PAOLO NORI —un simpaticissimo matto –qualche libro.. se vi va. ++ video, 59 min. — una bella intervista a Paolo Nori .. ” Perché ti sei messo a scrivere ? — Per disperazione “.

 

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Paolo Nori nel 2008

 

Paolo Nori (Parma20 maggio 1963) è uno scrittoretraduttore e blogger italiano.

 

 

 

 

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Paolo Nori (a destra) con lo scrittore ceco Patrik Ouředník (a sinistra). Reggio Emilia, 2008

sulla foto: Questo file deriva da: Patrik Ouředník and Paolo Nori 2008 01.jpg:

 

Dopo il diploma c.f.p. in ragioneria, Paolo Nori ha lavorato come ragioniere in AlgeriaIraq e Francia. Tornato in Italia, ha conseguito la laurea in Lingua e Letteratura Russa presso l’Università degli Studi di Parma. Ha quindi esercitato per un certo periodo l’attività di traduttore di manuali tecnici dal russo a tempo parziale. Alla redazione della rivista Il semplice conosce Ermanno CavazzoniGianni CelatiUgo CorniaDaniele Benati, con i quali collabora per anni, cominciando a pubblicare i suoi scritti influenzati dalle correnti avanguardistiche russe e dalla scrittura emiliana.

È fondatore e redattore della rivista L’Accalappiacani, edita da DeriveApprodi, e fondatore e curatore della rivista Qualcosa, edita da Sempremai. Collabora con alcuni quotidiani tra cui Il manifestoLiberoIl Foglio e Il Fatto Quotidiano, e ha un blog su Il Post. Con Il manifesto i rapporti si sono poi interrotti per divergenze in merito a considerazioni politiche sulla figura dell'”intellettuale”. Il 24 marzo 2013 è stato investito da una moto presso Casalecchio di Reno ed è stato ricoverato in gravi condizioni all’Ospedale Maggiore di Bologna. Si è poi ripreso. Si era però diffusa la voce della sua morte, cosa successa anche in occasione di un precedente incidente, nel 1999. Lui stesso racconta queste esperienze nel podcast “Due volte che sono morto”.

Dal 2018 è professore alla Libera università di lingue e comunicazione IULM di Milano dove tiene il corso di Traduzione editoriale: narrativa e saggistica (Russo I e Russo II).

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Nori

 

 

 

Il libro Repertorio dei matti della letteratura russa. Autori, personaggi e storie, coordinato dallo studioso, traduttore e slavista Paolo Nori è l’uovo di Colombo. Offre al lettore curioso e di qualità uno strumento di conoscenza di alto livello, ma con un piglio leggero e divertente. Il testo è il risultato della lettura di cinquantadue persone incaricate ciascuna di leggere quattro libri di autori russi. Ognuno dei lettori aveva il compito di selezionare frasi e riflessioni piuttosto originali che cogliessero lo spirito dell’uomo russo nella sua vita quotidiana. Questa opera collettiva, coordinata dal cinquantatreesimo (Paolo Nori), offre un panorama completo degli autori della letteratura russa. Ci fa conoscere scrittori poco noti ma sicuramente di livello interessante, considerata la levatura culturale del Curatore. Ma, in particolare, emerge un umorismo sottile e presente in gran parte dei testi. Il libro ha pertanto il pregio di smentire il pregiudizio che la letteratura russa sia sempre cupa e pesante. Si tratta di un umorismo non sfacciato, percepibile da menti pronte e da lettori attenti. Un umorismo che si rivela anche quando gli autori toccano il doloroso tema delle deportazioni e delle detenzioni disumane nell’Arcipelago Gulag.

 

Il libro non è suddiviso in capitoli, come nella migliore tradizione saggistica. Il volume di 317 pagine raccoglie 848 frasi, riflessioni e brani brevi. Tutti i pezzi sono collegati ad un numero che rimanda al libro da cui sono scelti. Il numero è riportato in un elenco bibliografico dettagliatissimo in fondo al testo. Fa da spiegazione un breve postfazione lunga una pagina e mezza dove sono riportati tutti i nomi di coloro che hanno fatto parte di questo progetto collettivo. Chiude il libro un indice con i titoli di tutti i brani selezionati. Per comprendere lo spirito di questo libro collettivo, si possono citare alcune frasi: “Un aspirante suicida aveva il terrore di morire d’infarto e di non fare in tempo a spararsi.

