Due articoli del Manifesto sull’AUTONOMIA DIFFERENZIATA — 1° / 26 giugno 24 — Francesco Pallante ( Costituzionalista a Torino ) sull’ autocritica mancata di Bonaccini; 2° / 23 giugno 24 : Sul referendum in genere e in Emilia Romagna in partiolare- di Maurizio Villone ( Costituz. a Napoli, Fed. II ) + altro

 

 

IL MANIFESTO 26 GIUGNO 2024
https://ilmanifesto.it/autonomia-differenziata-lautocritica-mancata-di-bonaccini

 

Autonomia differenziata, l’autocritica mancata di Bonaccini

 

AUTONOMIA. Il presidente uscente dell’Emilia-Romagna si era unito alle regioni a guida leghista nel chiedere allo stato il trasferimento di un consistente numero di competenze

 

 

Autonomia differenziata, l’autocritica mancata di Bonaccini

Un momento della manifestazione a Montecitorio contro la proposta di legge sull’autonomia differenziata – foto Ansa

 

 

Tra le fake news che – come denunciato da Massimo Villone sul manifesto – circolano in tema di autonomia differenziata, assai radicata è quella secondo cui la posizione dell’Emilia-Romagna sarebbe qualitativamente diversa da quella del Veneto e della Lombardia.

 

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Sul referendum l’Emilia Romagna non ha alibi  ( articolo pubblicato  sotto )

 

 

È la tesi sostenuta dal presidente regionale uscente, Stefano Bonaccini in molteplici occasioni, l’ultima delle quali in una recente intervista a Repubblica, in cui formula due argomentazioni: che la decisione emiliano-romagnola di unirsi al Veneto e alla Lombardia è stata «condivisa con tutte le parti sociali e senza mai un voto contrario in consiglio regionale» e che «la richiesta dell’Emilia-Romagna riguardava solo alcune delle 23 materie potenzialmente previste, soprattutto limitate e specifiche funzioni all’interno di queste».

 

LA PRIMA ARGOMENTAZIONE è, tecnicamente, una chiamata di correi (politici): mira a ricordare che le associazioni, i sindacati e tutte le forze politiche a sinistra e a destra del Pd (incluso il M5S, ovunque lo si voglia collocare) hanno sostenuto la decisione emiliano-romagnola di imboccare la via dell’autonomia differenziata. In questo, Bonaccini ha le sue ragioni: se è vero che la forma di governo regionale iper-presidenzialista assegna al presidente un peso preponderante, è altresì vero che nessuno tra coloro che operavano attorno a lui – nemmeno l’ex vice-presidente dal 2020 della regione, Elly Schlein– ha provato a fare da contrappeso. Non è vero, però, che questo schieramento unanime sia una peculiarità emiliano-romagnola, dal momento che, sia pure a parti inverse, esattamente lo stesso è accaduto ai referendum consultivi tenutisi nel 2017 in Veneto e in Lombardia (sebbene, in quest’ultima regione, con qualche indecisione da parte delle forze di centrosinistra).

 

Quanto alla seconda argomentazione, occorre ricordare che la gran parte delle richieste delle tre regioni copre, in modo identico, i medesimi ambiti: il Veneto chiede tutte e ventitré le materie in astratto richiedibili, la Lombardia ne chiede venti e l’Emilia-Romagna sedici. Al di là delle materie, è corretto, come dice Bonaccini, guardare alle funzioni in cui ogni singola materia si articola. Chi lo facesse scoprirebbe, però, una realtà diversa da quella edulcorata dal neoparlamentare europeo. Se una differenza d’approccio connota la posizione dell’Emilia-Romagna è, infatti, la propensione ad avanzare richieste forse meno estese, ma all’atto pratico non di rado persino più incisive rispetto a quelle delle regioni a guida leghista.

 

PARTICOLARMENTE RILEVANTI sono i casi dei musei (che la regione vorrebbe vedere tutti, inclusi quelli statali, acquisiti al proprio governo), del governo del sistema dei trasporti (che include tutte le reti viarie e ferroviarie), dell’ambiente e del territorio (ambiti in cui le richieste regionali mirano alla facoltà di agire in deroga alla normativa statale in modo da allentare gli attuali vincoli di tutela) e degli enti locali (rispetto ai quali l’Emilia-Romagna rivela una spiccata volontà di centralismo regionale).

Il caso forse più eclatante è però quello dell’istruzione, in cui la regione a guida Pd mira a dar vita a un sistema scolastico regionale parallelo a quello statale, da porre in concorrenza con quest’ultimo in modo che le famiglie scelgano se iscrivere i figli a frequentare l’uno o l’altro.

