GIANFRANCO VIESTI, Autonomia contro il Nord, il Pd parli di disuguaglianze–IL MANIFESTO 23 GENNAIO 2024

 

 

IL MANIFESTO 23 GENNAIO 2024
https://ilmanifesto.it/autonomia-contro-il-nord-il-pd-parli-di-disuguaglianze

 

Autonomia contro il Nord, il Pd parli di disuguaglianze

OPINIONI. Per i dem, il testo Calderoli è un’occasione per fare i conti con franchezza con il passato: oggi persino la Cei e Banca d’Italia quando parlano del Sud lo scavalcano a sinistra

 

Un’opera di Luciano Fabbro

Opera di Luciano Fabro

 

Sono ormai molti anni che il centrosinistra italiano e il Mezzogiorno hanno divorziato. Il primo sembra non avere più interesse, capacità, di capire il Sud; di interrogarsi sulle leve possibili del suo sviluppo; di intraprendere concrete iniziative.

Tanti meridionali non hanno ceduto alle lusinghe della destra, ma hanno dato prima fiducia ai 5 Stelle e poi si sono astenuti. Fenomeni nazionali, ma al Sud assai più intensi.

Perché il Pd non parla con il Sud, non costruisce e persegue iniziative politiche? Non sembra difficile capirlo. Da un lato, la questione delle disuguaglianze ha perso da tempo centralità nella sua riflessione. Esse non sono, si è sentito spesso dire in questi anni, che il frutto del merito e dell’impegno; che siano di tipo sociale, di genere o territoriali non possono essere la stella polare della strategia politica di un partito «riformista».

 

Se il Sud è indietro, è prevalentemente per colpa dei suoi cittadini e delle sue classi dirigenti; destinare risorse è controproducente (Rossi, ex parlamentare Pd); o, al meglio, inutile.

Dall’altro, e parallelamente, è forte la sfiducia nella centralità dell’azione pubblica: meglio lasciar funzionare il mercato e magari aggiustarne un po’ gli esiti; favorendone i meccanismi, ad esempio differenziando sempre più i salari fra Nord e Sud (Ichino, altro ex parlamentare Pd).

 

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Non appare casuale che alcune delle scelte più antimeridionali degli ultimi anni portino la firma di parlamentari (allora) del Pd: dall’autonomia differenziata di Gian Claudio Bressa al federalismo fiscale di Luigi Marattin.

E che proprio la strada dell’autonomia regionale differenziata sia stata aperta dall’intesa siglata a febbraio del 2018 dall’attuale presidente del Pd Bonaccini e dall’attuale commissario europeo Gentiloni.

 

Certo, il quadro è oggi un po’ diverso, quantomeno in alcuni protagonisti. La nuova segreteria apre speranze. Ma la concreta azione politica sembra ancora limitarsi ad agire di rimessa sulle iniziative del governo. Non che ne manchi ragione. Ma questo sembra insufficiente a ricreare fiducia e a rendere più tangibile un diverso esito elettorale.

Se non si sana questo divorzio entrambe le parti vanno incontro a un futuro difficile. Il Pd non può pensare di costruire uno schieramento che vinca le elezioni senza i voti del Sud. Il Mezzogiorno, lasciato alle dinamiche spontanee della demografia e dell’economia, in condizioni strutturali di evidente minorità rispetto al Centro-Nord e a gran parte dell’Europa, non può che vedere rinsaldarsi le sue «trappole del sottosviluppo».

Come farlo? Più facile dire cosa sarebbe bene evitare: dal lasciare carta bianca a presidenti di regione meridionali che da tempo ormai giocano in proprio, al tirare fuori dal cilindro iniziative estemporanee, come fatto da alcuni ministri della coesione, destinate a sfiorire rapidamente.