Diceva che era necessario essere vivi per potersi sparare” (Nikolaj ErdmanIl suicida); “Uno diceva che la memoria somiglia ad una biblioteca in disordine alfabetico in cui non esiste l’opera omnia di nessuno” Josif Brodskji, Fuga da Bisanzio;

“Uno in una colonia penale sull’isola di Sachalin, quando gli avevano chiesto quanti anni aveva, aveva risposto: “Trenta o forse cinquanta” – Čhecov, L’isola di Sachalin.

Il lavoro collettivo, ben coordinato dall’Autore, fornisce un prezioso strumento da fruire a tre livelli: la lettura casuale dei brani; la scoperta di numerosi Autori russi, soprattutto quelli poco conosciuti; la conoscenza di un popolo dalla ironia caustica, sottile e piacevole. Un libro da regalarsi e da portare con sé in viaggio e da regalare agli altri che stimiamo di più.

Repertorio dei matti della letteratura russa. Autori, personaggi e storie di Paolo Nori, Salani Editore, 2021371 pagine, 16,90 euro

 

 

 

RECENSIONE DI :

MANLIO LO PRESTI

15 SETTEMBRE 2021

 

L'Opinione delle Libertà

https://opinione.it/cultura/2021/09/15/manlio-lo-presti_repertorio-dei-matti-della-letteratura-russa-autori-personaggi-e-storie-paolo-nori-salani-editore-2021-371-pagine-16-90-euro/

 

 

 

CORREGGIO – 25 FEBBRAIO 2021 – PRESENTAZIONE DEL LIBRO :  59 min.

 

 

 

 

Pancetta

Pancetta

di Paolo Nori

 

 

“Qui si parla di una città che si è chiamata nel tempo sia Pietroburgo che Pietrogrado che Leningrado che San Pietroburgo, e che qualcuno pensa si sia chiamata anche Stalingrado, e poi magari anche Chrusčevgrado, e Breznevgrado, e Andropovgrado, Černenkogrado e così via fino a Putingrado, ma chissà se è vero.
Si parla di due ragazzi che c’erano arrivati nel millenovecentododici per studiar matematica ma non gli interessava la matematica, gli interessava diventar dei poeti e in pochi mesi avevan fatto su una raccolta di poesie che se fosse uscita qualche settimana prima sarebbe stata rivoluzionaria e avrebbe cambiato la poesia russa del Novecento e invece è uscita qualche settimana dopo e loro alla fine hanno rinunciato alla poesia son diventati oscuri funzionari di polizia oscuri pope di provincia la cui gloria maggiore dicon sia stata essere entrati a volto coperto a casa di Majakovskij e avergli dato un fracco di legnate, ma chissà se è vero.
E si parla del poeta Velimir Chlebnikov, che nel millenovecentoventidue scriveva. Per me è molto più piacevole / Guardare le stelle / Che firmare una condanna a morte. / Per me è molto più piacevole / Ascoltare la voce dei fiori / Che sussurrano ‘È lui’ / Chinando la testolina / Quando attraverso il giardino, / Che vedere gli scuri fucili della guardia / Uccidere quelli / Che vogliono uccidere me. / Ecco perché io non sarò mai, / E poi mai, / Un governante.”

 

 

 

 

qui sopra da ragazzino

 

qui, più o meno come è adesso

Il caso del corso di Paolo Nori su Dostoevskij all ...

 

o forse così..

 

L'Università dell'Insubria ospita lo scrittore Paolo Nori

 

Paolo Nori è nato a Parma nel 1963 e abita a Casalecchio di Reno. Ha pubblicato diversi romanzi (tra questi Noi la farem vendetta Feltrinelli 2006; Pancetta Feltrinelli 2008, Mi compro una Gilera Feltrinelli 2008) e due antologie di discorsi; ha tradotto e curato l’antologia degli scritti di Daniil Charms Disastri (Einaudi 2003, Marcos y Marcos 2011), l’antologia di Velimir Chlebnikov 47 poesie facili e una difficile (Quodlibet 2009), il romanzo di Lev Tolstoj Chadži-Murat (Voland 2010) e il racconto di Dostoevskij Memorie del sottosuolo (Voland, 2012). Per i Classici Feltrinelli ha tradotto e curato Un eroe dei nostri tempi di Lermontov (2004), la raccolta Umili prose di Puškin (2006), il poema in prosa Anime morte di Gogol’ (2009), i romanzi Padri e figli di Turgenev (2010) e Oblomov di Gončarov (2012).

