UNA PAROLA AL GIORNO.IT : — L’anima longobarda della lingua italiana — DI GIORGIO MORETTI

 

Il cuore delle parole. Etimologie curiose e altre meraviglie della lingua italiana in 370 quiz - Giorgio Moretti - copertina

Il cuore delle parole. Etimologie curiose e altre meraviglie della lingua italiana in 370 quiz

Rizzoli, giugno 2023

Con la prefazione di Stefano Massini.
Siamo proprio sicuri di sapere cosa sia un avocado? Dobbiamo offenderci quando in una discussione tra amici ci danno dei filistei? E cosa c’entra il pittore Vittore Carpaccio con il gustosissimo piatto a base di fettine di vitello crudo? Nel libro che hai tra le mani troverai la risposta a queste e alle altre – tantissime – domande che sorgono spontanee ogni volta che hai avuto l’impressione di perdere la bussola nel bosco incantato della lingua italiana. Perché a tutti noi è capitato almeno una volta di annuire a vuoto in risposta a parole oscure e di rosicare in silenzio per la presunta inadeguatezza del nostro vocabolario. Niente paura: animato dalla curiosità di arrivare al cuore delle parole che usiamo ogni giorno, quelle che leggiamo e scriviamo da sempre, e con questa divertente guida tra le mani, preparati a un viaggio nel mondo delle etimologie più affascinanti della nostra lingua. Un percorso nella storia sorprendente e per nulla lineare dell’italiano, quello quotidiano e quello letterario, attraverso quiz divertenti e approfondimenti tematici curiosi e appassionanti che sfideranno le tue più granitiche convinzioni in materia.

 

 

UNA PAROLA AL GIORNO.IT
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 > Le famiglie delle parole

 

L’anima longobarda della lingua italiana

 

Com’è che in italiano ci sono così tante parole di origine longobarda? Che cosa c’è di unico in questa derivazione?

 

La Corona Ferrea è custodita nell’altare della Cappella di Teodolinda a Monza nel Duomo.

E’ composta da sei piastre d’oro – ornate da rosette a rilievo, castoni di gemme e smalti – recanti all’interno un cerchio di metallo, dal quale prende il nome di “ferrea”, che un’antica tradizione, riportata già da sant’Ambrogio alla fine del IV secolo, identifica con uno dei chiodi utilizzati per la crocifissione di Cristo: una reliquia, quindi, che sant’Elena avrebbe rinvenuto nel 326 durante un viaggio in Palestina e inserito nel diadema del figlio, l’imperatore Costantino. La tradizione, che lega la Corona alla passione di Cristo e al primo imperatore cristiano, spiega il valore simbolico attribuitole dai re d’Italia (o dagli aspiranti tali, come i Visconti), che l’avrebbero usata nelle incoronazioni per attestare l’origine divina del loro potere e il loro legame con gli imperatori romani. Recenti indagini scientifiche fanno prospettare che la Corona, che così come si presenta deriva da interventi realizzati tra il IV-V e il IX secolo, possa essere un’insegna reale tardo-antica, forse ostrogota, passata ai re longobardi e pervenuta infine ai sovrani carolingi, che l’avrebbero fatta restaurare e donata al Duomo di Monza.

 

testo e immagine da : 
https://turismo.monza.it/it/cosa-fare/7-cappella-di-teodolinda-e-corona-ferrea

 

 

 

In italiano ci sono un sacco di parole di matrice longobarda, centinaia, parole quasi tutte di uso comune, anzi appartenenti al nostro lessico fondamentale. Parole molto umili, che parlano di attrezzi, di artigianato, di allevamento, di parti del corpo, di relazioni, di scontri. Ma c’è una cosa da capire bene, perché rappresenta un unicum nella storia della nostra lingua: quale è la posizione del longobardo rispetto all’italiano.

 

Sui dizionari etimologici tutto è equiparato: la tal parola può derivare dal longobardo, dall’arabo, dal provenzale, dall’inglese, dal neerlandese e via dicendo. Ma la formula che ci spiega da quale lingua deriva una certa parola rischia di essere fuorviante, perché queste derivazioni non sono tutte uguali.

