GIOVANNI EGIDIO, INTERVISTA — Prodi: “ Sul Mes scelta folle che isola il Paese e lo rende più debole. Segno di instabilità”– BOLOGNA. REPUBBLICA – 22 DICEMBRE 2023

 

 

BOLOGNA. REPUBBLICA – 22 DICEMBRE 2023
https://bologna.repubblica.it/cronaca/2023/12/22/news/romano_prodi_intervista_mes-421723247/

 

 

Prodi: “Sul Mes scelta folle che isola il Paese e lo rende più debole. Segno di instabilità”

Prodi — @Ansa

 

Prodi: “Sul Mes scelta folle che isola il Paese e lo rende più debole. Segno di instabilità”

 

L’ex premier: “Il Patto di stabilità è un passo avanti, con regole non intelligentissime. Meloni con Musk ad Atreju? Ha mostrato la sua deferenza coi poteri forti”

 

BOLOGNA — «In politica esiste anche la follia». Quasi incredulo, Romano Prodi ieri cercava tra i vari siti d’informazione notizie il più possibile dettagliate sul voto contrario della Camera al Mes. «Ho sempre pensato che il balletto di dichiarazioni sul Mes sarebbe terminato in un nulla di fatto, convinto com’ero, e come sono, che a una scommessa a perdita zero non abbia alcun senso dire no. Perché quello è, in sintesi, il voto sul Mes. Ratificarlo non significa utilizzarlo. Quindi non costa proprio nulla. Se però l’Italia ha scelto di bocciarlo, unica in Europa, siamo davanti a una scelta assurda».

 

Con quali conseguenze, Professore?

«Molte e gravi. Isolare il Paese in una fase come questa non può che essere rischioso sia dal punto di vista politico che economico. Ci si mette sul piano di Orban. Non capisco davvero. Ho sempre pensato che le minacce di voto contrario fossero dentro una logica ricattatoria, per ottenere qualcosa dall’Europa. E pur non condividendo affatto la strategia – convinto che a Bruxelles paghi molto di più un atteggiamento collaborativo -, mi sembrava inevitabile che alla fine il voto sarebbe stato favorevole. Ma non avevo messo in conto la follia».

 

Il voto contrario non è di tutta la maggioranza, Forza Italia si è astenuta.

«E questo è un segno di instabilità. Se su una decisione così importante, che appunto isola l’Italia dal resto dei Paesi europei, un partito di maggioranza si astiene perché in buona sostanza non condivide, significa che la spaccatura all’interno del governo è profonda. Col risultato che ora il Paese è più debole sui due fronti, all’estero e al proprio interno».

 

Eppure il compromesso sul Patto di stabilità faticosamente raggiunto la sera prima, sembrava confermare la linea di prudenza che il governo Meloni ha sempre tenuto in Europa. Come giudica il nuovo accordo?

«Appunto un compromesso, soprattutto per l’Italia. In assoluto, diciamo che se le regole di prima erano stupide queste non sono intelligentissime, che comunque è un passo avanti. Per tutti i Paesi aumentano i tempi e la flessibilità per fare i conti col proprio debito pubblico, e di questo ne trarrà vantaggio anche l’Italia. Che di fatto non ha contribuito alla stesura dell’accordo e si è semplicemente accodata alla posizione della Francia, che ha una situazione simile ma meno grave, per arrivare all’accordo. Detto questo anche con la maggior flessibilità di adesso, all’Italia servirà un altro tipo di manovra per rientrare nei parametri».

 

Quindi la linea l’hanno dettata ancora una volta Francia e Germania?

«Diciamo che l’Italia ha lavorato con avvocati altrui. Solo che l’Italia aveva sempre esercitato il ruolo di mediatore, ora invece in questa ultima trattativa questo ruolo lo ha esercitato la Spagna. Non esattamente un successo diplomatico».

 

In vista del voto delle prossime elezioni Europee, a ogni passo falso della maggioranza, non corrisponde mai un passo avanti dell’opposizione, stando ai sondaggi. Come se lo spiega?

«È molto semplice. Il voto europeo, essendo proporzionale, spinge ogni partito a cercare di prevalere sugli altri. Il contrario del concetto di unità. E l’opposizione, divisa, non ha alcuna speranza di rimontare su questa maggioranza, né su altre. Solo dopo il voto, si potrà tornare a ragionare di unire l’opposizione. Prima ogni sforzo è destinato a fallire. Chiamatelo campo largo, chiamatela coalizione, chiamatela federazione…come volete voi. Ma quello è l’unico scenario possibile per sperare di vincere».

 

In questo gioco il Pd cosa rischia?

«L’orizzonte del Pd alle Europee dovrà essere quello di confermarsi primo partito dell’opposizione. E sarà anche molto importante vedere in che modo, cioè con quanto vantaggio, risulterà primo. E per raggiungere quel risultato, dovrà cercare di tenere a bada le differenze interne, che così come succede nei vari partiti, si vorranno misurare e pesare con le urne. Ho letto Orlando che ha definito il Pd un meccanismo arrugginito. A me sembra più un insieme di tanti ingranaggi che non sempre si muovono per un obbiettivo comune».

 

Sarà decisiva la campagna elettorale e l’idea di Europa che si racconterà agli elettori?

«Sì, sperando che si voti pensando all’Europa e non al cortile di casa, come spesso avviene. Ma ormai l’Europa tocca talmente da vicino la vita di ogni cittadino, che si può anche sperare in un voto proiettato su Bruxelles. Ma più probabilmente servirà una campagna elettorale che parli a entrambi i tipi di elettori. Ecco perché il Pd dovrà capire che la compattezza è la sua unica arma».

 

Compito duro per Elly Schlein.

«Lo sarebbe per chiunque, in una fase come questa. È logico che spetti a lei il ruolo di referente, è auspicabile che intorno a lei tutti capiscano che senza un’armonia degli ingranaggi ogni risultato diventa molto complicato da raggiungere».

 

La riforma costituzionale proposta dal centrodestra potrà pesare? O ha perso di forza?

«Chi lo sa, ora siamo nella fase in cui ognuno dice la sua. E se prima ne ero preoccupato, adesso sto cercando di capire cosa ne sarà dopo questa fase di dibattito molto confuso. Resta il fatto che quella proposta è pericolosa per due fondamentali motivi. Primo perché svilisce il ruolo del Parlamento, approfondendo un processo già in atto. E secondo perché indebolisce il ruolo del Capo dello Stato. In entrambi i casi impoverisce la democrazia».

 

Il professor Cacciari ha detto che, pur con tutta la stima nei suoi confronti, l’immagine di lei a fianco di Schlein era vecchia, e quella di Giorgia Meloni sul palco con Elon Musk era decisamente più attrattiva.

«Non lo so, io penso solo che Meloni in quell’immagine riflettesse la sua deferenza nei confronti dei poteri forti, altroché underdog. Oltre a sconfessare tutti i valori sulla famiglia e il concepimento che sbandiera e che certo Musk non incarna: da un lato resta pur sempre un emigrante e dall’altro porta avanti valori etici che Meloni ha definito reato universale».

 

Professore, a proposito di famiglia: questo sarà il primo Natale senza sua moglie Flavia. Come ha reagito a quel lutto?

«Cercando di occupare ogni secondo libero che avevo lavorando, studiando, leggendo, viaggiando. Forse ho perfino esagerato. Però fin qui mi ha aiutato».

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