GIUSEPPE UNGARETTI ( Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970 )

 

 

Veglia

 

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

 

Giuseppe Ungaretti: le poesie contenute nella raccolta erano già comparse in precedenti pubblicazioni, fra cui Il Porto Sepolto del 1916.

 

La raccolta si divide in cinque sezioni, ognuna dedicata a periodi differenti, prima, durante e dopo la guerra:

 

  1. Ultime, Milano 1914-1915;
  2. Il Porto Sepolto, dal dicembre 1915 all’ottobre 1916;
  3. Naufragi, dal dicembre 1916 ad agosto 1917, include la famosa poesia Mattina;
  4. Girovago, da marzo a luglio 1918, comprende la altrettanto celebre Soldati;
  5. Prime, Parigi-Milano 1919

 

Ne I fiumi, scritta a Cotici il 16 agosto 1916, Ungaretti rievoca, con i propri ricordi personali, i fiumi rappresentativi della sua vita, ossia l’Isonzo, la guerra; il Serchio, la famiglia d’origine; il Nilo, luogo natale; la Senna, luogo dell’autocoscienza adulta. Attraverso i fiumi il poeta ripercorre le tappe più importanti della sua esistenza, riconoscendosi «una docile fibra / dell’universo».

Pellegrinaggio esprime invece la capacità di trovare la forza interiore per salvarsi dalle macerie della guerra. In essa egli formula la nota definizione di sé: «Ungaretti / uomo di pena / ti basta un’illusione / per farti coraggio».

La poesia più celebre della raccolta è Mattina (M’illumino / d’immenso), scritta a Santa Maria la Longa il 26 gennaio 1917. Composta di quattro parole, è la poesia più breve di Ungaretti, nella quale l’idea di infinita grandezza è resa sinteticamente dal poeta con una immagine che (con le parole di Romano Luperini) «colpisce nella forma della luce».

Soldati (bosco di Courton, luglio 1918) esprime la precarietà della vita dei soldati come quella delle foglie in autunno: con un filo di vento esse possono staccarsi e scomparire, così come può spezzarsi all’improvviso l’esistenza degli uomini e, in particolare, quella dei soldati al fronte.

 

Leone Piccioni ha osservato come la metrica dell’opera sia:

«nuova, scarna, secca, versicoli, al massimo frantumati, anche se tra segmento e segmento circola il canto e si può ricostruire il verso»

rivoluzionando una tradizione poetica che ancora si rifaceva, in gran parte, a Pascoli e D’Annunzio, sebbene già fossero attivi i poeti modernisti, come Guido Gozzano, e futuristi, come Filippo Tommaso Marinetti.

 

 

 

 

 

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1 risposta a GIUSEPPE UNGARETTI ( Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970 )

  1. DONATELLA scrive:

    Bellissime queste poesie, piene di vita anche se parlano di morte.

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