Pietro Secchia Nuovo– link sotto — LA STORIA SIAMO NOI .. / 04 luglio 1941 — LA STRAGE DI LEOPOLI– grazie ! + due libri e qualche foto

 

 

 

bellissime foto di Liviv — come saranno adesso luglio 2024 ? anche se la città è stata, per quel poco che sappiamo, più risparmiata di altre

 

 

Lemberg: Florenz des Ostens - [GEO]

Se guardi Leopoli dall’alto, ricorda Firenze in Italia con la cupola della cattedrale e i campanili

©Viktor/Fotolia

foto GEO

 

 

Veduta aerea del centro storico di Leopoli, Ucraina – Foto stock

Cathedral, Church, City, Cityscape, Summer

un’altra foto di LVIV

Veduta aerea del centro storico di Leopoli, Ucraina

 

Vecchia strada nel centro di Leopoli

Vecchia strada nel centro di Leopoli – LVIV

 

 

 

FACEBOOK — PIETRO SECCHIA NUOVO

4 LUGLIO 2024 — ore 20.27

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La Storia siamo noi…

04/07/1941, la strage di Leopoli ( Lvov ).

 

 

I nazisti compiono l’efferato omicidio di 25 intellettuali e scienziati polacchi residenti nella città occupata di Lvov.

Nel luglio 1941 venticinque accademici polacchi della città di Leopoli (oggi in Ucraina) furono uccisi dalle forze di occupazione naziste con i loro complici.

Come loro pratica comune, i nazisti, prendendo di mira eminenti cittadini ed intellettuali speravano di impedire attività resistenziali e quindi d’indebolire il movimento di resistenza polacco.

Secondo un testimone oculare le esecuzioni furono fatte da un’unità delle Einsatzgruppen (Einsatzkommando zur besonderen Verwendung) sotto il comando dello SS-Brigadeführer Karl Eberhard Schöngarth con la partecipazione attiva di traduttori ucraini (banderisti), che indossavano uniformi tedesche.

Prima del settembre 1939 e dell’invasione dell’esercito hitleriano della Polonia,

Leopoli ( allora città polacca), contava 318 000 abitanti di diversi gruppi etnici e religiosi, di questi, il 60% dei quali erano polacchi, il 30% ebrei e circa il 10% ucraini e tedeschi.

Leopoli era uno dei più importanti centri culturali della Polonia dell’anteguerra, tant’è vero che in seno alla città, oltre all’Università vi era presente il Politecnico ed un’accademia specializzata nella preparazione dei funzionari del settore commercio estero.

In città, abitavano intellettuali polacchi ed ebrei polacchi, attivisti politici ed animatori culturali, scienziati e membri dell’intellighenzia della Polonia del periodo interbellico.

Dopo l’arrivo dei sovietici, l’Università di Leopoli fu ribattezzata in onore di Ivan Franko, un’importante figura letteraria ucraina vissuta a Leopoli e la lingua d’istruzione, il polacco gli venne affiancato anche l’ucraino.

Dopo l’avvio dell‘operazione Barbarossa, Leopoli fu occupata dalle forze tedesche nel giugno 1941.

Insieme alle unità tedesche della Wehrmacht, numerose formazioni dell’Abwehr e delle SS entrarono in città.

Durante l’occupazione nazista, quasi tutti i 120 000 abitanti ebraici della città furono uccisi, dentro il ghetto cittadino o nel campo di sterminio di Bełżec, alla fine della guerra, solo 200–800 ebrei sopravvissero.

Per controllare la popolazione i cittadini gli intellettuali, particolarmente ebrei e polacchi, furono o confinati nei ghetti o trasportati nei siti di esecuzione, come la prigione della Gestapo in via Pełczyńska, la prigione di Brygidki, l’ex prigione militare a Zamarstynów e nei campi circostanti la città — nel sobborgo di Winniki, sulle colline Kortumówka e nel cimitero ebraico.

Molti degli uccisi erano eminenti esponenti della società polacca: politici, artisti, sportivi, scienziati, sacerdoti, rabbini e altri membri dell’intellighenzia.

L’omicidio di massa, perpetrato dai nazisti (fatto salvo le genti di etnia ebrea), rientrava in una logica preventiva utile nel mantenere la resistenza polacca frammentata ed assolutamente non in grado d’infastidire l’occupante hitleriano.

