La ragazza di Gladio e altre storie nere. La trama nascosta di tutte le stragi
Ha la forza di un romanzo storico e la trama avvincente di un giallo, ma descrive la realtà: questo libro racconta tutta la verità (dimostrata nei processi) sulle stragi nere che hanno insanguinato l’Italia dal 1969 al 1980 e sulla strategia di terrorismo mafioso che ha continuato a colpire dal 1984 al 1993. In queste pagine ci sono tutti (e solo) i fatti certi e incontestabili, comprovati dalle sentenze definitive, sulla bomba del 12 dicembre 1969 in Piazza Fontana, il massacro del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, l’eccidio del 23 dicembre 1984 sul Rapido 904, la notte delle autobombe del 27 luglio 1993 e tutti gli altri attentati che per venticinque anni hanno condizionato la nostra storia, tra criminalità e terrorismo politico. Al centro del racconto c’è la testimonianza straordinaria (riportata solo nelle parti già riscontrate) di una donna che ha vissuto dall’interno le trame nere e può offrirne uno spaccato unico: è come un filo d’Arianna, che ci guida nei labirinti dell’eversione svelando le reti di controllo e di collegamento fra tutti gli attentati. «La ragazza di Gladio» spiega la premessa, «è una testimone importante nei processi sulla strage di Brescia, che sono ancora in corso. È una donna che custodisce molti segreti del terrorismo neofascista e, cinquant’anni dopo, ha ancora paura.» Oggi hanno un nome almeno alcuni dei responsabili dell’eccidio del 28 maggio 1974, mezzo secolo fa, e di molti altri attentati. Non è vero che le stragi sono un mistero, e questo libro lo dimostra. C’è una verità storica e giudiziaria che i cittadini, anche i più giovani, hanno diritto di conoscere. Una storia di terroristi neri, servizi deviati, depistaggi piduisti e bombe mafiose che è il grande segreto, o la cattiva coscienza, di una nazione senza memoria.” Prefazione di Benedetta Tobagi.
10 MAGGIO 2024
RECENSIONE DA IL FATTO QUOTIDIANO – link
Le stragi nere? Misteriose ma non troppo. Nel libro di Biondani tutte le verità inconfutabili sulla strategia della tensione
In “La ragazza di Gladio” (Fuori Scena), il cronista giudiziario dell’Espresso setaccia decine di migliaia di atti giudiziari per isolare esclusivamente i fatti comprovati in giudizio e suffragati da documenti, riscontri, testimonianze, confessioni. Da Piazza Fontana alla stazione di Bologna fino alle bombe mafiose del 1992-93, ecco le responsabilità accertate, fra neofascisti, servizi segreti e strutture della Nato
C’è una verità storica, precisa e inconfutabile, sulle stragi della strategia della tensione. Solo che non è facile da afferrare. Bisogna ripartire dai singoli fatti, quelli che sono stati accertati con riscontri, documenti, testimonianze, persino, in rari casi, confessioni. Bisogna leggere le sentenze, tutte, fino ai verdetti definitivi. E isolare i fatti che risultano comprovati in tutti i gradi di giudizio. Le verità innegabili. Che ci sono. Ci sono per la strage di Piazza Fontana del 1969, per Piazza della Loggia del 1974 (nella foto), per Peteano del 1972, per Bologna del 1980. Ci sono per una miriade di altri attentati, di varia gravità, di quegli anni. Ci sono anche per le stragi mafiose del 1992-1993.
È questo il lavoro prezioso che fa Paolo Biondani, giornalista giudiziario dell’Espresso, nel libro “La ragazza di Gladio e altre storie nere: la trama nascosta di tutte le stragi”, pubblicato da Fuori Scena, con la prefazione di Benedetta Tobagi. Setacciando decine di migliaia di pagine di atti processuali, Biondani lascia da parte le suggestioni e le ipotesi, per isolare elementi di verità che non possono più essere smentiti. E che messi insieme, danno una chiave di lettura univoca su cosa fu la strategia della tensione.
