Gli anni forti
Manni, 2017
pp. 192
Tra le mura di Villa Gina scorre un trentennio di storia d’Italia, dal dopoguerra fino al delitto Moro, vissuto attraverso gli occhi dell’autrice, dapprima bambina poi adolescente e giovane inquieta.
In un Paese ancora immerso nella civiltà contadina irrompe la modernità, i primi miti del consumismo, fino alle speranze del Sessantotto cui la protagonista, universitaria a Firenze, partecipa.
Le contraddizioni della famiglia, i rapporti con l’altro sesso e gli amici, le ingenuità e le speranze segnano il cammino di una ragazza che tenta di superare i limiti e le rigidità ideologiche di quegli anni, conservandone però l’energia e l’impegno civile. E ci sono sempre le solide mura di casa a dare stabilità, e nello stesso tempo a spingere fuori.
video, 3 min. ca — intervista all’autrice — RAINEWS/ TGR
RECENSIONE
09 APRILE 2017
” Gli anni forti” di Paola Martini
di Maria Sardella*
Comincia tutto da una casa, anzi da una villa. Un’antica dimora sulle colline attorno a Firenze, che non sfigura accanto ad altri edifici storici di clero e nobiltà, che formavano il paese. Le trasformazioni e i passaggi di proprietà ne avevano accresciuto la bellezza e il prestigio. Finché, a conclusione della guerra, nel ’43 gli ultimi proprietari la cedono, costretti dalle circostanze, a Ottavio Fogli, nonno materno della protagonista. La villa si chiamerà da quel momento Villa Gina, come la moglie del signor Ottavio.
Ecco, è questa la tonalità narrativa che costituisce la peculiarità del romanzo di Paola Martini: uno sguardo leggero e incantato su ciò che accade a lei stessa bambina, alle sue piccole preoccupazioni, alla vita di famiglia e verso tutto ciò che si muoveva intorno.
La vita della protagonista si svolge tra due poli ambientali e affettivi: la casa e la scuola. La casa, bella grande e fredda d’inverno, tenuta viva più che da una madre piuttosto appartata e distante (“Mia madre era e resterà per tutti la ‘signora Lia”/ “La mamma non era esclusa dalla mia vita. La mia intimità le era però ignota”) dalla Tata tuttofare. A lei si rivolge la bambina per cercare sostegno e conforto, è la Tata (la maiuscola credo sia una precisa scelta stilistica dell’autrice) ad insegnare alla piccola le preghiere, a insegnare a Paola e a Chiara, piccole faccende (“Ma li hai insaponati bene i calzini, tesoro? Tieni, struscia forte col bruschino…)”; Tata le svela la durezza della vita di quelli che vivono oltre le mura di cinta della bella villa, è la Tata a trasmettere il rifiuto dello spreco così legato al mondo, l’attenzione ai sentimenti, e anche all’educazione. A Paola, già pensosa e incline alla riflessione sono dirette le parole della Tata, maestra e guida: “Ma a cosa pensi, Paola? Smetti di pensare: la vita viene da sé”.
Alla saggezza contadina si oppone la scuola con i suoi banchi di legno, i quadernetti con la copertina nera e l’assillo di evitare macchie d’inchiostro e orecchie. La scuola, con la netta divisione che i bambini percepivano chiaramente tra i benestanti, disciplinati e capaci, e i poveri, a cui si aggiungevano sempre più numerosi i figli degli emigranti, sciatti e asini. Una divisione che presto Don Milani mostrerà nel suo inganno, smascherando il concetto meritocratico che attribuiva ai bravi figli di papà qualità innate ed evidenti.
Ai suoi professori di Liceo Scipione Guarracino e Marcello Rossi, Paola deve la sua consapevolezza sociale, la presa di coscienza sui racconti della tata e sulle verità E quello che era solamente dolore per la persona cara diventa pensiero meditato sulla condizione sociale dei più. “I CARE”. La guerra di Piero e Bocca di rosa, due eroiche dimensioni che l’etica famigliare non avrebbe potuto concepire né approvare. Una parte consistente della colonna sonora che condurrà la protagonista per mano fino alle prime occupazioni dell’Università degli anni Settanta, alla scoperta della sessualità fino al matrimonio con Carlo, che segna la conclusione del romanzo.
Si dev’essere grati alla scrittrice di aver messo il punto fermo alle vicende raccontate proprio a questo punto della narrazione. Si intuisce che dal quel momento la vita cambierà completamente e così la percezione e la consapevolezza della protagonista. Ma a noi lettori Paola ha voluto consegnare lo sguardo incerto e spesso ambiguo della crescita, dei dubbi, della formazione. L’incanto di un tempo avido di affermazioni e di esperienze eppure, a volte, sorprendentemente disincantato, proprio della giovinezza, dell’apprendistato necessario e complicato. Dopo, nulla sarebbe rimasto lo stesso.
Paola Martini. Gli anni forti. Manni 2017.
* Maria Sardella nata a Canosa di Puglia docente di Lettere e autrice di numerosi romanzi tra cui La musica del mais.
L i b e r e R e c e n s i o n i, 9 aprile 2017
da : https://recensione.blogspot.com/2017/04/gli-anni-forti-di-paola-martini.html