Altro non era, che la continuazione diretta della famigerata Ausserordentliche Befriedungsaktion, uno dei primi stadi del Generalplan Ost, politiche anti slave, iniziate con la campagna tedesca contro l’URSS.

Uno dei primi crimini nazisti compiuti a Leopoli, fu l’omicidio di massa dei professori polacchi, con loro, anche alcuni dei loro parenti e ospiti, compiuto all’inizio del luglio 1941.

Brevemente, già dal 2 luglio 1941 erano in corso esecuzioni individuali pianificate.

Alle tre di notte, tra il 02 ed il 03/07/1941, il prof. Kazimierz Bartel fu arrestato da uno degli Einsatzgruppen operanti nell’area.

Nella notte fra il 3 e il 4 luglio, parecchie dozzine di professori e le loro famiglie furono arrestate dai distaccamenti tedeschi (quest’ultime consistenti di un ufficiale, soldati e guide ed interpreti ucraini).

Le liste furono preparate da complici nazionalisti ucraini, per la verità, in un secondo momento si venne alla conoscenza che queste liste di proscrizione, vennero compilate dai loro studenti ucraini, quest’ultimi, quasi sempre associati all’OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini).

Tale organizzazione, di fatto, altro non era che un partito politico nazionalista e fascista fondato nel 1929 da esuli ucraini anticomunisti e anti-russi nella città di Vienna.

A questo riguardo, dall’aprile 1941, la frangia dell’OUN sostenitrice di Stepan Bandera (OUN-B) si avvicinò molto all’ideologia del fascismo italiano e successivamente questi nazionalisti, abbracciarono senza alcun problema i dettami dell’ideologia hitleriana.

Tornando alla strage dei professori, quelli menzionati nelle liste degli studenti ucraini, alcuni di loro alla data del 04/07/1941, di fatto erano già morti.

Nello specifico, i professori Adam Bednarski e Roman Leszczyński.

I detenuti ancora in vita, furono trasportati al dormitorio di Abrahamowicz, dove prima di essere giustiziati, furono torturati e interrogati.

Nel primo mattino del 4 luglio, uno dei professori e la maggior parte delle persone del suo nucleo famigliare arrestate con lui, furono liberati, mentre i restanti furono o portati sulle colline Wulka per essere giustiziati, oppure uccisi, sparando loro nel cortile dell’edificio Bursa Abrahamowiczów.

Secondo gli storici polacchi, le vittime non erano in alcun modo coinvolte nella politica.

Dagli studi effettuati, dopo la fine del conflitto mondiale, su approssimativamente 160 professori polacchi che vivevano a Leopoli nel giugno 1941, i professori scelti per l’esecuzione, erano specificamente quelli che in qualche modo avevano cooperato attivamente con i sovietici tra il 1940 e il 1941.

La decisione di effettuare la strage, fu presa al più alto livello delle autorità del terzo Reich.

Il responsabile diretto, in merito al massacro fu il comandante della Sicherheitspolizei (Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD – BdS) nel Governatorato Generale del Distretto di Cracovia, il Brigadeführer Karl Eberhard Schöngarth.

Parteciparono anche i seguenti ufficiali della Gestapo: Walter Kutschmann, Felix Landau, Heinz Heim (Capo di Staff Schöngarth), Hans Krueger (Krüger) e Kurt Stawizki.

Nessuno di loro fu mai punito per il ruolo avuto nel massacro di Leopoli.

Mister Kutschmann, visse sotto falsa identità in Argentina fino al gennaio 1975, quando fu trovato e smascherato dal giornalista Alfredo Serra.

Fu arrestato, dieci anni dopo nella città argentina di Florida da agenti dell’Interpol, tuttavia, morì di attacco cardiaco in carcere prima di essere estradato, il 30 agosto 1986.

Testimoni oculari, sostengono che membri degli ausiliari ucraini del Battaglione Nachtigall fossero i veri responsabili degli omicidi.

Tuttavia, Stanisław Bogaczewicz, dell’Istituto della Memoria Nazionale, affermò che i soldati del Nachtigall presero parte agli arresti, ma non agli omicidi.

