DAVIDE CONTI -La matrice: dieci e più storie che legano il Msi alle stragi. Secondo Meloni il partito di Almirante ha avuto un ruolo nel combattere la violenza politica. Le cronache e le sentenze raccontano una cosa assai diversa –IL MANIFESTO 6 AGOSTO 2024 + altro

 

 

IL MANIFESTO 6 AGOSTO 2024
https://ilmanifesto.it/la-matrice-dieci-e-piu-storie-che-legano-il-msi-alle-stragi

 

La matrice: dieci e più storie che legano il Msi alle stragi.

 

Storia. Secondo Meloni il partito di Almirante ha avuto un ruolo nel combattere la violenza politica. Le cronache e le sentenze raccontano una cosa assai diversa

 

 

La matrice: dieci e più storie che legano il Msi alle stragi

Almirante durante un comizio di Msi a Milano foto Ansa

 

 

 

Le radici di Fratelli d’Italia affondano nella storia del Msi. Un concetto ribadito tanto da Meloni quanto dal presidente del senato La Russa. Quest’ultimo nel giugno scorso ha affermato che la fiamma nel simbolo di FdI «è rimasta come segno di continuità dal Msi».

 

Nel dicembre 2022 Meloni aveva invece dichiarato che il partito degli ex collaborazionisti di Salò avrebbe «avuto un ruolo molto importante nel combattere la violenza politica e il terrorismo».

 

È questo il punto centrale dello scontro con Paolo Bolognesi.

 

Il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna ha affermato che, come indicano le ultime sentenze, «le radici» dell’attentato «affondano nella storia del postfascismo italiano. In quelle organizzazioni nate dal Msi negli anni cinquanta: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale». Radici che «oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo».

 

Da quel momento si è scatenata un’aggressione mediatica che, aperta dall’attacco di Meloni, si è ben guardata dall’entrare nel merito, utilizzando il collaudato metodo della delegittimazione. Così i megafoni-stampa governativi lo hanno accusato di strumentalizzazione e attacchi ingiustificati nonché di essere stato parlamentare del Pd (come se questo cancellasse la storia della sua famiglia colpita o ne dovesse censurare la parola).

L’uscita di Federico Mollicone contro la verità storica sulla strage ha chiuso il cerchio.

 

Vediamo, con i riscontri documentali e giudiziari, quale questione ha posto Bolognesi.

 

 

 

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Paolo Bellini, principale imputato nell’ultimo processo di Bologna, ha affermato in aula che dal 1972 era «infiltrato – in Avanguardia Nazionale – per conto di Almirante.

Lo scopo era informarsi per vedere e capire se c’erano persone facinorose e collegamenti con l’estremismo. Se si fosse arrivati al terrorismo io sarei dovuto arrivare fino a là».

Il problema è che ieri Bellini «l’infiltrato» era in contatto diretto con i vertici del Msi e oggi Bellini l’imputato è condannato in appello come esecutore della strage. Insieme a lui le carte d’archivio discusse a processo hanno individuato Mario Tedeschi, senatore del Msi, come uno dei depistatori/mandanti dell’eccidio alla stazione.

 

Non sono solo questi i personaggi che rappresentano le radici di cui parla Bolognesi.  Carlo Maria Maggi, esponente di Ordine Nuovo, rientrò nel 1969 nel Msi seguendo il suo capo Pino Rauti. Fu membro del Comitato centrale del partito e candidato al parlamento nelle elezioni del 1972. È stato condannato per la strage di Brescia del 28 maggio 1974.

 

Anche Paolo Signorelli seguì Rauti e tornò nel Msi nel Comitato centrale.Vi rimase fino al 1976.

È stato condannato per banda armata e assolto per la strage di Bologna e per gli omicidi dei giudici Mario Amato e Vittorio Occorsio.

Suo nipote, omonimo del nonno, era fino a poche settimane fa il capo ufficio-stampa del ministro Francesco Lollobrigida (cognato della premier e marito della capo-organizzazione di Fratelli d’Italia, Arianna Meloni).

Signorelli junior si è dimesso dopo il caso delle telefonate con Fabrizio Piscitelli (ultras e narcotrafficante ucciso il 7 agosto 2019) insieme al quale si produceva in insulti antisemiti.

 

Carlo Cicuttini era il segretario della sezione del Msi di Manzano al momento della partecipazione alla strage di Peteano che uccise tre carabinieri. Cicuttini li aveva attirati sul luogo dell’attentato con una telefonata alla locale caserma.

