FEDERICO PETRONI, Gli Stati Uniti tirano il freno a mano con Israele. Benché favorevole a eliminare Hamas, Washington vuole scongiurare una grande guerra in Medio Oriente, che Cina e Russia si approprino della questione palestinese e che l’alleato si suicidi entrando a Gaza. Non è detto che la macchina si fermerà. — LIMESONLINE — 16 OTTOBRE 2023

 

 

LIMESONLINE — 16 OTTOBRE 2023
https://www.limesonline.com/rubrica/usa-invasione-gaza-evacuazione-civili-blinken-netanyahu

 

Gli Stati Uniti tirano il freno a mano con Israele

TOPSHOT - Israeli army tanks and vehicles deploy along the border with the Gaza Strip in southern Israel on October 13, 2023. Thousands of people, both Israeli and Palestinians have died since October 7, 2023, after Palestinian Hamas militants entered Israel in a surprise attack leading Israel to declare war on Hamas in the Gaza Strip enclave on October 8. (Photo by JACK GUEZ / AFP) (Photo by JACK GUEZ/AFP via Getty Images)

Carri armati dell’Esercito israeliano si schierano lungo il confine con la Striscia di Gaza, il 13 ottobre 2023. Foto di Jack Guez/Afp via Getty Images

 

 

FIAMME AMERICANE ( vedi subito sotto )

Benché favorevole a eliminare Hamas, Washington vuole scongiurare una grande guerra in Medio Oriente, che Cina e Russia si approprino della questione palestinese e che l’alleato si suicidi entrando a Gaza. Non è detto che la macchina si fermerà.

 

di Federico Petroni

Fiamme Americane è l’osservatorio di Limes sugli Stati Uniti e sul rapporto tra discordia interna e politica estera. Rubrica curata e ideata da Federico Petroni, con la collaborazione di Giacomo Mariotto. Tutte le puntate a questo link.

 


Il presidente statunitense Joe Biden definisce «un grande errore rioccupare Gaza». Il suo segretario di Stato Antony Blinken invoca il rispetto delle «regole di guerra». Sempre Biden dice che «la stragrande maggioranza» degli abitanti della Striscia non ha colpe, distanziandosi dal presidente di Israele, Isaac Herzog, per cui «la retorica sui civili inconsapevoli e non coinvolti non è affatto vera».


Filtra che Washington avrebbe chiesto di «posporre un’operazione terrestre», poi corretto in «tenere conto dei civili». Di fatto significa ritardarla, per provare a evacuare 1,1 milioni di persone nella Striscia da nord (centro delle operazioni) a sud (possibile safe zone) prima dell’attacco massiccio.


Scrivevamo la scorsa settimana che gli americani avrebbero esercitato pressioni sull’alleato per moderare la sua risposta bellica. Le pressioni sono arrivate ancora prima del previsto.


Il motivo è che gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati delle conseguenze strategiche di una catastrofe umanitaria. Favorevoli a una sconfitta definitiva di Ḥamās (Hamas), non intendono costringere Israele a un cessate-il-fuoco che equivarrebbe a una vittoria per i suoi nemici. Però ritengono prioritario scongiurare l’allargamento della guerra, impedire a Cina e Russia di impossessarsi della questione palestinese in chiave anti-occidentale e salvare il loro alleato dal suicidio strategico.


Washington teme che altri attori intervengano nel conflitto.

Il secondo fronte con Ḥizbullāh (Hezbollah) è di fatto già aperto e basta una miccia per scatenare un massiccio lancio di razzi. In Cisgiordania le tensioni fra i coloni ebrei e i palestinesi sono alle stelle.

In Siria le milizie iraniane si tengono pronte e gli attacchi aerei israeliani sugli aeroporti di Aleppo e Damasco suggeriscono attività di Teheran per rafforzare le sue capacità offensive in loco.

 

Geografia della Siria - Wikipedia

SIRIA  da : Wikipedia

 

L’Iran avverte di «un enorme terremoto» se Israele non fermerà i bombardamenti su Gaza.


La guerra non sarebbe limitata ai quattro fronti di Gaza, Cisgiordania, Libano e Siria.

In Iraq il parlamento invoca l’attivazione del Trattato di difesa comune della Lega araba.

Dallo Yemen le milizie filo-iraniane promettono fuoco e fiamme.

 

Yemen - mappa stradale - con
da : Map Store

 

Le truppe americane in Siria e Iraq o la navigazione, non solo militare, tra Mar Rosso e Golfo di Aden potrebbero diventare dei bersagli.