BRESCIA
Per esempio, sugli 8 morti e 102 feriti della bomba esplosa in Piazza della Loggia a Brescia, a una manifestazione antifascista, il 28 maggio 1974, c’è addirittura una firma autografa, quella di Ermanno Buzzi, neofascista bresciano tatuato con la scritta “SS“. Sua la macchina da scrivere dei due volantini di rivendicazione (la strategia di attribuire la colpa ai “rossi” era ormai screditata). Sua la firma rimasta calcata su uno di questi volantini, probabilmente perché il neofascista aveva sbadatamente siglato un foglio appoggiato sopra la rivendicazione. Condannato all’ergastolo in primo grado, probabilmente deciso a fare qualche ammissione, finirà massacrato dai terroristi neri Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel carcere di Novara, 48 ore dopo un trasferimento che aveva disperatamente cercato di evitare. Il verdetto definitivo, per lui, lo danno direttamente i camerati.
PIAZZA FONTANA
La verità sulle stragi è faticosa anche perché spesso l’accertamento di singoli fatti è spezzettato in indagini diverse, così la prova del nove può emergere molti anni dopo la conclusione dei processi. Valga per tutti la mole di elementi accumulati contro gli estremisti di destra Franco Freda e Giovanni Ventura solo dopo la loro assoluzione definitiva per la strage di Piazza Fontana. Anche per Brescia vale la stessa regola.
ITALICUS
Sono i magistrati che indagano sulla strage del treno Italicus (4 agosto 1974, 16 morti e 267 feriti) a poter accertare solo negli anni Ottanta che il Sid, il servizio segreto militare, aveva un informatore tra i neofascisti veneti. Il quale, fra il 1973 e il 1974, spiava le riunioni e riferiva progetti stragisti mentre era in preparazione la bomba di piazza della Loggia. Ma invece di intervenire,scrive Biondani, i servizi “lasciavano fare gli attentati”.
Se oggi, per pura ipotesi fantagiudiziaria, si aprisse un processo sulla complicità di alti ufficiali dei nostri servizi segreti, ma anche di poliziotti e carabinieri e uomini delle Forze armate, le prove sarebbero macigni.
foto da:
http://www.altriconfini.it/2013/05/quei-misteri-irrisolti-della-strage-di-peteano/
PETEANO
Peteano, l’autobomba dopo l’esplosionecarabinieri (il brigadiere Antonio Ferraro, i carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni) e il ferimento di altri due (il tenente Angelo Tagliari e il brigadiere Giuseppe Zazzaro).
https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Peteano
A Peteano ( frazione di Sagrado- Gorizia ), per dire, furono tre carabinieri a depistare le indagini per cercare di salvare gli autori della strage, neofascisti di Ordine nuovo, nonostante le vittime fossero loro commilitoni, ammazzati a casaccio con un’autobomba (3 morti e 2 feriti). Un maresciallo confesserà la falsificazione dei verbali, e il processo per i depistaggi si chiuderà con le condanne definitive di due superiori, un colonnello e un generale. Uno degli autori della strage, Carlo Cicuttini, era segretario della sezione dell’Msi nel suo paese in provincia di Gorizia.
” MISTERI ITALIANI “
GIANFRANCO BERTOLI
Altro fatto documentato: il centro Sid di Padova distrugge tutta la documentazione in suo possesso su Bertoli tre anni dopo che quest’ultimo aveva confessato la strage.
A Gladio, o più probabilmente a un suo sottogruppo, a una struttura ancora più segreta decisa a combattere la sinistra italiana senza aspettare un’eventuale invasione sovietica, portano molti fili delle storie raccontate nel libro. Compresa la sequela di arsenali clandestini di armi da guerra ed esplosivi riconducibili a uomini in divisa ed estremisti neri, a cui Biondani dedica un originale approfondimento.
A proposito, chi è la ragazza di Gladio che dà il titolo al libro? Oggi è una signora benestante, ma in quegli anni neri è stata protagonista di un caso emerso solo in tempi recenti nell’ennesimo procedimento ancora aperto su piazza della Loggia.
Nel 1974 ha 17 anni, si dichiara ardentemente fascista come il suo fidanzato 21enne, Silvio Ferrari. Che muore a Brescia, dilaniato da una bomba che lui stesso stava trasportando, nove giorni prima della strage. Ai magistrati, cinquant’anni dopo, sta raccontando una storia sconcertante, che dovrà essere vagliata in tribunale, ma è già ora suffragata da riscontri oggettivi non banali. Ancora minorenni, lei e il fidanzato avrebbero partecipato a riunioni segrete in una caserma, alla presenza di alcuni militari e di pochi selezionati terroristi neri, tutti giovanissimi, coordinate con piglio deciso da Francesco Delfino, l’alto ufficiale dei servizi e dei carabinieri deceduto nel 2014, dopo essere stato coinvolto in mille trame.
AMOS PIAZZI