Merita ricordare le parole usate nella bozza d’intesa Stato-regione trapelata nel maggio 2019, secondo cui l’obiettivo è «garantire in ambito regionale la realizzazione di un sistema unitario e integrato di istruzione secondaria di secondo ciclo e di istruzione e formazione professionale (Iefp) che, nel rispetto delle autonomie scolastiche, permetta di sviluppare le competenze dei giovani in coerenza con le opportunità occupazionali del territorio e con le professionalità richieste dalle imprese, assicurando il diritto effettivo dei giovani di scegliere se assolvere il diritto-dovere all’istruzione e formazione nel “sistema di istruzione”, di competenza statale o nel “sistema di istruzione e formazione professionale” di competenza regionale».

In tal modo, il più importante strumento di costruzione dello spazio simbolico di appartenenza collettiva, la scuola, passerebbe al controllo regionale: difficile non cogliere le conseguenze negative che ne deriverebbero per la tenuta del sentimento di solidarietà – politica, economica e sociale – nazionale sancito, come dovere inderogabile, dall’articolo 2 della Costituzione.

 

Insomma:

se tra il regionalismo differenziato di Veneto e Lombardia, da una parte, ed Emilia-Romagna, dall’altra, vi è una qualche (modesta) differenza quantitativa, dal punto di vista qualitativo è difficile cogliere uno scarto davvero significativo.

 

 

 

****

 

IL MANIFESTO DEL 23 GIUGNO 2024
https://ilmanifesto.it/sul-referendum-lemilia-romagna-non-ha-alibi

 

Sul referendum l’Emilia Romagna non ha alibi

 

AUTONOMIA. De Luca, Emiliano, Giani, Todde danno una disponibilità. Per l’Emilia-Romagna Bonaccini su Repubblica ci dice che a causa della sua prossima partenza per l’Europa la questione è allo studio

 

 

Sul referendum l’Emilia Romagna non ha alibi

L’italia-all’asta di Luciano Fabro, 2008

 

Che accade dopo la definitiva approvazione dell’autonomia differenziata? Sono in evidenza sia un referendum abrogativo ex articolo 75 della Costituzione, sia ricorsi in via principale alla Corte costituzionale da parte di una o più regioni. Abbondano polemiche e fakenews, su cui è bene fare chiarezza. Il referendum può essere chiesto, dopo la promulgazione e pubblicazione in gazzetta ufficiale della legge, da 500mila elettori o da 5 consigli regionali. La richiesta deve essere presentata entro il 30 settembre, per votare tra aprile e giugno 2025. Se il termine fosse superato, si voterebbe non prima del 2026.

Si annunciano mobilitazioni per la raccolta delle firme. Ma non sfugge che i tempi sono ristretti. Lo sarebbero anche di più se il callido Calderoli riuscisse da Palazzo Chigi a ritardare anche di poco la pubblicazione. Assume dunque rilievo la richiesta da parte di 5 regioni. Le abbiamo?

De Luca, Emiliano, Giani, Todde danno una disponibilità. Per l’Emilia-Romagna Bonaccini su Repubblica ci dice che a causa della sua prossima partenza per l’Europa la questione è allo studio. Per la legge 352/1970 sul referendum la richiesta spetta al consiglio regionale. La domanda è: la partenza di Bonaccini impedisce al consiglio regionale di chiedere il referendum?

La risposta è no. Nel caso di scioglimento anticipato (articolo 32 statuto) l’assemblea rimane in vita fino alle successive elezioni, e può certamente compiere gli atti urgenti e indifferibili, ad esempio perché assoggettati a termini. Come è appunto il 30 settembre. Che è poi un termine ultimo. Il consiglio regionale potrebbe deliberare anche il giorno dopo la pubblicazione della legge.

 

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

I diritti dei cittadini non sono quelli delle regioni

 

Lo stesso vale per il ricorso in via principale. In caso di cessazione anticipata dalla carica del presidente subentra il vicepresidente (art. 32.3 bis statuto). L’esecutivo rimane in vita e funziona. E siamo di fronte a un termine – 60 giorni dalla pubblicazione – che abilita ad adottare l’atto di impugnativa anche in regime di ordinaria amministrazione. Evitiamo dunque dubbi inutili. Potrebbero indurre il sospetto che il vero problema sia la poca voglia di schierarsi contro, con il supporto di fragili argomentazioni. Tra le quali si segnala quella della legge Calderoli come costituzionalmente necessaria, perché in diretta attuazione della Costituzione, e come tale sottratta in tutto o in parte all’abrogazione in via referendaria e persino alla dichiarazione di illegittimità da parte della Corte costituzionale.

