15 Ottobre 2024
https://www.b-hop.it/laltrove/u-trunfu-lantico-gioco-di-carte-siciliano-che-rischia-di-scomparire/
U Trunfu, l’antico gioco di carte siciliano che rischia di scomparire
Lo giocano ancora nei circoli gli anziani dei paesi di Tortorici, Barcellona Pozzo di Gotto, Mineo e Calatafimi, con 41 carte dei tarocchi siciliani e 22 carte numerate. È iscritto al Reis, il Registro delle eredità immateriali della Sicilia
In Sicilia esiste un gioco di carte antichissimo che è ancora praticato in alcuni borghi. Si chiama U Trunfu (i Trionfi) e si gioca con 41 carte dei tarocchi siciliani (i quattro semi ordinari di oro, mazze, coppe e bastoni) ) insieme ad altre 22 carte numerate. È iscritto al Reis, il Registro delle eredità immateriali della Sicilia.
Un patrimonio immateriale popolare da salvaguardare per evitarne l’estinzione. Lo giocano ancora Tortorici, Barcellona Pozzo di Gotto, Mineo e Calatafimi.
TORTORICI – Turturici in siciliano
Nella piazza principale di Tortorici, sui monti Nebrodi nella Sicilia settentrionale, spicca la presenza architettonica dei due circoli per anziani rigorosamente maschili: quello dei mastri (ossia gli artigiani) e quello dei civili, il Circolo Orice, che prende il nome dal fiume che lambisce il borgo.
In questi circoli gli anziani giocano U Trunfu
Le regole sono molto complicate, ma una volta imparate – meglio se dalla viva voce dei giocatori – dicono sia molto appassionante e divertente. Le partite sono a tre o quattro giocatori, e richiedono vari livelli di strategia, fortuna, azzardo.
U Trunfu deriva dal gioco delle Minchiate fiorentine ed è stato introdotto in Sicilia nel 1663 dal Viceré Francesco Gaetani. Fu lo studioso Michael Dummett a scoprire che in Sicilia si giocava ai tarocchi, con regole e un mazzo di carte assolutamente originali
Ne scrisse anche lo scrittore siciliano Luigi Capuana nel suo libro “Il Marchese di Roccaverdina” del 1901:
“Aveva preso gusto alla partita di tarocchi che don Gregorio, cappellano del monastero di Santa Colomba, il notaio Mazza, don Stefano Spatafora e don Pietro Salvo facevano colà, in un angolo appartato, due volte al giorno, inchiodati per lunghe ore col Giove, l’Impiccato, il Matto e coi Trionfi tra le mani, accalorandosi, bisticciandosi, insultandosi con parolacce e tornando, poco dopo, più amici di prima”.
Giove – ad esempio – è la carta numero 20, la più alta di tutto il mazzo. Quella che vale zero è la Miseria (ovviamente).
Una carta non numerata che ha un altissimo valore ai fini del gioco è Il Fuggitivo (in siciliano ‘U Fujutu o Frustratu). Consente a chi ne dispone di scegliere di non rispondere al seme.
Tra i trionfi più alti vi sono le cosiddette Arie, ossia le Stelle, la Luna, il Sole, il Mondo o Atlante (detto ‘A Badda). C’è perfino una carta chiamata I Picciotti, che vale 10 punti.
ARIE
Il Mazziere è chi distribuisce le carte, mentre la Pigliata è la conquista tra le proprie prese di un’Aria o dei Picciotti che erano in mano ad un avversario. Il Solista è chi gioca la mano da solo contro tutti gli altri giocatori, dichiarando ad alta voce “Vaju sulu” (vado solo).
Il paese di Tortorici, oltre a conservare intatta la tradizione del gioco U Trunfu, è famoso per la tradizionale e suggestiva festa di San Sebastiano, altro patrimonio immateriale iscritto al Reis.
San Sebastiano era un pretoriano convertito al cristianesimo, martirizzato due volte: prima con le frecce da cui è guarito miracolosamente (così lo raffigura l’iconografia cristiana), quindi lapidato davanti al Colosseo per volontà dell’imperatore Diocleziano.
La festa si celebra il 20 gennaio di ogni anno e giorni precedenti (l’ottava di San Sebastiano), con grande partecipazione e devozione di tutti gli oricensi. Tra le particolarità l’accensione di mazzetti di erbe che si buttano sul fuoco, quindi i ragazzi vi saltano sopra. Da qualche tempo anche le ragazze sono autorizzate a partecipare al rito.
I devoti sono tutti vestiti di bianco, le donne indossano calze bianche, gli uomini camminano scalzi, nonostante il freddo gelido del periodo. Alcuni portano la Vara in spalla e la fanno girare tra gli stretti vicoli, partendo dalla chiesa di San Francesco, dove è conservata.
NOTA *** La Vara è un carro di forma piramidale, alto circa 14 metri, dal peso di circa 8 tonnellate, che viene fatto slittare sull’asfalto bagnato. Il traino avviene ad opera di circa un migliaio di devoti, uomini e donne, giovani ed anziani, che tirano attaccati alle due gomene lunghe ciascuna oltre 110 metri.
La Vara – Città Metropolitana di Messina
Il 18 gennaio si ricorda l’episodio di San Sebastiano che andava nelle carceri a regalare fiori ai cristiani perseguitati, fiori che poi si trasformavano in pani. Da qui la tradizione di portare in chiesa i panitti e poi distribuirli in tutte le case del paese.
Anche questi riti vengono ricordati nella festa Nte vaneddi i Turturici è Arte (nelle viuzze di Tortorici c’è l’arte) che si tiene ogni anno l’11 agosto. La scorsa estate si è svolta la XI edizione.
“Quest’anno abbiamo avuto una affluenza di almeno 3.000 persone – spiega a B-Hop Sebastiano Galbato, dell’associazione Giovani Oricensi, guidandoci tra le vie del borgo antico -. Proponiamo ai visitatori un percorso artistico attraverso i vicoli del centro. Possono vedere foto d’epoca del Museo etnofotografico Franchina-Letizia, mostre di pittura nell’antica badia, installazioni artistiche, spettacoli di circo, arte di strada e giocoleria, musica, oltre ad assaggiare piatti tipici. Il nostro motto è:
Ntu fate cuntare, ossia non te lo far raccontare, vieni a vederlo di persona”.
Tortorici è anche famosa per i biscotti di pasta reale di nocciole, presidio Slow food. Un motivo in più per visitarla.
Pagine Facebook: ‘Nte Vaneddi i Turturici è Arte; Associazione Giovani Oricensi