Il sociologo Tadeusz Piotrowski notò che, sebbene il ruolo dei Nachtigall sia contestato, essi erano presenti in città durante gli eventi, che le loro attività non sono adeguatamente documentate e che come minimo sono colpevoli della collaborazione sia attiva che passiva in questo evento.

Solo nel 1960, con l’aiuto delle autorità del governo locale sovietico (l’Ucraina era parte dell’Urss) la dott.ssa Helena Krukowska, vedova del prof. Włodzimierz Krukowski, fece appello al tribunale di Amburgo per avere giustizia in merito all’accaduto.

Dopo cinque anni il tribunale tedesco chiuse i procedimenti giudiziari.

Un pubblico ministero tedesco (risultato successivamente, legato all’associazione dei reduci nazisti) asserì che le persone responsabili del crimine erano già morte; tuttavia, l’SS-Hauptsturmführer Hans Krueger (scritto anche Krüger), comandante dell’unità della Gestapo che supervisionò i massacri a Leopoli nel 1941, era detenuto nella prigione di Amburgo.

Condanna che gli venne inflitta (l’ergastolo) per l’omicidio di massa di ebrei e polacchi a Stanisławów, commesso parecchie settimane dopo che la sua unità fu trasferita da Leopoli.

Ma come spesso avvenne, nei tribunali della Germania occidentale, il risultato del dibattimento, fu che nessuna persona interessata all’eccidio dei professori di Leopoli, sia mai stata ritenuta responsabile di questa atrocità.

Ricordo alle amiche ed agli amici, che negli ’70 del secolo scorso, Via Abrahamowicz a Leopoli fu rinominata Via Tadeusz Boy-Żeleński.

Varie organizzazioni polacche hanno fondato delegazioni per ricordare le vittime dell’atrocità con un monumento o una tomba simbolica a Leopoli.

Il caso dell’omicidio dei professori ancora oggi è sotto indagine da parte dell’Istituto della Memoria Nazionale.

Che nel maggio 2009 il monumento alle vittime di Leopoli fu sfregiato con vernice rossa recante le parole: “Morte ai Lach [Polacchi]” siglato dal simbolo dei nazionalisti ucraini.

Le vittime di questa efferata strage:

Prof. dr. Antoni Cieszyński, professore di stomatologia, (UJK);

Prof. dr. Władysław Dobrzaniecki, capo dell’organizzazione del Reparto di chirurgia, (PSP);

Prof. dr. Jan Grek, professore di medicina interna, (UJK);

Maria Grekowa, moglie del Prof. Jan Grek;

Prof. ass. dr. Jerzy Grzędzielski, capo dell’Istituto di oftalmologia, (UJK);

Prof. dr. Edward Hamerski, capo di medicina interna, (AWL);

Prof. dr. Henryk Hilarowicz, professore di chirurgia, (UJK);

Rev. dr. Władysław Komornicki, teologo, un parente della famiglia Ostrowski;

Eugeniusz Kostecki, marito della domestica del prof. Dobrzaniecki;

Prof. dr. Włodzimierz Krukowski, capo dell’Istituto di misurazione elettrica, (PL);

Prof. dr. Roman Longchamps de Bérier, capo dell’Istituto di diritto civile, (UJK);

Bronisław Longchamps de Bérier, figlio del prof. Longchamps de Bérier;

Zygmunt Longchamps de Bérier, figlio del prof. Longchamps de Bérier;

Kazimierz Longchamps de Bérier, figlio del prof. Longchamps de Bérier;

Prof. dr. Antoni Łomnicki, capo dell’Istituto di matematica, (PL);

Adam Mięsowicz, nipote del prof. Sołowij;

Prof. dr. Witołd Nowicki, preside della Facoltà di anatomia e patologia, (UJK);

Dr. med. Jerzy Nowicki, assistente all’Istituto di igiene (UJK), figlio del prof. Witołd Nowicki;

Prof. dr. Tadeusz Ostrowski, capo dell’Istituto di chirurgia (UJK);

Jadwiga Ostrowska, moglie del prof. Ostrowski;

Prof. dr. Stanisław Pilat, capo dell’Istituto di tecnologia del petrolio e dei gas naturali (PL);

Prof. dr. Stanisław Progulski, pediatra (UJK);