 

 

 

Gli scarti

Se Vladimir Nabokov, che rimproverava a Gogol di aver fatto indossare a Cicikov una pelliccia d’orso in piena estate, si trovasse a leggere questo romanzo, avrebbe molte cose da ridire. Questo è un romanzo approssimativo, direbbe, fin dall’inizio, a pagina 7: “lo esco poco esco pochissimo, esco”. O esci poco, o esci pochissimo, o esci. E come mai il protagonista, Learco Ferrari, a pagina 12 fa intendere che insieme a Gli scarti sta scrivendo un altro romanzo, un romanzo “con un tono molto preciso, tra il buffo e il sentimentale, e vago, e spaesato, ai limiti del remissivo”, e poi a pagina 63 e a pagina 99 e 119 e 137 si scopre che quest’altro romanzo non è né buffo né sentimentale, né vago né spaesato, e non ha neanche un tono molto preciso. E a pagina 17 si legge “firma autografa”, come se una firma potesse non essere autografa. Per non parlare del fatto che a pagina 14 si dice che il calcio elettronico è un gioco molto difficile, e poi a pagina 81 si dice che al calcio elettronico della stazione di Bologna vincere è facile, “basta scegliere l’Argentina e fare un gioco molto aggressivo, soprattutto in attacco, dopo poi gli avversari vanno in confusione di solito riesci a far gol”. E a pagina 77, dove si dice “questo cognome Natalìa Ginzburg”. E’ forse un cognome, Natalìa Ginzburg? E poi, che razza di romanzo è, un romanzo dove c’è un gatto che si mette a parlare?

 

 

 

 

Ente Nazionale della Cinematografia popolare

Ente Nazionale della Cinematografia popolare

di Paolo Nori

PRESENTAZIONE DI FELTRINELLI

Regista spaesato e improbabile, spedito in terre lontane a caccia di suoni, odori e immagini da un fantomatico Ente Nazionale della Cinematografia Popolare, Paolo Nori ci fa scorrere dinanzi agli occhi le vite non illustri, i dettagli minori, gli sfondi non abusati che soli sanno ricreare il fascino e lo straniamento del viaggiatore.
Scandito come un racconto di viaggio in quattro sequenze, il romanzo di Nori apre scenari inconsueti, ci fa sentire l’odore familiare che fa del mondo una domestica accolita di svagati protagonisti dell’arte di arrangiarsi. Ecco allora l’America del profondo Mississippi con i suonatori ciechi, il sentore di pollo fritto, gli improbabili poliziotti mammoni armati fino ai denti, le villette dai praticelli ordinati, un B.B. King ormai caricatura di se stesso. E poi eccoci in Africa a Marrakech, piazza Jamaa el-fna. ‟Français? Español? English? Sprechen Sie Deutsch?” chiedono i ragazzini quando ti vedono che sei occidentale. Piramidi di colori, profumi d’Oriente, molesti imbonitori che in un comico crescendo cercano di accontentare ogni possibile desiderio, dalla cartella in cuoio al più vario gusto sessuale. E infine in Carelia e sulla Transiberiana, tratta Mosca-Vladivostòk. Biancore abbacinante e gelo; vecchie contadine assiepate alle fermate e nuovi biznesmèn sgraziatamente fasciati di Armani, intraprendenti neurochirurghe dedite ai ‟massaggi armonici”, storie e aneddoti della nuova Russia tra i fantasmi degli antichi fasti.
‟I biznesmèn, in Russia, sono sempre vestiti molto eleganti occidentali con delle giacche delle cravatte delle scarpe inglesi lucide lucide, e nonostante l’eleganza dei loro vestiti i biznesmèn russi li vedi che sono a disagio, sono sempre lì che si toccano le cravatte come a dire Cos’è, questa roba? son sempre lì ad aggiustarsi la giacca come a dire Come cade, questa palandrana, con tutto quello che l’ho pagata?”

 

 

“In questi giorni in cui rivedo le bozze di Ente Nazionale della Cinematografia Popolare, per un altro motivo mi son messo a leggere Conversazione in Sicilia, di Elio Vittorini, che non avevo mai letto.

Mi è venuto subito in mente Zavattini e un dialogo da I bambini ci guardano, di De Sica, dialogo che forse non ha scritto Zavattini ma sembra scritto da Zavattini.

Con un bambino che va a giocare col monopattino ai giardini pubblici e diventa per un attimo il capo di tutti i bambini e tutti gli chiedono di fare un giro, o almeno di appoggiare il piede, e alla fine uno gli chiede Domani ritorni? No, risponde lui, domani vado in Cina.

La stessa cosa la trovo in quel Non c’è formaggio come il nostro, frase semplicissima e efficacissima, mi sembra, come tutto l’inizio della Conversazione in Sicilia, tutto nervi, senza un filo di grasso.

