Vladimir Makanin Orsk, 13 marzo 1937 – Krasnyj, 1º novembre 2017
OPERE IN ITALIANO
- Un posto al sole, Roma, E/O, 1988 (contiene: L’uomo del seguito, Ključarëv e Alimuškin, Il fiume dalla rapida corrente)
- Valvola di sfogo, Roma, Editori Riuniti, 1989 (contiene: Valvola di sfogo, Libri antichi)
- Azzurro e rosso, Roma, E/O, 1990 (contiene: Dove cielo e colline si uniscono, Azzurro e rosso)
- Il cunicolo, Roma, E/O, 1991
- Underground ovvero un eroe del nostro tempo, Milano, Jaca Book, 2012
- Là c’era una coppia, Venezia, Amos Edizioni, 2014
Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo
Jaca Book, 2012
“Underground” è il lavoro maturo di un affermato scrittore che viene in questi anni continuamente riproposto e studiato in Russia, in quanto testo essenziale per la comprensione del cruciale passaggio dall’era sovietica al postcomunismo. Ne è protagonista, in pochi mesi della sua vita nei quali sono in realtà compressi gli anni cruciali tra il 1989 e il 1993, Petrovic, scrittore senza un libro pubblicato, filosofo quasi clochard, insofferente di ogni potere e ogni autorità costituita, anche minuscola, il quale s’è scelto, per “esserci” comunque, una marginale attività di custodia di alloggi momentaneamente disabitati in una “casalbergo” che ancora si erge, imponente relitto dei tempi del collettivismo, nel panorama urbano di Mosca e che è in fase di sbrigativa e anche criminale privatizzazione. Di questa “obscaga” in disarmo egli è custode volontario e sempre meno tollerato, il quale non solo vigila sui “metri quadrati” altrui, ma ascolta e accoglie le confidenze e sofferenze di quell’umanità in affanno, ricevendone a sua volta qualche boccone di cibo, di calore, di effimera considerazione e intimità sessuale. Eroe dei tempi grami – picaresco corsaro nelle vite e destini altrui -, egli si presenta come scrittore fallito, con una macchina da scrivere che si trascina dietro quale status symbol, ma sui cui tasti ha allenato dita e muscoli forti, utili nelle risse e per il coltello, e maturato un “io” debordante che lo porta a macchiarsi di due omicidi..
IL MANIFESTO – 7 NOVEMBRE 2017
https://ilmanifesto.it/sballottati-da-un-destino-ostile
Sballottati da un destino ostile
RITRATTI. Lo scrittore Vladimir Makanin è morto a 80 anni. Con i suoi romanzi ha rappresentato il conflitto, spesso irrisolto, tra libertà individuale e principi collettivi
Lo scrittore Vladimir Makanin, nato nel 1937 nella regione di Orenburg, è mancato qualche giorno fa, all’età di 80 anni. Studioso di matematica, appassionato di scacchi, iniziò la sua attività letteraria nel 1965 con il romanzo Linea retta, al quale seguirono il racconto Senza il padre (’71) e L’antesignano (’83), con cui raggiunse la notorietà in Russia e in Occidente. Si tratta di opere che incorporano elementi futuristici e mistici e in cui, con la precisione matematica che gli derivava dai suoi studi, ma anche con libertà e audacia, incorrendo così nella censura della critica sovietica, lo scrittore caratterizza i suoi personaggi.
MAESTRO DELLA COSTRUZIONE del testo, Makanin ha fissato tipi e immagini della sua epoca e ha espresso nella maggior parte delle sue opere le inquietudini e le frustrazioni delle generazioni cresciute durante il regime sovietico, allineandosi con la tendenza della narrativa russa contemporanea poco attratta dall’immaginazione di un mondo ideale, dalle visioni suggestive della natura e dall’esaltazione di grandi valori. Nella raccolta di racconti lunghi Un posto al sole (1988), infatti, ha rappresentato vicende di ordinario squallore riferite al mondo impiegatizio moscovita: i protagonisti, sradicati, pigri e nichilisti appaiono incapaci di reagire a un destino spesso ostile e avvilente.
Un altro tema ricorrente nelle sue opere è il conflitto, spesso irrisolto, tra libertà individuale e principi collettivi, nell’ambito di una narrazione più affine al realismo che alle suggestioni postmoderne.
Tra i libri dello scrittore sono da menzionare Valvola di sfogo (1988), Azzurro e rosso (1989), Il cunicolo (1991), Gli autisti annoiati (1992), Il prigioniero del Caucaso (1994) da cui il regista Aleksej Ucitel’ ha tratto nel 2008 il film Prigioniero.
In un’intervista, Makanin ha dichiarato che gli scacchi erano per lui una metafora della scrittura, in cui i pezzi bianchi erano i soggetti ben noti, mentre i pezzi neri rappresentavano quelli poco noti, una foresta scura in cui lo scrittore si addentrava progressivamente. In questo modo, è riuscito a ritrarre magistralmente gli anni novanta e il periodo di transizione fra il XX e il XXI secolo.
Il romanzo del 1998, Underground ovvero un eroe del nostro tempo (Jaca book, 2012), opera drammatica e nello stesso tempo umoristica, finalista del premio Booker, testo essenziale per la comprensione del cruciale passaggio in Russia dall’era sovietica al postcomunismo, narra di uno scrittore fallito, insofferente di ogni potere e autorità costituita, che si ritaglia una posizione volutamente marginale nella megalopoli russa.
UNA DELLE SUE OPERE più interessanti, il romanzo breve Dove il cielo è tramontato con le colline (2000), che affronta il tema della sparizione della cultura del canto nelle campagne, preannuncia il libro dedicato alla guerra in Cecenia, Asan, con cui vinse nel 2008 il premio nazionale russo Bol’šaja kniga.
In Asan lo scrittore è riuscito a guardare al fenomeno della guerra con occhi diversi. Il libro non esplora una guerra di trincea, ma piuttosto un conflitto fatto di saccheggi, volgarità, denaro. La prosa non va ricercata tra le descrizioni delle sparatorie, ma laddove la vita interiore viene sconvolta. Il suo ultimo romanzo Due sorelle e Kandinskij (2011), è un’opera insolita, una sorta di pièce cechoviana, che indaga su un tema cruciale per la Russia di oggi: il rapporto fra vittima e carnefice nel destino di varie generazioni.
Non conosco purtroppo questo scrittore, la cui opera sembra riflettere la realtà della Russia post-sovietica, di cui tutto sommato si sa abbastanza poco.