 

Da quando la nostra lingua ha iniziato a prendere forma, sappiamo che ha raccolto una grande quantità di parole da lingue straniere. Ad esempio il numero di provenzalismi è impressionante; e parimenti è impressionante quello di francesismi, di arabismi, di anglicismi.

In questi casi chi parlava e parla italiano ha colto una parola qua e là da queste lingue straniere, secondo necessità, consuetudine e ispirazione, fino a creare un insieme di dimensioni rilevanti. Ma quando parliamo di derivazione dal longobardo non parliamo di questo. Non parliamo della derivazione da una lingua straniera avvenuta durante la vita dell’italiano, ma prima.

 

La lingua longobarda è una lingua nonna, che la nipote italiana non ha mai conosciuto — anche se sul suo volto se ne riconoscono certi tratti. Per un certo tempo gli studiosi l’hanno considerata del ceppo germanico orientale, affine al gotico, ma oggi la collocazione del longobardo fra le lingue germaniche è molto discussa: in tanti sono propensi a collocarla nel ceppo occidentale, ma probabilmente è intrecciata in modo complesso fra rami diversi.


I Longobardi erano un popolo straniero per gli italici, quando nel 568 entrarono nella penisola. Il quadro è quello delle invasioni barbariche, ma questi Longobardi non arrivavano per distruggere e razziare, quanto per prosperare. Prosperare da padroni. La guerra greco-gotica si era conclusa appena quindici anni prima: il famoso imperatore romano d’oriente Giustiniano, da Costantinopoli, nel tentativo di riconquistare l’Occidente aveva obliterato il dominio gotico in Italia in un conflitto durato diciotto anni (peraltro i goti in Italia, quelli di Teodorico il Grande, ce li aveva mandati Zenone, predecessore di Giustiniano, ma questa è un’altra storia).

 

Alla fine di questa guerra l’Italia era devastata, spopolata, impoverita e inerme come non mai, e i Longobardi, forti, armati e motivati, non trovarono praticamente resistenza (tant’è che fu una presa di possesso relativamente pacifica). Fondarono il loro regno, insediandosi dalle Alpi alla Basilicata, con alcune eccezioni — la Romagna, Roma, le isole, molte zone costiere. Pare si tenessero alla larga dai grandi porti, dalle flotte — dal mare. Si sostituirono all’élite romana residua, all’inizio. Ma in capo a una manciata di generazioni le due etnie, quella italica e quella longobarda, si mischiarono fino a non poter più essere distinte.

 

Tutti noi, nel nostro albero genealogico, abbiamo un nonno o una nonna che ha varcato l’Isonzo, a cavallo o su un carro, con re Alboino.

 

Accadde così che le leggi longobarde si posero come alternativa al diritto romano che stava svanendo; e quando Rotari volle raccoglierle per iscritto, nel 643, le fece scrivere in latino — latinizzando anche termini specifici longobardi che conosciamo ancora, come la faida e il guidrigildo. D’altra parte e in breve la stessa lingua dei Longobardi si estinse, lasciando solo l’eredità di un certo numero di termini. In eredità a chi?

 

Nelle nostre terre la gente, ai tempi, parlava ancora latino, ma non certo più l’antico latino cosmopolita che aveva dominato il mondo: un latino che per stagnazione si stava facendo volgare, si stava facendo dialetto.

Fu in questa loro lingua che penetrarono i termini longobardi, termini infatti bassi, che non intervengono su temi di concetto. La lingua dei Longobardi non è penetrata nell’alto, incorruttibile latino degli ultimi dotti, ma nell’ultimo postlatino o protovolgare del popolo delle campagne e delle sparute città. Il longobardo è intervenuto nella gestazione dell’italiano.

 

 

Cavaliere, lastrina in bronzo dorato dello Scudo di Stabio, cavaliere, VII secolo. Berna, Historisches Museum. Si chiama ” di Stabio ” perché è stato rivenuto nel comune di Stabio nel Canton Ticino  accanto alla chiesa dei Santi Pietro e Lucia nella frazione di San Pietro. Lo scudo è oggi conservato all’Historisches Museum di Berna e una figurina al Museo del Bargello di Firenze. L’opera fu disseppelita nella necropoli longobarda del comune di Stabio nel 1837
Sailko

 

da e segue : 

scudo di Stabio
https://it.wikipedia.org/wiki/Scudo_di_Stabio

 

Mappa MICHELIN Stabio - Pinatina di Stabio ViaMichelin

Stabio  è nel Ticino, a sinistra di Mendrisio, sotto a, tra Cernobbio e Gavirate
cartina Michelin

 

 

il testo riprende :

Ci compiaciamo di riconoscere nella nostra lingua un’anima marinara e commerciante, ricca di vive contaminazioni, di termini musicali provenienti da ogni porto del Mediterraneo. Ma la lingua italiana non ha una sola anima.