Conversazione in Sicilia mi son messo a leggerlo perché l’ho trovato citato nel primo volume di Fascismo e antifascismo, una raccolta di lezioni e testimonianze tenute al teatro lirico di Milano nel 1961 e pubblicate in due volumi l’anno successivo.

Nel primo volume di Fascismo e antifascismo oltre a Vittorini ho trovato citato Pirandello, una lettera che Pirandello mandava agli organizzatori del Convegno per la cultura fascista che si teneva a Bologna nel 1925, lettera con la quale Pirandello, aderendo al convegno, si scusava di non poter partecipare.

Se Voi mi riconoscete che nella cultura fascista, scriveva, voglio dire nella cultura italiana contemporanea, la mia attività di spirito tiene già da trent’anni un suo posto di combattimento, mi riconoscerete anche certamente il diritto di presumere che la espressione della mia piena solidarietà non Vi paia retorica. Ho sempre combattuto le parole, scriveva Pirandello.

A ma piace così tanto, questo fatto di uno scrittore che combatte le parole, come un musicista che combatte la musica, o un pittore che combatte i colori, o un fotografo che combatte la luce, mi piace così tanto che lo trovo fin commovente.

Ma che cosa c’entra Ente Nazionale della Cinematografia Popolare?

Ente Nazionale della Cinematografia Popolare è un libro, mi sembra, che come frase va in quella direzione di asciuttezza di austerità, e come struttura è fatto poi quasi tutto come l’inizio di questo pezzo che dovrebbe spiegarlo: è fatto di citazioni, di dialoghi, di pezzi di guide turistiche, di cartoline, di stanze d’albergo, di teologie di paese, di lingue di paese, di cosmografie personali, di inglese da giapponesi, di cartelloni pubblicitari, di furti, di recriminazioni, di leggende, di tutto, e è tenuto insieme con lo spago di un posto che si chiama Sfondo dove vivono solo dei ferrovieri.

All’inizio il libro si chiamava proprio così, Sfondo, poi il titolo mi sembrava che non rendesse l’ho cambiato in Quattro tentativi per diventar niente, che poi però mi è sembrato troppo esplicito l’ho cambiato in Sottile, poi inspiegabilmente un pomeriggio ho avuto un’improvvisa passione per Malincuore, poi quella stessa sera il romanzo è tornato di nuovo a chiamarsi Sottile, poi subito dopo per qualche minuto è stato Gentile, poi per un attimo, ma così, per far l’asino, è stato Incantevole, poi quando ha cominciato a allargarsi è diventato Vita sbandata nel mondo del cinema di un fuoriuscito della cricca emiliana, poi si è ristretto ancora è tornato a chiamarsi come si chiamava all’inizio poi a un certo momento mi è venuta in mente una cosa che diceva mio babbo.

Le viti, diceva mio babbo, a starle a sentire, delle volte ti parlano, anche se ti dicono sempre la stessa frase: Fammi povera, e ti farò ricco.

Mi è tornata in mente per via che questo libro, intanto che lo scrivevo e lo riscrivevo, avevo avuto più volte la tentazione di infilarci dentro dei pezzi che avevo già scritto, che avevo anche letto in pubblico e che sembrava che funzionassero, solo che era come se il romanzo li rifiutava, come se a starlo a sentire dicesse quella cosa che dicevan le viti Fammi povero, diceva il romanzo, e ti farò ricco.

Allora si è chiamato poi Fammi povero, e sembrava finita.

Solo che poi, è saltato fuori che il libro forse alla fine era un libro di fantascienza, e che il centro di questo romanzo era forse nel fatto che i romanzi non eran romanzi, erano film, e che i romanzieri non eran scrittori, eran registi.

Che era una cosa che un po’ esasperava una tendenza che mi sembrava di avere notato che vuole che la massima riuscita, per un libro, sia diventare un film. O, ancora meglio, uno sceneggiato televisivo.

È talmente forte, ho pensato a un certo momento, questa vocazione cinematografica e televisiva, che molti libri alla fine ormai hanno anche i titoli di coda.

Io a un certo punto mi è capitato in mano un libro coi titoli di coda, ho pensato che era come se andavo al cinema e alla fine c’era l’indice.

È come se i libri da soli fossero ancora una forma intermedia, ho pensato, come se aspirassero tutti a andare a finire nel serbatoio della cinematografia nazionale che quella lì sì, invece, che conta, il destino del cinema italiano, o dello sceneggiato televisivo, italiano.

Allora lì il libro ha preso il suo titolo definitivo, e adesso tra qualche giorno vediam cosa dice.

P. N.

Bologna, 2 aprile 2005 ”

( SEMPRE FELTRINELLI )

 

 

 

 

 

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