La ballata della piccola piazza
Transeuropa, 2009
In un piccolo paese dell’alta liguria sospeso tra cielo e mare vive una comunità di vecchi e di bambini: sono i giorni più duri della guerra in Italia, dall’8 settembre alla primavera del ’45, una metà degli uomini è dispersa in Russia, l’altra metà alla macchia nella Resistenza.
Nicó e Damìn sono cugini e aspettano, con gli altri, il ritorno dei padri e delle madri di cui non hanno più notizie da un tempo che sembra immemorabile. Forse sono rimasti orfani, e lo sanno. Ascoltano le storie che i vecchi del paese raccontano loro per ingannare l’attesa, sprofondati in un paesaggio da fiaba, legati mani e piedi al doppiofondo mitico di sogni e d’incubi sognati da generazioni, la ruota dei desideri e delle pulsioni più profonde.
Così il mondo dell’infanzia è anche l’infanzia del mondo. Portano le pecore al pascolo, i bimbi vecchi della comunità sospesa sui campi alti del cielo, e vedono i film di Ridolini proiettati sul lenzuolo in una lurida cantina. I giorni sembrano lunghi mesi, i mesi anni: è la stagione più intensa e commovente dell’esistenza, e verrà travolta da eventi capaci di segnare una vita in un modo che una vita non basta a decifrarli.
Citazioni
Nicó amava la valle, per lui non c’era altro mondo. Mi diceva a volte passandomi il braccio attorno: «È benedetta questa valle, nell’antichità ci ha cagato un santo di passaggio; guarda, grandi abeti lassù, nei boschi di Furcuin, castagni e pascoli sulle pendici di Prealba, dalle cime scendono torrenti d’acqua per irrigare gli orti, guardala bene, c’è tutto nella nostra valle.»
«Ma Omi e Dones si rifugiavano proprio qui sul poggio?» domandò Nicó.
«Proprio lì sul poggio, dove termina il sentiero e i pini hanno il muschio sui tronchi e se ci si affaccia dallo strapiombo si sente la voce dell’Ubagu che sussurra come in una conchiglia il mare. Dal suo fondo insondabile risalgono gli animali moribondi, si sdraiano sul poggio al sole e guardano con meraviglia per la prima e l’ultima volta il mare.»
Avevamo raggiunto il pianoro, le pecore sazie acceleravano il passo e si avviavano silenziose allo staggio.
L’ultimo sole le tingeva d’oro, lasciando nell’ombra il fondovalle.
«Giacco» chiesi, «batte ancora il cuore dell’Ubagu?»
«Batte, batte.»
Scheda di approfondimento
«Un libro pieno di rimandi e di favole, favole come solo un bambino riesce a raccontare e ascoltare, favole dure, di vita e di morte di una generazione di bambini che hanno giocato durante una guerra. Il periodo è infatti quello della guerra civile, inizia il 9 settembre, con una colonna di soldati che risalgono dalla costa, diretti in Piemonte. Il luogo è la frontiera, vallate a ridosso di scogliere e falesie. Luogo di favole, si diceva, e di metafore, di montagne piene di scalinate che salgono ai campi alti nel cielo, e di alberi che somigliano alla grande nuvola, e di torrenti e anguille e capre.
«Troveremo nella Ballata i cinema muti e le vecchie signore ebree scappate dalla città. Le scimmie nelle gabbie di Voronoff.
«E il mondo di Vincenzo Pardini e Rigoni Stern, con il fine repertorio linguistico caro a Biamonti. Troveremo la musica che a volte manca ai sogni.»
Dalla prefazione di Marino Magliani al romanzo