Il Msi, lo mostrano le carte dell’inchiesta del giudice Casson, raccolse 32.000 dollari per farlo operare alla corde vocali nel timore che venisse identificato dalla voce registrata dai militari. Almirante, rinviato a giudizio per favoreggiamento, evitò il processo avvalendosi di un’amnistia prima dell’inizio del dibattimento.

Dal Msi si staccarono figure chiave della stagione eversiva come Stefano Delle Chiaie (fondatore di AN) o Franco Freda e Delfo Zorzi entrambi processati per la strage di piazza Fontana. Il primo riconosciuto capo del gruppo ordinovista veneto responsabile del massacro del 12 dicembre 1969, il secondo assolto.

 

Giuseppe Dimitri (scomparso in un tragico incidente) fu dirigente di AN e Terza Posizione (TP). responsabile di un deposito di armi a Roma condiviso con i NAR di Fioravanti e Mambro fu condannato per banda armata. Divenne consulente del ministro per l’agricoltura Gianni Alemanno.

 

L’ex dirigente di TP, Marcello De Angelis (condannato per banda armata, poi parlamentare di Alleanza nazionale) l’anno scorso fu protagonista di un’uscita pubblica sulla strage di Bologna che gli costò il posto di portavoce della Regione Lazio guidata da Rocca.

Il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano ha chiamato come suo capo della segreteria tecnica Emanuele Merlino, figlio di quel Mario Merlino protagonista delle inchieste per la strage di piazza Fontana, poi assolto definitivamente.

 

La foto della presidente della Commissione antimafia Chiara Colosimo con il terrorista di Bologna Luigi Ciavardini è ormai nota. Sicuramente più della partecipazione, nel gennaio 2007, dell’allora senatore La Russa ai funerali del terrorista Nico Azzi che il 7 aprile 1973 tentò una strage sul treno Torino-Roma e fornì le bombe a mano che cinque giorni dopo uccisero il poliziotto Antonio Marino durante un corteo del Msi a Milano.

 

Sono queste le «radici che non gelano» che Bolognesi ha indicato. E con queste si devono fare i conti.

 

 

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DI DAVIDE CONTI

Copertina del libro Fascisti contro la democrazia di Davide Conti

Davide Conti

Fascisti contro la democrazia

Almirante e Rauti alle radici della destra italiana 1946-1976

novembre 2023
Passaggi Einaudi
pp. XIV – 330
€ 19,00

Almirante e Rauti furono gli animatori di una comunità fortemente ostile alla radice fondativa della democrazia. E sono il punto d’origine di una certa destra contemporanea.

 

 

dalla Casa Editrice. la lettura+++ in anteprima del capitolo primo

ESTRATTO

https://www.einaudi.it/content/uploads/2023/11/Pagine-da-INT_conti_davide_fascisti_contro_la_democrazia.pdf?x20243

 

 

 

segue da LEFT -21 FEBBRAIO 2024


https://left.it/2024/02/21/quella-matrice-neofascista-della-destra-a-colloquio-con-lo-storico-davide-conti/

 

Quella matrice neofascista della destra. A colloquio con lo storico Davide Conti

Di
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INTERVISTA ALLO STORICO CONTI

 

Almirante e Rauti, biografie parallele. Lo storico le ricostruisce nel suo nuovo libro “Fascisti contro la democrazia”, tratteggiando il profilo identitario di una comunità politica «che ha come obiettivo la fine della Costituzione nata dalla Resistenza»

 

Nel suo ultimo libro Fascisti contro la democrazia (Einaudi) lo storico Davide Conti,
uno dei massimi esperti dello stragismo in Italia, ci offre una ricostruzione minuziosa delle biografie politiche di Giorgio Almirante e Pino Rauti. Il libro di Conti si configura come una lettura del nostro recente passato connessa all’interpretazione del presente.