Andrzej Progulski, figlio del prof. Progulski;

Prof. dr. Roman Rencki, capo dell’Istituto di medicina interna (UJK);

Dr. med. Stanisław Ruff, capo del Dipartimento di chirurgia dell’Ospedale Ebraico;

Anna Ruffowa, moglie del dr. Ruff;

Ing. Adam Ruff, figlio del dr. Ruff;

Prof. dr. Włodzimierz Sieradzki, preside della Facoltà di medicina forense (UJK);

Prof. dr. Adam Sołowij, ex capo del Dipartimento di ginecologia e ostetricia del PSP;

Prof. dr. Włodzimierz Stożek, preside della Facoltà di matematica (PL);

Ing. Eustachy Stożek, assistente al Politecnico di Leopoli, figlio del prof. Włodzimierz Stożek;

Emanuel Stożek, figlio del prof. Włodzimierz Stożek;

Dr. Tadeusz Tapkowski, avvocato;

Prof. dr. Kazimierz Vetulani, preside della Facoltà di meccanica teorica (PL);

Prof. dr. Kacper Weigel, capo dell’Istituto delle misure (PL);

Mgr. Józef Weigel, figlio del prof. Kacper Weigel;

Prof. dr. Roman Witkiewicz, capo dell’Istituto dei macchinari (PL);

Prof. dr. Tadeusz Boy-Żeleński, scrittore e medico, capo dell’Istituto di letteratura francese;

Assassinati nel cortile della Bursa Abrahamowiczów, un’ex scuola a Leopoli, ora un ospedale:

Katarzyna Demko, insegnante di lingua inglese;

Dr. Stanisław Mączewski, capo del Dipartimento di ginecologia e ostetricia del PSP;

Maria Reymanowa, infermiera;

Wolisch (nome ignoto), commerciante ex funzionario statale.

Assassinati il 12 luglio:

Prof. dr. Henryk Korowicz, capo dell’Istituto di economia (AHZ);

Prof. dr. Stanisław Ruziewicz, capo dell’Istituto di matematica (AHZ).

Assassinati il 26 luglio nella Prigione di Brygidki:

Prof. dr. Kazimierz Bartel, ex Primo Ministro della Polonia, ex rettore del PL, presidente del Dipartimento di geometria (PL).

Legenda delle abbrevazioni:

UJK = Uniwersytet Jana Kazimierza (Università di Leopoli, ora Università nazionale Ivan Franko di Leopoli)

PSP = Państwowy Szpital Powszechny (Ospedale Pubblico Nazionale)

PL = Politechnika Lwowska (Politecnico di Leopoli)

AWL = Akademia Weterynaryjna we Lwowie (Accademia di scienze veterinarie)

AHZ = Akademia Handlu Zagranicznego we Lwowie (Accademia di commercio estero a Leopoli).

Nell’immagine postata, il monumento alle vittime della strage dei Professori a Breslavia (Polonia).

Il simbolo dell’ Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante monumento

 

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "ፈ"

 

 

 

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UN LIBRO CHE RIGUARDA UN’ALTRA CITTA’ POLACCA

 

I carnefici della porta accanto. 1941: il massacro della comunità ebraica di Jedwabne in Polonia - Jan T. Gross - copertina

 

I carnefici della porta accanto. 1941: il massacro della comunità ebraica di Jedwabne in Polonia

 

In un campo nei pressi di Jedwabne, una città del nordest della Polonia, c’è una targa che ricorda l’uccisione di 1.600 ebrei per mano della Gestapo e della polizia tedesca. Solo dopo sessant’anni si è scoperto invece che la targa racconta una parziale verità. Secondo una ricerca basata su diverse testimonianze oculari raccolte dall’autore, fu infatti il sindaco Marian Karolak a far radunare tutti gli ebrei nella piazza centrale della città dove ben presto vennero circondati da uomini armati che cominciarono a colpirli con pietre e bastoni. La polizia tedesca si limitò a fotografare il massacro. Un libro che apre un capitolo nuovo sulla responsabilità dei civili che in molti casi si rivelarono zelanti esecutori degli ordini tedeschi.

