Mi chiamo Chiara
nome d’arte
si sarebbe
detto una volta.
ma è un nome che appartiene alla mia famiglia:
il nome della mia
cara
nonna
con la quale accanto al fuoco a legna
magari con qualche pentola
che bolliva sul fuoco
castagne secche,
per esempio, se era inverno,
(le avete mangiate
nel latte a colazione oppure a cena?)
avevo le più straordinarie conversazioni,
dovrei dire “filosofiche”,
perché riguardavano tutta la varietà della vita:
dialogo alla pari
per come lei si relazionava con me
anche se ero all’inizio delle medie.
Lei doveva avere quasi sessant’anni
anche se a me
tutta vestita di nero
il “ciccio”
e i capelli con qualche filo grigio
sembrava vecchissima.
Anche a mia figlia, che ha 24 anni,
sembro
vecchissima
a 64.
“E’ una ruota”, diceva mia madre.
Tutte le domeniche
a mezzogiorno
la tribù intera
tanti figli tanti nipoti
si trasferiva a casa sua
per il pranzo della domenica.
questo, per dire,
che era una “vecchissima”
molto in gamba.
Era un’ottima cuoca.
Una volta è arrivato dall’Argentina
un parente di mio nonno:
lei si è fatta non in quattro,
ma in dodici, anche economicamente,
perché i soldi erano sempre pochi con cinque figli.
Oltre a cucinare eccellentemente
era anche una persona orgogliosa
che teneva a fare bella figura,
far vedere al parente che mio nonno lavorava
(era falegname in proprio)
e guadagnava bene
anche se non era vero.
Questo parente, quando è andato al paese
dei miei nonni,
nell’entroterra,
un paesino arroccato
che si chiama Pompeiana,
si è premurato di dire a tutti:
(i pettegolezzi alle stelle)
“ Povero Pepin, lui è tanto lavoratore
ma ha sposato una moglie con le mani bucate!”
La rabbia di mia nonna
ha toccato il cielo
e poi
è discesa
dolcemente.
Tutto quello che sapevo da ragazzina
l’ho imparato da lei.
anche da mio nonno
ma era lei che troneggiava nella mia mente.
E’ stata lei
la prima persona
nel mondo
che
mi
ha dato fiducia.
Da bambina
bagnavo
sempre il letto.
Dormivo
nella camera dei miei.
Una culla nella quale
ero cresciuta
tanto
che
dormivo
con le ginocchia
sul mento.
Mia madre
forse
per qualche terribile idiosincrasia
diventava una furia
tutte le volte
che
se ne accorgeva.
La cerata
che
proteggeva
il materasso
d’estate
era bollente.
Questa storia è andata avanti per anni.
io stavo sempre zitta: avevo paura di mia madre.
Difficile
dire
la mia estrema umiliazione.
Apricale, entroterra Liguria di Ponente
In una vacanza nell’entroterra
d’estate
siamo rimasti
soli
mia nonna ed io.
Mi ha portato a fare pipì
lo ricordo come fosse accaduto ieri
poi
mi ha detto:
“Adesso dormi con me.
Sono sicura che non farai pipì nel letto.”
Da quella notte
ho perso
un’abitudine
straziante.
Lei aveva visto che ero cresciuta.
Potevo
riacquistare
fiducia
in
un
mio
futuro
e
ne-
gli
adulti.
Era una donna forte
che sapeva lottare
con intelligenza e furbizia
e non mollava mai:
senza la sua immagine nel cuore
unita a quella di mia madre
che era fatto dello stesso stampo
ma era rimasta “figlia”
non sarei mai potuta uscire dalla mia malattia.
Per questo
oggi
mi chiamo
orgogliosamente:
Chiara.
Anche io avrei voluto avere una nonna, la mia nonna materna ricordo di averla vista una sola volta nella vita, prima del 1950, a Torino, sono stata una settimana da lei, stava preparando l’abito da sposa di una delle figlie. So che a quel matrimonio non siamo stati invitati, chissà perché. Diventando nonna a mia volta, mi rendo conto che sono stata defraudata di un qualcosa di molto importante, e mi riempio di dolcezza quando sono con la mia nipotina e cerco di essere per lei quello che tua nonna è stata per te.
Ciao cara, auguri buon anno
ciao bel tesoro grande, chiabrù
Bellissima la storia di Chiara e della sua nonna: sembra una fiaba ma ha il profumo della realtà.