Un errore. Cancellando la legge Calderoli non si lede l’autonomia differenziata, che rimane tutelata dall’art. 116.3 della Costituzione. Quindi, non è in alcun senso «necessaria». La prova è nel fatto che al tempo del primo tentativo della ministra Stefani con il governo gialloverde nemmeno si parlava di legge quadro, introdotta solo successivamente. Mentre un dubbio sull’ammissibilità del referendum può venire per il collegamento alla legge di bilancio. L’inammissibilità non è certa, perché può mostrarsi strumentale e non giustificato un collegamento al bilancio laddove contestualmente si prescrive l’invarianza di spesa. Ma il dubbio rimane.

Come rimangono i dubbi «politici», che concorrono a sollecitare la presentazione comunque dei ricorsi in via principale. Ad esempio, per l’effetto negativo di un mancato raggiungimento del quorum della maggioranza degli aventi diritto, particolarmente arduo in un contesto di forte astensionismo dal voto. O per i tempi del voto popolare relativamente lunghi, che lascerebbero una finestra per l’avvio immediato dell’autonomia differenziata in materie di rilievo. Non a caso, Il presidente della Calabria Occhiuto (Forza Italia) teme per il commercio con l’estero, materia immediatamente devolvibile e già nel mirino degli aspiranti secessionisti. Occhiuto ci mostra che l’autonomia differenziata introduce un modello – largamente inedito per il nostro paese – di competizione, e probabile conflittualità, tra regioni. In cui i territori più deboli potrebbero solo soccombere.

Una realtà per nulla colta dai commentatori che – come Feltri su La Stampa, Velardi sul Riformista e Libero, Cottarelli su Repubblica – non vanno oltre banalità e luoghi comuni ormai fuori tempo. Sono gli ultimi giapponesi. Persino l’Europa si aggiunge ai molti e diversi mondi che in Italia si sono espressi contro l’autonomia differenziata. L’opinione pubblica è già spaccata, e nel voto europeo ha dato messaggi chiari. Da tutto questo è intelligenza politica ripartire.

 

 

****

 

 

nota minima sull’artista LUCIANO FABRO :

 

 

A CURA DI  Giacinto Di Pietrantonio, in collaborazione con Silvia Fabro

130 illustrazioni

Silvana Editoriale 2013

 

Luciano Fabro, quotazioni, aggiudicazioni, acquisto, vendita, valutazione, artista, biografia, quanto vale

foto di LUCIANO FABRO
https://app.smartify.org/it-IT/artists/luciano-fabro

Luciano Fabro (Torino20 novembre 1936 – Milano22 giugno 2007) è stato uno scultorescrittore e docente italiano. Un importante esponente dell’Arte Povera-

Nel 1967 partecipa alla mostra Arte Povera Im Spazio curata da Germano Celant alla galleria La Bertesca di Genova. Parteciperà da quel momento in poi a tutte le mostre del gruppo dell’Arte Povera. Dal 1968 elabora le serie dei Piedi (1968-1972) e di Italia in cui gioca sugli accostamenti tra materiali e iconografie feticistiche o simboliche. In particolare, nella serie Italia espone silhouettes della penisola in posizioni inusuali. Dal 1978 ridà, con Hidetoshi Nagasawa e Iole De Sanna, vita alla Casa degli artisti a Milano che diventerà per quasi trent’anni luogo d’incontro e di discussione tra artisti di diverse generazioni. In seguito, negli anni ottanta si dedica a opere riguardanti lo spazio (opere, nell’insieme, che chiamerà Habitat), mentre il decennio successivo lo vede soprattutto impegnato in commissioni riguardanti opere pubbliche. Dal 1983 insegnò all’Accademia di Brera.

ALTRO :  https://it.wikipedia.org/wiki/Luciano_Fabro

 

 

” L’Italia a testa in giù ”

Luciano Fabro - veduta della mostra presso il Palacio de Velázquez, Madrid 2015 - photo Joaquin Cortés-Román Lores - courtesy Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía 2014

Luciano Fabro – veduta della mostra presso il Palacio de Velázquez, Madrid 2015 – photo Joaquin Cortés-Román Lores – courtesy Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía 2014

” la luccicante Italia d’oroItalia fascista appesa a testa in giù come il Duce a piazzale Loreto ” – di

Federica Lonati- 

ARTRIBUNE – 28 GENNAIO 2015

L’Italia a testa in giù. Retrospettiva di Luciano Fabro a Madrid

 

 

 

Gli habitat

Gli habitat di Fabro sono luoghi dove lo spazio diventa un complesso schema di reazioni vitali.

 

UN HABITAT

DA : 

Gli habitat

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *