video, 2 min. ca —Otto e mezzo 24 ottobre 2024 — Lucio Caracciolo : Il nuovo piano Eiland. I palestinesi in un campo profugo nel Sinai. +++ Inizio dell’introduzione di Lucio Caracciolo al nuovo Limes, La notte di Israele

 

 

Il ‘nuovo’ piano Eiland: spostare parte dei palestinesi da Gaza in Egitto in un enorme campo profughi. Il ruolo degli ultraortodossi in Israele. Visione messanica da entrambe le parti: il conflitto in Medio Oriente fuori da ogni razionalità, fuori da ogni possibilità di compromesso.

 

 

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Pubblichiamo  l’inizio dell’introduzione di Lucio Caracciolo all’ultimo Limes ” La notte di Israele “.. dove ad un certo punto si parla del ” PIANO EILAND “– Il brano mi pare interessante-

 

 

 

 

 

 

carta di LAURA CANALI — 2024

 

 

1. Israele sta combattendo con successo la sua guerra di autodistruzione. Nelle parole del generale Udi Dekel, a un anno dalla mattanza del 7 ottobre: «È evidente che la leadership israeliana vede all’orizzonte solo la guerra perpetua. Il conflitto in corso beneficia solo i nemici di Israele e si allinea alla strategia iraniana che promuove una guerra di attrito contro Israele fino al suo collasso finale» 1.

 

Deriva suicida. Votata all’annientamento del Nemico – l’Iran e la sua costellazione imperiale – travolgendo tutti e chiunque si frapponga fra sé e Amalek. Archetipo biblico del Male, proditorio aggressore degli israeliti, che ortodossia ebraica impone di distruggere. Identificato ieri con Hitler, oggi con l’Iran e terroristi arabi associati, su domani si accettano scommesse.

 

Binyamin Netanyahu conferma, rivolto ai suoi soldati: «Ricordate quel che vi ha fatto Amalek!» 2. Mentre battezza Operazione Spade di Ferro la rappresaglia senza limiti scattata contro Gaza ed estesa a sempre nuovi fronti. Siamo al primo Libro di Samuele ( Bibbia ).  Per ricordare che «da migliaia di anni il fondamento dell’esistenza del popolo ebraico è stato la lotta costante per le nostre vite e per le nostre libertà» 3. Da Giosuè a Bibi, i soldati dell’eterno Israele si certificano eternamente belligeranti.

 

Sarebbe stolto trattare la santificazione israeliana di questa guerra da stratagemma propagandistico. Non solo i religiosi, larga parte dell’opinione pubblica laica sostiene Spade di Ferro, giusta punizione degli assassini di amās estesa a tutta la gente di Gaza, corresponsabile del 7 ottobre, donne e bambini compresi. E via via per onde concentriche, un Amalek dopo l’altro, da Beirut fino a Teheran, forse oltre.

 

La guerra perpetua eretta a plurimillenaria identità nazionale, poggiata sul verbo del Dio furioso della Bibbia ebraica dove il termine «guerra» ricorre 310 volte, esclude per definizione la pace. Il destino dell’israeliano non è più di vivere con il fucile al piede, ma sempre in mano.

 

Sarebbe peggio che stolto trascurare la fede del popolo ebraico nel mandato ricevuto da Dio. Stirpe eletta, per Lui in missione sulla sacra Terra di Israele, (Eretz Yisra’el, carta a colori 1 – in apertura  //blog ?). Dunque suprema. Dopo la Shoah, questo privilegio divino incrocia la  (in ? /blog)  delebile memoria dello sterminio nazista. Doppio registro che esclude di riconoscersi pari agli altri umani. La pace fra dispari non è pace.

 

Sarebbe infine imperdonabile dimenticare la parabola dello Stato di Israele, che dal 14 maggio 1948, giorno dell’Indipendenza, ha affrontato e vinto (o pareggiato) conflitti difensivi e preventivi. Cinque giorni dopo quel battesimo scatta l’Ordinanza per la legge e l’amministrazione che impone lo stato di emergenza per tre mesi. L’articolo 9, commi a e b, delega poteri speciali all’esecutivo per fronteggiare gli arabi che intendono ributtare subito gli ebrei a mare. Emergenza tuttora in vigore. Da tre generazioni gli israeliani vivono in lunghe tregue fra uno scontro e l’altro con nemici variabili come gli amaleciti. Mai in pace. Da due occupano territori strappati agli arabi nel 1967, dove si sono insediati mezzo milione di ebrei sponsorizzati dai vari governi, anche laici e di sinistra, onde stroncare l’ipotesi dei due Stati, ritornello delle anime belle. O solo pigre.