Davide Conti, come è stato possibile, a meno di due anni dalla Liberazione, che in Italia nascesse un partito annoverante fra le sue fila molti “uomini di Mussolini”, fra i quali anche alcuni iscritti nelle liste dei criminali di guerra stilate dalle Nazione Unite?
La nascita ufficiale del Msi il 26 dicembre 1946 ha rappresentato il segno dei mancati conti dell’Italia con la storia del fascismo. All’alba della Repubblica l’assunzione di responsabilità storico-politica della pesante eredità del regime venne completamente elusa tanto dalle classi dirigenti del Paese (principali responsabili dell’avvento della dittatura) quanto da quell’opinione pubblica che, specialmente nella piccola e media borghesia, aveva consegnato a Mussolini un largo consenso. Questa rimozione si unì al quadro geopolitico della Guerra fredda in chiave anticomunista e alla «mancata Norimberga italiana», ovvero all’impunità garantita ai criminali di guerra fascisti dagli stessi Alleati anglo-americani, creando le condizioni per la nascita di un soggetto politico ostile in radice ai valori fondativi della nostra democrazia costituzionale.

Perché un libro su Almirante e Rauti?
Almirante e Rauti rappresentano due anime centrali del neofascismo. Insieme a Pino Romualdi, artefice della nascita del Msi, e Arturo Michelini, segretario missino dal 1954 al 1969, incarnano il profilo identitario dei «fascisti in democrazia» ovvero di una comunità politica che si pone come obiettivo strategico la fine della Costituzione nata dalla Resistenza. Almirante e Rauti saranno i principali oppositori della linea «moderata» di Michelini. Il primo rimase nel partito aggregando tutte le componenti estremiste «antisistema». Il secondo nel 1956 promosse una scissione da cui nacque il gruppo Ordine Nuovo. È significativo che Rauti rientri nel Msi solo nel novembre 1969, all’indomani dell’elezione di Almirante segretario e a poche settimane dalla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 realizzata da uomini del gruppo di Ordine Nuovo non reinseritisi nel

L’affermazione della presidente Meloni «il Msi è stato un partito della destra repubblicana» esaurisce la descrizione di quel partito?
La rappresentazione di un Msi che ha partecipato a passaggi della vita repubblicana fa parte della retorica neo e post fascista che cerca di presentare quel soggetto politico come elemento interno alla democrazia. Al contrario, al netto dei tentativi di «inserimento» (secondo la linea adottata da Michelini) i missini presentarono sé stessi e la loro radice ideologica come «alternativa di sistema» cioè come alternativa e disconoscimento della Costituzione repubblicana.

Il libro cita i due convegni di Roma del 1961 e 1965 (fra esponenti della Nato, ufficiali italiani, dirigenti del Msi e membri di formazioni di destra) che ebbero lo scopo di ammodernare la guerra al comunismo con le tattiche di “controinsorgenza”, “stati maggiori allargati” ai civili, “conquista delle menti”. La stagione delle stragi inizia pochi anni dopo e dal 1969 al 1974 in Italia ci furono ben 2.134 attentati…
Il convegno del 1965 segna un punto di svolta per l’estrema destra. I due precedenti consessi Nato di Roma e Parigi del 1960 e 1961 non avevano ancora registrato, pur elaborando nuove e articolate misure anticomuniste di «guerra non ortodossa», la presenza organica dei neofascisti. Nel convegno del 1965 la presenza di Rauti e Giannettini rappresenta l’inclusione, in ambito Nato, dell’estrema destra nella battaglia contro il comunismo. Gli anni delle stragi realizzate dai neofascisti (protetti da alti esponenti delle istituzioni dello Stato) sono la risultante della condizione della democrazia italiana, ovvero un sistema «bloccato» in ragione del vincolo esterno (l’appartenenza dell’Italia all’Alleanza atlantica) che non permette al Pci, uno dei partiti fondatori della Repubblica nonché la principale forza di opposizione che arriverà a rappresentare un italiano su tre, di partecipare e concorrere democraticamente alla guida del Paese

 

 

IL SEGUITO, A CHI INTERESSA , E’ NEL LINK DI LEFT CHE RIPETIAMO:

https://left.it/2024/02/21/quella-matrice-neofascista-della-destra-a-colloquio-con-lo-storico-davide-conti/

 

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1 risposta a DAVIDE CONTI -La matrice: dieci e più storie che legano il Msi alle stragi. Secondo Meloni il partito di Almirante ha avuto un ruolo nel combattere la violenza politica. Le cronache e le sentenze raccontano una cosa assai diversa –IL MANIFESTO 6 AGOSTO 2024 + altro

  1. DONATELLA scrive:

    Importante questo lavoro storico che chiarisce la falsità sostanziale del racconto che fa di se’ la destra attualmente al potere.

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