Per il resto, non si sfugge all’impressione che occorra una lunga e paziente ricostruzione di un pensiero politico generale, che parta proprio dalla centralità della lotta alle disuguaglianze (come suggerisce Carlo Trigilia in un bel libro recente) e delle grandi politiche pubbliche, a cominciare da sanità, istruzione e welfare; e in questo quadro occuparsi dei venti milioni di abitanti della più grande area in ritardo di sviluppo d’Europa. Come sempre nella storia, il futuro del Sud dipende molto più dalle grandi politiche generali del paese che da misure specifiche.

 

Una splendida occasione per allenarsi, e per fare i conti con franchezza con il proprio passato, potrebbe essere proprio quella dell’autonomia differenziata. Da contrastare non solo ed esclusivamente al Sud, come sembra stia avvenendo, per raccogliere qualche voto per le prossime europee, ma glissando sul tema nel resto del paese. Ma da leggere come grande questione politica nazionale ad opera di un grande partito nazionale.

Un progetto scellerato non perché è «contro il Sud», e quindi implicitamente «a vantaggio del Nord», che per bontà dovrebbe evitarlo. Ma perché frammenta e indebolisce le grandi politiche pubbliche nazionali e la loro capacità di costruire un paese migliore; perché lega i diritti dei cittadini ai luoghi dove essi vivono; perché esclude il Parlamento dalle scelte più importanti, oggi e in futuro (una concreta anticipazione del premierato).

Un’occasione per una riflessione sui propri principi politici di fondo applicata ad un caso concretissimo. Non facile, certamente. Ma in fin dei conti, considerare che su questo tema la Conferenza Episcopale e la stessa Banca d’Italia sono più «a sinistra» del Pd di oggi potrebbe far riflettere e dare coraggio.

 

 

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2 risposte a GIANFRANCO VIESTI, Autonomia contro il Nord, il Pd parli di disuguaglianze–IL MANIFESTO 23 GENNAIO 2024

  1. Chiara Salvini scrive:

    chiara : non capisco perché, a quanto so, tutta la sinistra si oppone a questo terrificante disegno di legge appellandosi ad un referendum. Solo ad un referendum. Questo è proprio il caso di chiamare la gente ad andare in piazza a manifestare tanti giorni e tanta gente come si è visto in Germania nei vari video. O in Francia per le pensioni. Possibile che non si trovi- su questo – un’alleanza con i sindacati, proponendo — come giustamente fa il prof. Viesti – una lotta contro le disuguaglianze ?
    Uno stato è uno stato, tanti piccoli stati, neanche federati, non sono più niente. Stasera in tv Bersani diceva che i due progetti, autonomia differenziata e premierato sono legati, uno presuppone l’altro, perché se distruggi l’unità di un paese ( già adesso molto mal messa per come è stata realizzata la riforma delle regioni , diventa poi necessario un centro molto forte, autoritario, per tenere in piedi questa povera nazione.
    Infine il titolo dell’articolo è molto ben scelto per colpirci : questa riforma non è solamente contro il sud, ma contro il nord e il centro: tutti perderanno- perderemo – un paese, se non possiamo – con questi al governo — chiamarla ” patria”– ma diciamolo pure : ” perderemo una patria nel senso bello -ottocentesco- del termine, uno spazio comune in cui riconoscersi nella nostra comune identità, buttanto a mare contemporaneamente il Risorgimento e la Resistenza.

  2. DONATELLA scrive:

    Sono completamente d’accordo con quanto dice Chiara: come è possibile che la Sinistra, di cui il PD è la parte più consistente, creda di potere vincere queste battaglie, il cui esito segnerà il destino degli Italiani per decenni, senza coinvolgere gli Italiani stessi ? Ci troviamo di fronte alla possibilità che l’Italia, intesa come Repubblica democratica, diventi uno spezzatino di regioni che andranno ciascuna per i fatti loro, alla faccia delle grandi lotte del Risorgimento e della Resistenza. Altro che patriottismo della Destra, solo opportunismo sfacciato per tenere insieme questa coalizione reazionaria.

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