segue da :
https://www.artaround.info/eventi/maroncelli-12/tarcisio-merati-festa-di-colori/3182
LA MOSTRA : ” FESTA DI COLORI “, 2017-
a Milano –
alla Galleria VIA MAROCELLI 12, curata da Bianca Tosatti
seguono : citazione da un articolo molto bello di Sgarbi- al fondo, link per art. intero
Chi abbia seguito, in questi anni, gli importanti risultati ottenuti nella sperimentazione della creatività dei bambini non stenterà a riconoscere che Tarcisio Merati ha fissato, senza porle limiti di espansione, la propria creatività al tempo dell’infanzia. Allora, prima e fuori dai confini del lavoro, il mondo è illimitato. L’artista-bambino ne offre uno specchio.
L’immagine che ne deriva e tanto più intensa quanto meno e condizionata dalla cultura. I bambini vedono senza sapere e sanno nel momento in cui vedono. Può essere utile accostare la “sapienza” di Merati con quella dei bambini che hanno lavorato sotto la guida di Pietro Melecchi, artista sensibile che ha favorito, senza interferenze, la creatività dei suoi allievi nella Scuola Media Statale “Tito Livio” di Roma.
Subito si avverte che la nozione di stile non ha nessun rapporto con le nozioni di storia e di cultura. I bambini hanno il pressoché totale distacco dalla cronaca, anche nella descrizione di un paesaggio. Ciò che vedono, e che vediamo, è fuori del tempo, dentro la natura fino ai microrganismi. In Tarcisio si aggiunge la drammatica esperienza interiore. La storia si annulla in un tempo indefinito, cedendo il passo al mito personale, difficilmente decifrabile. Nell’arco di vent’anni possiamo apprezzare, infatti, la variazione dei temi classificabili per gruppi, ma non l’evoluzione e la maturazione dello stile che, in Merati, sembra, compiutamente, esistere fino dalle origini.
Merati non ha nulla di naïf, per l’assoluta indifferenza alla decorazione e alla gradevolezza; qualcosa di selvaggio, invece, quale si ravvisa ad esempio in Dubuffet e Mattia Moreni. E poi è difficile parlare dei malati, difficile con le armi improprie della critica e perfino con quelle invadenti e troppo umane della psicoanalisi. Difficile parlare di chi si esprime con un linguaggio tanto diverso dal nostro, eppure tanto eloquente.
Scrive Lorenza Trucchi, a proposito di Carlo Zinelli, altro visionario, ricoverato all’ospedale psichiatrico San Giacomo di Verona: «Ho la conferma che, se nella pazzia non c’è talento, c’è invece metodo. Dietro e oltre il sipario della ragione, rimangono intatte, anche se apparentemente sovvertite, tutte le qualità dell’essere. Naturalmente, ed è forse ovvio ripeterlo, la malattia di per se non favorisce la creatività e difatti la quasi totalità dei malati di mente che dipingono ottengono risultati mediocri… Tra i più grandi ‘petits maîtres de la folie’ ricordiamo Adolf Wolfli (l864-l930), Aloise (l886-l964) e appunto Carlo…
Come ha scritto Dubuffet, ‘l’arte diventa per questi pittori il corrispettivo delle feste della vita dalle quali sono esclusi’ ma oltre a queste feste essi cercano e riversano nella pittura il proprio bisogno di un drammatico antagonismo… la gioia si alterna al dolore, un dolore lacerante, davvero esistenziale che sembra mettere radici nel cervello e come un fiore velenoso cresce a dismisura disgregandolo… Klee seppe reperire e cogliere al di fuori e al di sopra delle schematizzazioni estetiche, i nessi comuni, le misteriose energie, gli oscuri legami universali che uniscono tutti gli uomini di ogni tempo: i sani e i malati, i colti e gli incolti».
Per Merati, la pittura non è una vocazione e neppure una scelta, è una necessita, una condizione irrinunciabile, una grazia calata nell’esistenza anche la più malinconica che essa trasforma in euforica. Per questo appena esce, appena è “libero”, smette di dipingere.
CITAZIONI NOSTRE DA :
Il poema pittorico di Tarcisio Merati di Vittorio Sgarbi
IL LINK GENERALE E’ QUELLO ALL’INIZIO:
ASSOCIAZIONE TARCISO MERATI
CHI E’ STATO TARCISO MERATI
Tarciso Merati (1934-1995)
foto da :
associazionemerati.com
Tarcisio Merati. Il coccolone. Il più grande artista manicomiale del ‘900
IMMAGINE : MARONCELLI 12.IT – questo è il link anche delle opere che seguono :
Biografia
testo di Alessandra Ottieri
che in parte ha utilizzato il testo di Maria Rita Parsi di cui il link sotto
DIPINGO QUINDI ESISTO – Identikit di Tarcisio Merati
di Maria Rita Parsi
Tarcisio Merati nasce a
Tarcisio Merati. Il coccolone. Il più grande artista manicomiale del ‘900
Tarciso Merati nasce A Bonate, a pochi chilometri da Bergamo, il 27 maggio 1934. La sua è una famiglia di artigiani. Le condizioni economiche in cui cresce sono molto disagiate: Tarcisio non accetta, si ribella presto, non condivide lo stile di vita dei suoi familiari. Chi l’ha conosciuto bene (come l’assistente sociale Silvia Pesce, diventata sua grande amica) lo descrive come un esteta nato, raffinatissimo, sempre vestito -anche se con povere cose- con particolare ricercatezza. Nel giardino dell’ospedale psichiatrico di Bergamo dove è stato a lungo, raccoglie tutti i giorni dei fiorellini per l’occhiello o per fare fiocchetti, a volte piccole pigne che gli servono come ornamento sulla giacca.
