Queste conferenze che Franco Basaglia tenne a San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte tra il 18 giugno e il 7 luglio 1979 sono oggi il modo migliore per avvicinare i più giovani al suo lavoro e alle sue idee, e per fare un bilancio, a vent’anni dalla ”legge 180”, delle ragioni e dei metodi di chi ha voluto quella riforma e ne ha preparato il terreno. È Basaglia stesso che si presenta di fronte a platee di studenti e professori universitari, medici e psicoterapeuti, euforici per le opportunità che si aprono con l’avvio della transizione democratica, ma anche preoccupati per l’enormità dei problemi del paese. Così Basaglia apre con i suoi interlocutori un rapporto insieme complice e critico che fa emergere il suo modo di lavorare e di fare politica, tutto teso a creare realtà di segno utopico, contro le utopie ideologiche che alla fine confermano l’esistente.
L’autore
Franco Basaglia (1924-1980) è stata una delle figure di maggiore spicco della psichiatria italiana contemporanea. Fra i suoi libri, tutti pubblicati da Einaudi, ricordiamo: L’istituzione negata (1968), Morire di classe (1969), La maggioranza deviante (1971), Crimini di pace (1975).
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Franco Basaglia nasce nel 1924 a San Polo e muore nel 1980 sempre a San Polo (Venezia)
intervista di maurizio costanzo (molto bravo) a Franco Basaglia con la presenza di un genitore.
https://www.youtube.com/watch?v=j_7yv5rTiQo
gli autori a lui contemporanei sullo stesso fronte antipsichiatrico:
Nel 1969 la casa editrice Einaudi pubblica, insieme a Gianni Berengo Gardin, il volume “Morire di classe” a cura di Franco Basaglia e Franca Basaglia Ongaro dove appaiono toccanti foto prese in vari manicomi italiani. Il libro diventa presto, come scrive Franca Ongaro, citando Primo Levi[1],: “Un documento ormai storico nel reportage sugli ospedali psichiatrici.
“Morire di classe” documentava la situazione manicomiale degli internati di alcuni ospedali psichiatrici dove due grandi fotografi, Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, coinvolti nell’impresa avevano avuto il permesso di entrare e fotografare. Prima di allora non era possibile farlo, per non ledere – si diceva – la dignità dei malati. Sono immagini dure di donne e di uomini prigionieri, incarcerati, legati, puniti, umiliati «ridotti a sofferenza e bisogno» (Primo Levi).
famosissima foto di carla cerati
Davanti ad un malato mentale siamo davanti ad “una crisi di vita” ed è questa che bisogna analizzare prima di partire per una diagnosi o per una medicalizzazione.