Carta di Laura Canali - 2023

Carta di Laura Canali – 2023


Una conflagrazione del Medio Oriente sarebbe uno schiaffo alle capacità dissuasive dell’America. Ennesima distrazione di risorse dalla sfida con la Cina. Stavolta potenzialmente esiziale.


Per gli americani, ora la posta in gioco è testare l’interesse delle principali potenze a evitare che la situazione finisca fuori controllo.

L’Iran sembra ancora non essere intenzionato a intervenire. Il suo monito è suonato meno come una dichiarazione di guerra a Israele e più come un invito a non costringerlo all’escalation. Evidentemente apprezza che l’intelligence americana dica di non avere prove che l’attacco del 7 ottobre è opera di Teheran. Anche per questo, su invito dei sauditi, Blinken ha telefonato a Pechino per esortarla a usare la sua influenza sulla Repubblica Islamica per contenere la violenza. La Cina ha risposto che vuole un cessate-il-fuoco. Interesse diverso da quello americano, che difende il diritto d’Israele a colpire Hamas, ma non necessariamente incompatibile.


Intanto, la questione palestinese è tornata alla ribalta come strumento di pressione sull’Occidente.

Cina e Russia si sono impossessate della «soluzione dei due Stati» perché quasi tutto il mondo fuori dal campo americano riconosce formalmente una sovranità alla Palestina. Intendono usarla per raccogliere adesioni nella sfida all’egemonia normativa statunitense. Per dimostrare di non essere isolate e di saper costruire coalizioni di consenso.


La guerra di Gaza manifesta la contrazione delle capacità americane di persuasione. È un nuovo episodio del crescente distacco dalle priorità dell’Occidente dei paesi non occidentali, il presunto Sud globale. Esattamente come buona parte del mondo condanna l’aggressione all’Ucraina ma non partecipa alla guerra economica contro la Russia, ora molti paesi condannano il barbaro attacco di Hamas ma pretendono un contenimento della violenza o addirittura un cessate-il-fuoco. Anzi, lo usano come modo per riproporre la questione di uno Stato palestinese.


Questo ha obbligato Biden, il primo presidente degli Stati Uniti da almeno cinquant’anni a non aver proposto un piano di pace per la Terrasanta, a dire che Hamas deve essere eliminato ma «ci deve essere un percorso verso uno Stato palestinese».


Non è solo necessità diplomatica. Washington sta contestando al governo di Gerusalemme di non avere un piano per il dopo-Gaza.

Un ex consigliere alla sicurezza nazionale di Israele conferma: «Non me ne frega un accidente. È molto più importante agire ora e finirla con quel problema. Poi decideremo che cosa fare». Qualcuno definirebbe l’atteggiamento astrategico. Invece è una perfetta rappresentazione della mentalità strategica di Israele: ristabilire la deterrenza, unica fonte certa di sicurezza, per guadagnare un giorno in più di vita. Non avere un piano è la strategia di Israele. Soprattutto in questi trent’anni di deliberata rimozione della questione palestinese.


A uno sguardo americano, il principale alleato in Medio Oriente è in una situazione tragica. È profondamente spaccato al suo interno, tanto che l’unità del paese sotto attacco non ha nemmeno contenuto la diffusa ostilità verso Netanyahu. È circondato da nemici dotati di armi nettamente più capaci che in passato di colpire ovunque, a sorpresa e in profondità la sua popolazione. Non può mai davvero vincere, perché se anche avesse i mezzi per la completa distruzione di Hamas, non distruggerebbe l’ideologia che gli ha dato vita, cioè l’odio per l’esistenza stessa di Israele, che la violenza della vendetta aiuterebbe soltanto a diffondere.


Questo implica che gli Stati Uniti dovrebbero impegnarsi al massimo, anche a rischio di tensioni pubbliche con l’alleato, per circoscrivere l’operazione israeliana e aprire un percorso negoziale al termine dell’offensiva. Pena un netto scadimento della sicurezza dei loro interessi in Medio Oriente e un aumento del sentimento antioccidentale in paesi necessari alla loro strategia eurasiatica. Ma sembrano gli unici a desiderarlo davvero, in un mondo che non riconosce più loro un potere di iniziativa incontrastato.


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1 risposta a FEDERICO PETRONI, Gli Stati Uniti tirano il freno a mano con Israele. Benché favorevole a eliminare Hamas, Washington vuole scongiurare una grande guerra in Medio Oriente, che Cina e Russia si approprino della questione palestinese e che l’alleato si suicidi entrando a Gaza. Non è detto che la macchina si fermerà. — LIMESONLINE — 16 OTTOBRE 2023

  1. DONATELLA scrive:

    Periodi storici interessanti ( non per le vittime) !

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