Piccolo e grassottello, di modi gentilissimi, usa spesso diminuitivi: l’ospedale lo chiama “il castelletto”, il latte “lattino”. Perde il padre quando è piccolo. La madre si risposa con un panettiere, un uomo rozzo e violento, che spesso lo picchia, a volte usando il martello. Dopo le elementari segue l’avviamento professionale, concentrandosi sul disegno tecnico, dove pare fosse abilissimo. Fino ai diciotto anni lavora come garzone in panetteria. Alla fine degli anni Cinquanta va a cercare lavoro in Svizzera come muratore. Ha già svolto questa attività a Bergamo senza molto successo.
A venticinque anni, nel 1959, le sue condizioni psichiche subiscono un tracollo: la miseria economica e culturale, le liti in famiglia, il secondo matrimonio della madre (che chiamerà sempre “la Viscardi”, solo con il suo cognome), un lavoro non amato lo rendono vulnerabile in maniera insostenibile. “Decide” di reagire presentando, anche in forme aggressive, un’immagine di sé tutta diversa: crede di essere ora un romanziere, ora un musicista, ora un uomo politico importante. Comincia il suo delirio di onnipotenza.
Si inventa fidanzate che non esistono. Diventa un mitomane. Nel suo delirio sceglie un nuovo ruolo sociale, una nuova condizione di agiatezza; si identifica con una cultura, con un mondo radicalmente diversi dai suoi. “vuole ripartorire se stesso”, scrive Maria Rita Parsi nell’unica biografia esistente sull’artista (alla quale mi ispiro, ringraziandone di cuore l’autrice) “in una ‘forma’ che gli appartenga”. Viene ricoverato per la prima volta il 7 agosto 1959.
Quando entra nell’ospedale neuropsichiatrico provinciale di Bergamo si sente in fuga, avverte l’inizio di “una libertà conquistata attraverso la scissione e il delirio”. La cartella clinica recita: “Sindrome dissociativa, schizofrenia”; più tardi: “Psicosi in ritardo mentale”. Entra ed esce dal manicomio più volte. Mostra atteggiamenti minacciosi nei riguardi di ragazze, non ha abbandonato la sua mitomania e scopre ora, a ventisette anni, un ruolo nuovo: si presenta come maestro elementare in attesa di sistemazione.
Subisce il primo elettroshock poi l’insulino-terapia, per provocare un nuovo shock, questa volta ipoglicemico. Tenta più volte la fuga. Una volta il suo ex padrone, dal quale si è recato per chiedere lavoro, lo riporta in ospedale. Negli anni seguenti, dal 1974 al 1984, le cartelle cliniche non registrano nessun cambiamento sostanziale. Eppure è avvenuta una grande novità. Nella nota clinica del 23 luglio 1983 si può leggere: “Discretamente pulito, anche nel reparto e all’atelier, disegna quadri piuttosto astratti”.
Ma già dal 1975, anche se nessuno lo registra, Tarcisio ha scoperto la pittura. E da quest’anno fino all’83, la produzione artistica è enorme. Frequenta l’atelier dalla mattina alla sera, non ha altro che la pittura. Il suo mondo si popola di simboli, di un suo personale alfabeto, di un codice di colori dove si ripetono temi costanti.
Ci sono gli “uccelletti”, uccelletti variopinti che si confondono a volte con le “macchinette”. Di queste esistono una trentina di repliche. Tarcisio ama le serie: ci sono le incudini, le carte dell’Italia, le lettere decorate, le visioni circolari dal binocolo, apparecchi elettrici o strumenti da lavoro, insetti.
LE OPERE PUBBLICATE SOPRA SONO TUTTE DAL LINK GIA PUBBLICATO CHE RIPETIAMO :
MARONCELLI 12.IT
Gli anni di massima ispirazione sono il 1975 e il 1976. Dal 1983 la produzione si interrompe bruscamente. Cosa è successo? La sorella porta a casa perché più volte Tarcisio è sembrato più “buono” in famiglia. Comincia a lavorare a domicilio (non è indifferente per il modesto reddito familiare che Tarcisio riceva una pensione per il suo passato lavoro di muratore), assemblando dalla mattina alla sera, per le industrie della zona, piccoli giocattoli, macchinette soprattutto, di cui deve montare le ruote (si può fare dell’amara ironia perché queste erano uno dei suoi soggetti preferiti). Tarcisio “serve” di più fuori che dentro l’ospedale.