 

 

 

 

GARIWO : LA FORESTA DEI GIUSTI

 

https://it.gariwo.net/giusti/memoria/jan-tomasz-gross-24017.html

 

 

JAN TOMASZ GROSS (1947)

 

Lo storico che svelò il massacro degli ebrei di Jedbawne da parte dei polacchi

 

 

 

Nato a Varsavia, figlio di Hanna Szumańska (cattolica, membro della resistenza polacca, distintasi per il salvataggio di molti ebrei), e di Zygmunt Gross, ebreo, militante del Partito Socialista Polacco. A causa della campagna antisemita del 1968, scatenata dal potere comunista polacco, il giovane Gross emigrò negli Stati Uniti dove è stato Professore di Storia alla Princeton University e docente di Scienze Politiche alla New York Univeristy. Specialista dei rapporti tra polacchi ed ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.

La vicenda del massacro di Jedwabne, da lui ricostruita e coraggiosamente pubblicata, ne I carnefici della porta accanto (2001), suscitò in Polonia un putiferio di polemiche e violente accuse a Gross di antipatriottismo e menzogne verso i polacchi. Il suo libro ha invece contributo a togliere un velo di omertà che la storiografia ufficiale polacca ha sempre tentato di stendere (e ancora tenta) sul comportamento antisemita di molti polacchi.

La cittadina di Jedwabne si trova nelle vicinanze di Białystok, nella parte orientale della Polonia. Alla vigilia della Guerra vi abitavano 2167 persone, delle quali il 60% erano ebrei. Inizialmente Jedbawne fu invasa dai tedeschi, che bruciarono la Sinagoga, ma poi, in base al patto Ribbentrop-Molotov, passò sotto il controllo sovietico. Nel giugno del 1940, nelle sue vicinanze, fu annientato un gruppo di partigiani antisovietici: circa 250 vennero arrestati, alcuni furono uccisi, altri deportati in Siberia. I delatori erano stati dei polacchi, ma la gente sospettò gli ebrei. Il 23 giugno del 1941, la cittadina fu occupata di nuovo dai tedeschi. Il giorno seguente, i polacchi iniziano ad assassinare alcuni ebrei per strada. Alcuni anziani furono presi e torturati a morte e delle donne inseguite e bastonate bestialmente. Settantacinque tra i più giovani e robusti ebrei vennero costretti a portar via dalla piazza il pesante monumento a Lenin, eretto dai sovietici. Dovettero scavare, cantando, una fossa e buttarcelo dentro. Dopo anche loro vi furono gettati e sepolti. Lo sterminio di 1600 persone si concluse il 10 luglio. Capeggiati dal sindaco Karolak, nominato dai tedeschi, alcuni cittadini armati ammassarono gli ebrei superstiti (a eccezione di sette persone che furono nascoste da polacchi e riuscirono poi a fuggire). Li costrinsero a marciare in fila dietro al rabbino novantenne con una bandiera rossa. Li chiusero in un fienile e, dopo averlo cosparso di nafta, gli dettero fuoco. Poi andarono a cercare, per le case degli ebrei, gli eventuali scampati, tra i vecchi ammalati e i bambini.

Secondo la testimonianza di Julia Sokołowska “i tedeschi stavano a distanza e facevano foto che poi mostrarono per far vedere come i polacchi massacravano gli ebrei”. Quello che raccontano i testimoni è sufficiente. A compiere il massacro furono in pochi. Ma il resto degli abitanti “ridevano e facevano il tifo”, inseguivano gli ebrei che fuggivano e bloccavano loro la strada. Il prete Aleksander Dolegowski, al quale alcune donne ebree si rivolsero per chiedere un intervento che fermasse il massacro, disse che “tutti gli ebrei dai più giovani ai sessantenni sono comunisti e non ho nessun interesse a difenderli”. Il medico polacco Jan Mazurek si rifiutò di curare i feriti e fornire delle medicine agli ebrei che le chiedevano. Il principale artefice del pogrom venne poi fermato e ucciso dai nazisti per essersi impadronito di beni ebraici.