 

Precede la sua stessa nascita quell’anima che diffidava del mare e parlava di falegnameria e violenza e corpi e attrezzi.

E ne parlava con alcuni dei suoni più spigolosi, ricchi ed espressivi di quella che è la nostra lingua di oggi, dallo scherzo alla scherma, alla guerra, allo sterzo, alla raspa, al graffiare, al palco alla panca allo scranno alla bara allo scaffale allo spalto, allo stinco alla nocca, allo stucco al tanfo e via e via. Non sono parole del commercio, del filosofare, della moda o della tecnologia: sono le parole — numerose e varie — che si acquisiscono nella condivisione della convivenza.

 

Quando leggiamo, quindi, che una parola ‘viene dal longobardo’, non stiamo parlando di un prestito frutto di una suggestione esotica, di un uso commerciale, di un contatto culturale. Il lessico longobardo si è infilato massicciamente in quel non-più-proprio-latino che stava diventando italiano, attraverso una fusione di popoli. Un caso unico nella storia della nostra lingua, nella nostra storia.

 

 

 

 

 

Giorgio Moretti  –Cofondatore e autore principale dei testi di Una parola al giorno. Nato nel 1989, giurista per formazione e scrittore per conformazione, ha una passione per la cucina, il vino, i draghi, i saggi di storia e di fisica e soprattutto per i pirati.

Piccola storia dei Longobardi di Benevento. Testo latino a fronte - Erchemperto - Libro - Liguori - Nuovo Medioevo | IBS

Liguori, 2014

I Longobardi dell’Italia meridionale riuscirono ad evitare la sottomissione a Carlo Magno e a creare l’indipendente Principato di Benevento. Ma l’esasperata rivalità delle fazioni e gli interessi delle aristocrazie locali segnarono la storia del Principato fino alla frantumazione di quell’unità politica. Il contemporaneo indebolimento dell’Impero di Bisanzio consentì ai musulmani d’impadronirsi della Sicilia e d’insediarsi in alcune zone del Meridione: da lì condussero devastanti incursioni. Vittima illustre ne fu Montecassino. Alla fine del IX secolo il monaco cassinese Erchemperto raccontò la storia di questo travagliato periodo sottolineando le gravi responsabilità dei governanti longobardi, che avevano condotto alla rovina il loro mondo. Così lo scrittore sperò che la descrizione di quei tragici eventi servisse da lezione per le future generazioni.

 

 

Storia dei longobardi - Paolo Diacono - copertina

9788804390848: Storia dei longobardi

Mondadori, 1994

 

 

Personaggi storici bergamaschi: Andrea da Bergamo | Gli Amici delle Mura a  Bergamo

Andrea da Bergamo è vissuto nella nostra città nella seconda metà del IX° sec.; il suo nome è legato all’opera con cui, dopo l’877, riprese e continuò fino ai suoi tempi l’Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Il Muratori ne raccolse il testo nelle sue “Antiquitates”; infatti, mentre fino alla caduta del regno longobardo la sua cronaca si avvale di Paolo Diacono, nel narrare i fatti successivi essa indugia sul coinvolgimento di Bergamo nelle dispute per l’Impero.

per chi volesse : seguehttps://amicidellemura-bergamo.myblog.it/2018/01/15/personaggi-storici-bergamaschi-andrea-da-bergamo/

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1 risposta a UNA PAROLA AL GIORNO.IT : — L’anima longobarda della lingua italiana — DI GIORGIO MORETTI

  1. DONATELLA scrive:

    Mi piace l’idea di avere degli antenati che hanno attraversato a cavallo le Alpi nel VI secolo. Molto più probabilmente erano quelli che curavano i cavalli e seguivano a piedi i conquistatori.

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