 

Israele sopravvive alla giornata. Confida nelle bombe atomiche che non dichiara, nella potenza delle Forze di difesa (Idf), nelle supertecnologie e soprattutto nella protezione americana, con i molti alti e gli attuali bemolle (carta 1). Sposa la tattica del «cane pazzo» cara al generale Moshe Dayan, il riconquistatore di Gerusalemme. La strategia di Israele è di non averne, altrimenti che «cane pazzo» sarebbe. In modalità di deterrenza senza limiti.

 

<address>Carta di Laura Canali - 2024
Carta di Laura Canali – 2024 

 

Noi europei, inversamente apocalittici perché postulanti la pace perpetua, quindi altrettanto astrategici, siamo refrattari al combattimento. Osserviamo con disgusto il mondo alla rovescia che infiamma il nostro estero vicino, percepito alieno. Ma per molti ebrei israeliani i pazzi siamo noi (non per i diasporici, altrimenti sarebbero a Gerusalemme). Quel che ci pare suicidio a tappe, per i difensori in armi dello Stato ebraico è benedizione. Si vive un giorno alla volta. La morte è dentro la vita. L’orizzonte non esiste. Il nuovo antisemitismo eccitato dalla guerra perpetua rimastica i terribili stereotipi del passato a partire da questo sentimento antipodale ( Nota :  estremo, agli antipodi ). Razzismo da progressisti inferociti.

 

La sconfitta del 7 ottobre è figlia del narcisismo di Israele. 

Gerusalemme immaginava che mantenere amās nella gabbia di Gaza a libro paga mensile con soldi qatarini trasferiti via Mossad e servizi egiziani fosse garanzia di tregua infinita. Tanto che nella zona del massacro restavano di guardia esigui drappelli di giovanissime reclute, per lo più soldatesse. Perché sprecarvi i migliori reparti, schierati in Giudea e Samaria a disposizione dei coloni? I gaziani erano presunti subumani, incapaci di sfidare Tzahal. Pregiudizio tragicamente smentito dall’incursione di migliaia di palestinesi a caccia di ebrei da catturare o trucidare (carta 2). La rappresaglia senza quartiere molto deve al dolore di una superiorità umiliata.

 

<address>Carta di Laura Canali - 2024
Carta di Laura Canali – 2024 

 

C’erano alternative alla strage di palestinesi che in poche settimane ha quasi cancellato il 7 ottobre nella comunicazione pubblica del resto del mondo, amici di Israele inclusi?

Assolutamente sì. Testimoniate dagli scontri quasi fisici nel gabinetto di guerra, domati con ammirevole caparbietà da Netanyahu, senza dubbio fra i più spregiudicati e talentuosi politici del nostro tempo. Per esempio, si sarebbero potuti anticipare gli assassinî mirati dei capi di Ḥamās e izbullāh, dopo aver stretto d’assedio Gaza, con incursioni di commando per salvare gli ostaggi e scompaginare amās. Salvo penetrare nel Libano meridionale per disarmare izbullāh come prescritto dalla risoluzione Onu 1701 che la missione Unifil non avrebbe mai applicato. E scatenare la guerra civile a Beirut per scalzare il Partito di Dio. Così fratturando il corridoio imperiale persiano (carta a colori 2) tenendo agganciati gli Stati arabi interessati ai patti di Abramo nella coscienza che nessuno intende morire per i palestinesi, ai quali tutti applicano il dogma «usa e getta» sulla base dei rispettivi interessi. Gerusalemme si sarebbe in tal modo garantita l’appoggio totale degli Stati Uniti, con europei a rimorchio. E avrebbe ridotto a temporale d’agosto il diluvio mediatico anti-israeliano.

 

 

 

Carta di Laura Canali – 2024

 

 

L’errore voluto di Netanyahu è stato bollare minaccia esistenziale l’orrore del Diluvio di al-Aqṣā. Nemmeno amās fosse per conquistare Gerusalemme.

Golda Meir, Iron Lady del laburismo eroico, confidava che dopo l’Olocausto Israele può permettersi tutto. Bibi ne applica il motto al 7 ottobre. Un tempo si sarebbe gridato al sacrilegio.