Ma la storia non finì lì. Nella primavera del 1945 vennero assalite e minacciate di morte due famiglie polacche (i Karwowski e i Wyrzykowski) ritenute colpevoli di aver nascosto e salvato i sette ebrei. L’ 8 gennaio del 1949 la polizia politica polacca arrestò 15 persone sospettate di essere gli artefici del pogrom. Nel processo, che si svolge il 16-17 maggio dello stesso anno, 11 persone vennero riconosciute colpevoli e condannate a pene tra i 5 e 15 anni, e uno (Karol Bardon) fu condannato a morte. Nel 1957 erano di nuovo tutti in libertà.

Agli inizi degli anni Sessanta, venne eretto un piccolo monumento (rimosso soltanto alcuni anni fa), nella piazzetta del paese, che ricordava “gli ebrei ammazzati dai nazisti”. L’iscrizione era firmata: “la società”. Un’ulteriore menzogna e una macabra offesa alle vittime: proprio “quella società” aveva massacrato gli ebrei! “Una vergogna nazionale” definì la vicenda di Jedwabne lo storico ed ex leader dell’opposizione Adam Michnik (“The New York Times”, 16/IV/2001).

LIBRI:

 Neighbors: The Destruction of the Jewish Community in Jedwabne, Poland (2001), trad it. I carnefici della porta accanto, Mondadori, Milano 2002;

– Golden Harvest (2011), trad. it. Un raccolto dell’oro. Il saccheggio dei beni ebraici (Einaudi, Torino 2016).

 

L’ALTRO  LIBRO DI GROSS– EINAUDI

 

 

Un raccolto d'oro. Il saccheggio dei beni ebraici - Jan Tomasz Gross,Irena Grudzinska Gross - copertina

Un raccolto d’oro. Il saccheggio dei beni ebraici

 

 

Tutto inizia da una fotografia di gruppo. A prima vista la scena appare familiare: contadini che si riposano dopo il lavoro della mietitura. Ma quando ci accorgiamo con orrore che il raccolto disposto ai piedi del gruppo è fatto di ossa e di teschi umani, il senso di smarrimento cresce. Si tratta di un raccolto di un genere molto differente. Il punto di partenza di “Un raccolto d’oro”, ritrae, effettivamente, un gruppo di persone sulla collina formata dalle ceneri degli ottocentomila ebrei gassati e cremati a Treblinka tra il luglio 1942 e l’ottobre 1943. L’occupazione di coloro che vediamo nella foto è quella di scavare tra i resti umani alla ricerca dell’oro e dei beni preziosi sfuggiti agli assassini nazisti. Anche a guerra finita, scavatori andavano alla ricerca di oggetti di valore delle vittime che i nazisti potevano aver tralasciato. La storia racchiusa in questa fotografia, scattata poco dopo la guerra, simboleggia il saccheggio dei beni ebraici che, nell’intero continente europeo, è andato di pari passo con la Shoah. La spoliazione degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale ha generato occasionalmente attenzione quando banche svizzere sono state forzate a produrre liste dei beni occultati o musei nazionali sono stati costretti a restituire opere d’arte trafugate. Ma il furto dei beni della popolazione ebraica europea non è stato appannaggio del solo regime nazista. Esso è stato perpetrato anche dalla popolazione locale, come quella ritratta nella fotografia.

 

 

 

Bundesarchiv Bild 101I-186-0160-11, Lemberg, Misshandlung eines Juden-
Lemberg, il matrattamento di un ebreo- giugno 1941

Lemberg è il nome tedesco di  Lvov – in italiano : Leopoli

 

 

Bundesarchiv Bild 101I-186-0160-12, Lemberg, Misshandlung eines Juden

 

Bundesarchiv Bild 101I-186-0160-13, Lemberg, Misshandlung eines Juden

 

 

Donna fugge da armati di mazze e da un “mercante di morte” la cui gamba sx si vede sul bordo sx della foto. Tra il 30.06 al 29..07.1941, “giornate Petlura” incoraggiate da SS, almeno 6000 ebrei polacchi massacrati a Lvov da nazionalisti ucraini.

Lviv pogrom (June – July 1941).jpg
File di Pubblico Dominio

 

 

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1 risposta a Pietro Secchia Nuovo– link sotto — LA STORIA SIAMO NOI .. / 04 luglio 1941 — LA STRAGE DI LEOPOLI– grazie ! + due libri e qualche foto

  1. DONATELLA scrive:

    Quando penso alle immense pianure ucraine, polacche e russe non posso non vederle coperte di morti.

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