(Foto di N/A) da : ECO DI BERGAMO
Per sette anni non dipinge più. Ma lui vuole tornare nel “castelletto” con i suoi “soldati” (così chiama gli infermieri), “libero dalle dittature della sorella”. Nel frattempo il ricovero coatto viene trasformato in ricovero volontario: è notevolmente migliorato sul piano psichiatrico e, da tempo, si mostra stabilmente tranquillo. Nel 1991 si trasferisce in una casa di riposo vicino al vecchio ospedale, dove c’è ancora l’atelier, che egli riprende a frequentare. Ma il ritmo è ormai più stanco, più lento.
Un ‘immagine di un’opera gia pubblicata
ingrandita da: ARTRIBUNE. COM
Nel 1993, grande avvenimento: gli viene organizzata la sua prima mostra al Teatro Sociale di Bergamo. E’ entusiasta per la tanta gente venuta, non si esprime ma sorride sempre. Tira spesso fuori dal taschino un uccelletto di plastica che mostra a tutti. Lo stesso anno si costituisce la “Associazione Tarcisio Merati” (promossa dal senatore Carrara e da Silvia Pesce) per tutelare il suo lavoro.
Con l’arrivo della pensione di invalidità si sente ricco. La sua cara amica Silvia Pesce racconta che si vuole finalmente comprare un anello d’oro, qualche bel vestito, delle scarpe (ha un debole per i tacchi alti). Escono spesso insieme nei negozi. Si diverte molto ad accompagnarla al supermercato. Gli ultimi anni trascorrono sereni. Il 22 ottobre 1995 muore per un tumore al polmone.
Tarcisio Merati. Il coccolone. Il più grande artista manicomiale del ‘900
SKIRA
OLTRE LA RAGIONE
Le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare
SKIRA, 2006
DESCRIZIONE
La sensazione del capire è indipendente dalla verità e spesso dalla logica: è un atto spontaneo di fede, dissimulato nelle pieghe della ragione. Questo accadimento è ancora più inquietante quando avviene attraverso un testo il cui codice ci è completamente sconosciuto come le immagini. L’immagine corre nelle nostre sinapsi più velocemente del concetto, ha forza di precorrimento e di prospezione perché è indiziale e primitiva, capta da più lontano e da più in basso, fa da radar: l’arte è sempre storicamente prima delle idee…Con “Oltre la ragione. Le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare“, Progetto Itaca Onlus, che in questo lavoro è accompagnato dall’Associazione Merati, intende proseguire l’impegno, iniziato nel 2003 con l’organizzazione della prima mostra-asta “Outsider art in Italia: arte irregolare nei luoghi della cura”. Il proposito è di spalancare una finestra sulla creatività nata nel disagio mentale, offrendo più ampio respiro ai temi proposti, facilitando il dibattito e lo scambio di idee tra gli addetti ai lavori che operano in diversi paesi europei.Il volume, che accompagna la mostra organizzata in occasione del decennale della scomparsa dell’artista Tarcisio Merati, presenta una selezione di opere di artisti malati di mente nell’intento di far emergere la grandiosità e la bellezza di quest’arte, la creatività e l’espressività nate nel contesto del disagio psichico.
Il volume comprende i saggi di Bianca Tosatti (Oltre la ragione. Le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare), Fausto Petrella(Lotte e vittorie contro l’annientamento. Osservazioni sull'”arte psicopatologica”), Alberto Abruzzese (Per un riconoscimento postumano e antiestetico dei non-artisti), Adriana Ferrari Ragazzi (Irregolarità e dandismo), Vanda Maria Franceschetti (La zingara, La velata: ritratti di alienate?), Anne-Marie Dubois (La collezione Sainte-Anne e il Centre d’Etude de l’Expression), Stefania Battistini (L’artista ragno e la sua tela. Conversazione tra Stefania Battistini e Ottavio Missoni), Giovanni Foresti (Ritratto di noi stessi come fagotti di tessuto sudicio. Osservazioni e ipotesi sull’opera di Michel Nedjar), Harald Szeemann (Non c’è catastrofe senza idillio. Non c’è idillio senza catastrofe), Maria Rita Parsi (Dipingo quindi esisto), Lucienne Peiry (Podestà, Poladian, Scott: il corpo, prodigiosa risposta alla morte), Laurent Danchin (Alain Bourbonnais: la passione divorante di un artista collezionista), Daniela Rosi (Io sono brava a pitturare. Della vita e dell’opera di Franca Settembrini), Giorgio Bedoni (La vita è altrove. Carlo Zinelli e i mondi visionari), Giambattista Voltolini (Tre autori singolari dal San Lazzaro di Reggio Emilia: Antonio Tolomai, Federico Saracini, Giuseppe Fornaciari), Patrick Allegaert (Willem van Genk progetta la città del potere).
Bergamo, Palazzo della Ragione
chiara, ero stanca, temo di aver aftto ” qualche confusione ” ma ormai è per domani, notte- grazie
Non saprei spiegare il perché, ma le opere di questo artista, di cui non conoscevo niente fino ad ora, mi piacciono molto.