SPOTLIGHT TRAILER ORIGINALE IN INGLESE–IN ITA NON C’E’!
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72a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 02 – 12 SETT 2015
L’INCONTRO
Mark Ruffalo a Venezia: “Spero che il Papa usi questo film per curare le ferite causate dalla Chiesa”
“Spotlight”, un supercast con Mark Ruffalo, Stanley Tucci, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber e John Slattery per raccontare una storia moderna. Quella dell’inchiesta, vincitrice del Pulitzer, sull’arcivescovo Bernar Francis Law accusato di aver coperto casi di pedofilia
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Spotlight è un solido film di impianto classico che racconta una storia vera, l’inchiesta del gruppo investigativo del Boston Globe sull’insabbiamento da parte delle gerarchie della Chiesa cattolica di molti casi di preti pedofili. Dopo Everest, che ha aperto Venezia 72 con la sua carica di divi, anche il film del poliedrico Tom McCarthy (regista de L’ospite inatteso, ma anche sceneggiatore del cartoon Up e interprete di commedie come Vi presento i nostri) assicura a Venezia 72 un film corale ricco di personaggi forti, ma al Lido arrivano soltanto Mark Ruffalo e Stanley Tucci del cast formato anche da Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber e John Slattery.
Fuori concorso il film di Tom McCarthy destinato a far scalpore perché affronta il tema della pedofilia nella Chiesa. Un team di giornalisti del Boston Globe conduce un’inchiesta che porta a una scioccante verità: la complicità della Chiesa in una vasta gamma di casi di abusi su minori. Basato su fatti realmente accaduti. Nel cast Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Stanley Tucci.
“Spero che il Papa e tutti i cardinali vedano questo film ma nonostante abbia grandi speranze in Papa Francesco rimango pessimista – ha detto il regista – Io sono stato educato dalla mia famiglia nella religione cattolica e ho molto rispetto e ammirazione per quel che fanno certi sacerdoti, questo film non è un attacco alla Chiesa cattolica ma è una storia che andava raccontata. Soltanto il tempo ci darà se quello che è stato fatto è sufficiente”.
Video
Parla il regista di “Spotlight”, il film che racconta il lavoro del gruppo investigativo del Boston Globe che rivelarono trent’anni di insabbiamenti da parte della Chiesa cattolica di abusi di preti sui ragazzini. Al Lido con il regista gli interpreti Mark Ruffalo (“Hulk”) e Stanley Tucci (“Il diavolo veste Prada”). Video di Alberto Mascia
Più ottimista Stanley Tucci (che nel film interpreta un avvocato delle vittime): “Se qualcuno riuscirà a fermare gli abusi sarà lui, Papa Francesco. È straordinario e ha fatto per questo problema quello che nessun altro ha fatto in tutti i secoli precedenti”. Più diretto Mark Ruffalo: “Non voglio abbattere il sistema ma vorrei soltanto dire la verità. Spero che il Papa e il Vaticano utilizzino questo film, questa storia sobria e semplice, come opportunità per cominciare a curare le ferite che la Chiesa ha provocato. Non solo per le vittime ma anche per tutti quelli che, dopo aver scoperto questa vicenda, si sentono confusi”.
Foto
Protagonisti assoluti del film sono i giornalisti del gruppo premio Pulitzer che sotto il nome di Spotlight portava avanti inchieste all’interno del Globe e che grazie a questo lavoro nel 2002 rivelò a tutta la città di Boston quello che per trent’anni era accaduto nell’omertà generale riuscendo a raccogliere prove contro 70 preti e dimostrando che esisteva una pratica diffusa per cui quando il Vescovo Law veniva a sapere di denunce fatte dalle famiglie dei ragazzini abusati (il cui profilo era sempre lo stesso: famiglie povere, padri assenti, disagio), patteggiava con i familiari un rimborso, spostava di parrocchia il religioso, per poi rimetterlo poco tempo dopo al suo posto.
Da “Quarto potere” a “Tutti gli uomini del presidente”, il giornalismo al cinema
- “Spotlight”, il film di Tom McCarthy in concorso a Venezia 72, è solo l’ultimo esempio di storie di giornalismo (vere o inventate) finite sul grande schermo. Dai tempi di “Avvenne domani” e del capolavoro di Orson Welles “Quarto potere” passando attraverso le cronache di guerra di “Salvador”, “Un anno vissuto pericolosamente” e “Sotto tiro” fino agli scandali politici di “Tutti gli uomini del presidente” e le cronache rock di “Quasi famosi”. Con qualche celebre titolo italiano come “Sbatti il mostro in prima pagina” o”Fortàpasc”, dedicato alla tragica vicenda di Giancarlo SianiNella foto “Tutti gli uomini del presidente” di Alan J. Pakula (1976)
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Ma il film al di là della sua dimensione di denuncia è anche un omaggio al giornalismo investigativo e si riallaccia alla tradizione di tanto cinema americano dedicato ai media. “Ogni film girato successivamente vive nell’ombra di quel film iconico che è Tutti gli uomini del Presidente – ha detto McCarthy – io ho fatto di tutto per ignorarlo per non essere troppo influenzato ma non so se ci sono riuscito. Il massimo riferimento però per me rimane Sidney Lumet, mentore e amico, i cui film mi parlano anche oggi”.
Il film verso il finale ha un tono nostalgico e le immagini delle rotative che stampano l’edizione memorabile del Globe sembrano essere il ritratto di un mondo che non esiste più. “Il giornalismo negli Stati Uniti ma anche altrove è stato decimato – ha detto McCarthy – Fortunatamente il gruppo Spotlight del Globe esiste ancora, forse ora è troppo tardi per poter in qualche modo correre ai ripari, ma io spero che questo film riesca a far capire l’importanza del giornalismo investigativo a livello locale, nazionale e internazionale”. Gli fa eco Mark Ruffalo: “I media hanno perso molta credibilità dopo la guerra in Iraq ma ci sono giornali che ancora continuano a fare il lavoro. Sia i giornali che le tv di news 24 ore stanno perdendo lettori e abbonati perché hanno perso credibilità ma ci sono ancora bravi giornalisti investigativi e speriamo che questa tradizione non venga perduta”. “Non so se il pubblico si renda conto quanto la libertà individuale sia condizionata dalla libertà della stampa – conclude il regista – forse questo film può aiutare a prenderne consapevolezza”.
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