Dopo che lui stesso ha attribuito al muftì di Gerusalemme l’idea di annientare gli ebrei, sicché Hitler ne sarebbe solo l’autore materiale, qualsiasi gioco con la storia diventa lecito. Netanyahu si è dato mano libera per scatenare la guerra senza regole contro qualsiasi nemico conclamato o presunto, a partire dai civili palestinesi di Gaza, per spianare il terreno da occupare. E mai più abbandonare.

 

Israele si dedica a massacrare decine di migliaia di gaziani in quanto «animali» – voce del ministro della Difesa, il moderato Yoav Gallant (non risultano proteste degli animalisti) 4. Il laburista Yitzhak Herzog, ininfluente capo dello Stato, aggiunge: «È quella intera nazione che è responsabile. (…) Non è vera la retorica per cui i civili non sono consapevoli, non sono coinvolti. Non è assolutamente vero. Avrebbero potuto insorgere» 5.

Il cosiddetto «piano dei generali» attribuito a Giora Eiland, nutrito di impliciti riferimenti ad assedi biblici, tira le somme.

Gaza va sigillata, distrutta e ripulita di ogni presenza «animale» sezione dopo sezione, da nord a sud. Agli abitanti si danno i dieci giorni per scegliere se arrendersi o morire di fame. Nella speranza che molti tra loro sfondino il muro egiziano a Rafaḥ e dilaghino nel Sinai. Qui Israele contribuirebbe a righettizzarli finanziando depositi di palestinesi affidati alla vigilanza del Cairo 6. Infine, la Stella di Davide risplenderà su Gaza riannessa, ricostruita e arricchita di basi militari. Danno collaterale: con queste stragi Israele si è garantito per generazioni leve di giovani terroristi/patrioti palestinesi assetati di sangue ebraico.

 

Per chi di mestiere si vota all’analisi, la cesura antropologica che esclude la pari umanità del nemico, premessa della guerra senza fine, è sfida morale e intellettuale. La geopolitica ci aiuta a compensare questo iato perché non ammette verità assolute, tantomeno distribuisce patenti di eticità. È esercizio di modestia. Di affetto per i soggetti che studia, onde intuirne intenzioni e capacità. Empatia per l’altro, soprattutto se avverso. Quel che latita nelle élite che reggono lo Stato ebraico, non solo nell’ala nazional-religiosa del gabinetto di guerra. Oltre a una opposizione intimidita e senza leader, restano robuste eccezioni nell’intelligence – in Mossad (estero) e Shin Bet (interno) più che in Aman (militare) – e in parte delle Forze armate, atterrite dal nichilismo del premier.

 

Le Idf godono della fiducia di nove ebrei israeliani su dieci contro i meno di quattro che apprezzano Netanyahu, mentre tre su quattro sono convinti che i soldati di Israele vinceranno la guerra di Gaza (grafici 1,2,3).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. C’è una ragione indicibile che spinge Israele a rischiare il sacrificio di sé. Il terrore della guerra civile. La guerra esterna serve quantomeno a rinviarla.

Nell’equazione bellica non sono considerate le ricadute sulla diaspora, minacciata in terre infedeli e talvolta complici dalla furia antisemita, sequenza ultima dell’antisionismo predicato anche da una minoranza ebraica. Si nega così il principio stesso dello Stato di Israele protettore di tutti gli ebrei. Il suicidio è già mezzo compiuto.

 

Limes ha da tempo indagato i prodromi dell’emergenza domestica, manifesti nella crescente alterità fra le tribù dello Stato ebraico – ultimo il volume «Israele contro Israele» 7. Crisi estremizzata nelle manifestazioni di ultraortodossi che agitano la bandiera palestinese urlando «nazisti!» in faccia ai poliziotti di un’entità per loro blasfema. In attesa del giorno del giudizio, ossia della sentenza della commissione d’inchiesta sul 7 ottobre che Netanyahu promette ma non forma, visto che lo condannerebbe al ludibrio, se non al carcere. Altro argomento a favore della guerra infinita.

 

Avevano visto lungo i capi di amās pronti a sfruttare la disunione degli israeliani per colpirli da Gaza. Ma forse nemmeno i più scatenati fra gli odiatori dello Stato ebraico erano disposti a considerare che Gerusalemme sarebbe caduta nella trappola al punto di rinnegare i comandamenti cui aveva legato il suo destino. Dai fondatori in avanti, i suoi leader politici e militari ne avevano praticati sette.

 

 

segue nel link:

https://www.limesonline.com/rivista/editoriale-di-limes-92024–la-notte-di-israele–17535645/

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