsi in tanti altri posti…chiara

    • Chiara Salvini scrive:

      Temo che ne faccia una questione di principio, come forse avrei fatto alla sua età. Ma qualcuno dovrebbe dirgli uno solo in lotta contro la società è di solito schiacciato lui. Chiara —mille anni fa –ha provato a sbattere la sua testa contro la realtà, ma a rompersi è stata la testa, la realtà è andata avanti senza neanche notarla!
      Diverso sarebbe se lui fosse in grado —e prima di tutto volesse –di fare un gruppo …far diventare il suo caso un atto di “lotta civile” o, meglio, “per una migliore civiltà”…Auguri caro ragazzo.

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