REDAZIONE DI ANTIQUITATES ITALICAE — ( storia di) Il Liber linteus Zagrabiensis: un manoscritto etrusco per avvolgere una mummia egizia- + Massimo Pittau, linguista e glottologo italiano, studioso della lingua etrusca, della lingua sarda e protosarda.

 

 

 

11 maggio 2020 – Redazione

Il Liber linteus Zagrabiensis: un manoscritto etrusco per avvolgere una mummia egizia

 

 

 

Il Liber linteus Zagrabiensis: un manoscritto etrusco per avvolgere una mummia egizia

 

Quando verso la metà dell’Ottocento il collezionista croato Mihail de Barić riportò in patria dall’Egitto alcuni oggetti antichi tra cui una mummia, non poteva di certo immaginare che sopra le bende del reperto vi fosse un testo etrusco: il cosiddetto Liber linteus Zagrabiensis.

 

 

Liber_linteus_

Una parte del Liber linteus

 

 

Si tratta del più lungo testo etrusco conosciuto fino a questo momento, nonché l’unico di carattere librario.

 

La storia a noi nota della mummia e delle sue bende inizia tra 1848/49 quando furono acquistate in Egitto dal nobile Barić, scrittore della Regia Cancelleria Ungherese. Quest’ultimo tornato dal viaggio, conservò la mummia, ancora avvolta dalle bende, insieme al resto della sua collezione, in una delle sue case al centro della città di Vienna, al n. 728 di Am alten Fleisch markt. La mummia era esposta stante (eretta) e fissata a una spranga di ferro, in una vetrina verticale addobbata da tendaggi.

 

Una nipote di Barić , Th. Jellinek, raccontò nel 1891 a Jacob Krall, primo editore del testo sulle bende, d’aver visto il volto infantile della mummia: ciò testimonia che da un certo momento Barić avesse iniziato a liberarla dalle bende; operazione che completò sicuramente prima di morire, in quanto nel 1859 la mummia e le bende erano custodite in due teche distinte.

 

Alla morte di Barić, erede universale ne fu la nipote, ed esecutore testamentario il fratello Ilija, subarcidiacono di Golubinci (un paese della diocesi di Djacovo).

 

Come si apprende da un documento redatto da Ilija Barić, datato 14 dicembre 1861, le volontà del fratello Mihail erano quelle di cedere il reperto all’Accademia Jugoslavia (allora non formalmente istituita) oppure, se questa sede si fosse dimostrata inadeguata, il destinatario alternativo sarebbe stato il Museo Nazionale di Zagabria.

 

Fu proprio quest’ultimo ad accogliere i reperti, che fino all’estate del 1862 si trovavano ancora nell’appartamento di Vienna del defunto Mihail; essi furono trasportati a Zagabria all’interno di alcune casse, per mezzo della ferrovia.

 

 

la mummia nel museo di zagabria

Una parte del Liber linteus

 

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NOTA :

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” Anche da parte di individui di elevata cultura umanistica si parla spesso del “mistero della lingua etrusca” oppure della “Sfinge Etrusca”.

E questa sarebbe l’ovvia conseguenza del fatto che l’etrusco sarebbe “una lingua del tutto isolata e differente dalle altre, una lingua non confrontabile né collegabile con nessun’altra”. Senonché si deve affermare con tutta sicurezza che si tratta solamente di un “luogo comune”, anzi di due “luoghi comuni”, tanto diffusi fra la gente, quanto del tutto infondati…. ”  ( M. P. / Introduzione alla lingua etrusca )

Quotidiano Honebu di Storia e Archeologia: Il termine etrusco HEVA: “marito”, di Massimo Pittau

MASSIMO PITTAU (Nuoro, 6 febbraio 1921 – Sassari, 20 novembre 2019) 

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Nel noto commentatore di Virgilio, il grammatico Servio (ad Aen., XI 567), troviamo citata\ una frase di Catone: «L’Italia era stata quasi tutta sotto il dominio degli Etruschi» (In Tuscorum iure paene omnis Italia fuerat). Tito Livio (I 2; V 33) inoltre parla della potenza, della ricchezza e della fama degli Etruschi, in terra e in mare, dalle Alpi allo stretto di Messina.In linea di fatto, al di fuori del territorio dell’antica Etruria, che si estendeva dalla costa del Mar Tirreno settentrionale ai confini dei due fiumi Arno e Tevere, numerosi dati documentari, archeologici, epigrafici e storici assicurano l’espansione del loro dominio, a Sud fino al Latium vetus (Roma, Terracina) e alla Campania (Capua), a Nord fino all’Emilia (Felsina/Bologna, Modena), al Veneto (Adria, Spina), fino a Mantova e all’Alto Adige (Bolzano, Bressanone, Laives, Varena, Varna, Velturno, Vipiteno, ecc.). Questi dati documentari inoltre dimostrano l’ampia penetrazione che gli Etruschi fecero anche al di là del fiume Po, sin nel cuore delle Alpi, di certo alla ricerca di giacimenti di minerali ed inoltre di nuove vie di passaggio per i loro commerci, ma pure perché costretti dalla pressione dei nuovi invasori Celti o Galli a rifugiarsi in Alto Adice o Raetia.

La documentazione epigrafica poi va molto al di là di questi già vasti confini di espansione politica, dato che iscrizioni etrusche sono state rinvenute nel Sud anche a Pontecagnano al confine estremo della Campania e nel Nord a Piacenza e nell’antica ‘grande Liguria’. E poi ulteriormente fuori dell’Italia, a Marsiglia, in Corsica, in Tunisia e alcune in Sardegna. A proposito delle iscrizioni etrusche, va ricordato e tenuto ben presente il fatto che sono stati gli Etruschi a introdurre la scrittura in Italia (escluse la Magna Grecia e la Sicilia), insegnandola ai Romani, agli Umbri, ai Veneti e lasciandola in eredità ai Raeti.

Ebbene, questa larga espansione geografica della scrittura degli Etruschi, molto al di là del loro dominio politico e coloniale, è dimostrata ampiamente e chiaramente dai risultati effettivi che io ritengo di avere acquisito con lo studio dei relitti della lingua etrusca, rimasti sia nel lessico della lingua italiana e dei suoi dialetti, sia nella denominazione di numerosi e importanti toponimi italiani…..Anche da parte di individui di elevata cultura umanistica si parla spesso del “mistero della lingua etrusca” oppure della “Sfinge Etrusca”.

E questa sarebbe l’ovvia conseguenza del fatto che l’etrusco sarebbe “una lingua del tutto isolata e differente dalle altre, una lingua non confrontabile né collegabile con nessun’altra”. Senonché si deve affermare con tutta sicurezza che si tratta solamente di un “luogo comune”, anzi di due “luoghi comuni”, tanto diffusi fra la gente, quanto del tutto infondati….

 

Massimo Pittau– (Nuoro, 6 febbraio 1921 – Sassari, 20 novembre 2019) è stato un linguista e glottologo italiano, studioso della lingua etrusca, della lingua sarda e protosarda. Ha pubblicato numerosi studi sulla civiltà nuragica e sulla Sardegna storica. Le sue posizioni riguardo al dialetto nuorese (massima conservatività nell’ambito romanzo) sono vicine a quelle del linguista Max Leopold Wagner con cui è stato in rapporto epistolare. Nel 1971 è entrato a far parte della Società Italiana di Glottologia e circa 10 anni dopo nel Sodalizio Glottologico Milanese. Per le sue opere ha ottenuto numerosi premi.

 

 

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