Il risveglio del mondo
Testimonianze sul Parlamento Mondiale
A cura di Mario Capanna
Collana: Fuori collana
2022, 192 pp.
Sinossi
Un Parlamento Mondiale, rappresentativo di tutti i popoli, da questi eletto in base al principio secondo cui “ciò che riguarda tutti deve essere deciso da tutti”. Questo occorre per salvarci insieme dai pericoli che minacciano ormai la sopravvivenza stessa dell’umanità: dai mutamenti climatici alla ripresa della corsa agli armamenti, dalla “terza guerra mondiale a pezzi” (come l’ha definita papa Francesco) alla iniqua società dell’uno per cento.
Questo libro attesta che l’idea-progetto di tale Parlamento ha superato un primo “collaudo”, trovando la condivisione di illustri studiosi. Numerose personalità della cultura, della filosofia, della scienza, del diritto, dell’economia e della politica argomentano in profondità e sostengono che la proposta è adeguata al marasma attuale del mondo.
Anziché utopico, il Parlamento Mondiale appare come uno spiraglio di sole tra la nebbia, presagio del suo dissolvimento. D’altra parte, dinanzi a pericoli estremi, non ci resta che riporre fiducia nelle capacità umane di affrontarli e superarli.
IL FATTO QUOTIDIANO — 12 AGOSTO 2022
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/08/12/soltanto-lequita-cambiera-la-terra/6760366/
UN’AULA
PER TUTTI
I POPOLI
Il volume di cui riportiamo il testo di Giorgio Parisi, declina il pensiero di Mario Capanna: un Parlamento mondiale rappresentativo di tutti i popoli, eletti in base al principio che dice : ” Ciò che riguarda tutti deve essere deciso da tutti “, solo efficace rimedio per curare tutti i mali che affliggono il pianeta dal cambiamento climatico all’iniqua società dell’1% alla ” terza guerra mondiale a pezzi “
RICETTE PER IL PIANETA
Soltanto l’equità cambierà la terra
IL PASSO FONDAMENTALE – Le diseguaglianze sono forse l’ostacolo più serio per risolvere i problemi mondiali che devono essere affrontati in una prospettiva solidale: a iniziare dal cambiamento climatico
L’umanità deve fare delle scelte essenziali, deve contrastare con forza il cambiamento climatico. Sono decenni che la scienza ci ha avvertito che i comportamenti umani stavano mettendo le basi per un aumento vertiginoso della temperatura del nostro pianeta.
Sfortunatamente le azioni intraprese dai governi non sono state all’altezza di questa sfida e i risultati finora sono stati estremamente modesti. Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti: le inondazioni, gli uragani, le ondate di calore e gli incendi devastanti di cui siamo stati spettatori attoniti sono un timidissimo assaggio di quello che avverrà nel futuro su una scala enormemente più grande.
Adesso che il cambiamento climatico inizia a influenzare la vita delle persone, incomincia a esserci una reazione forse più risoluta, ma abbiamo bisogno di misure decisamente più incisive e non dobbiamo limitarci al solo salvare la nostra coscienza. Dall’esperienza del Covid sappiamo che non è facile prendere le misure efficaci in tempo. Sappiamo tutti che il medico pietoso fa la piaga purulenta; la politica ha il dovere di non essere un medico pietoso: dobbiamo affrontare il compito storico e aiutare l’umanità a passare per una strada piena di pericoli. È come guidare nella notte: la scienza sono i fari, ma poi la responsabilità di non andare fuori strada è del guidatore, che deve anche tener conto che i fari hanno una portata limitata. Anche gli scienziati non sanno tutto. È un lavoro faticoso durante il quale le conoscenze si accumulano una dopo l’altra e le sacche di incertezza vengono pian piano eliminate. La scienza fa delle previsioni oneste sulle quali si forma piano piano gradualmente un consenso scientifico che poi deve influenzare il consenso politico. Abbiamo di fronte un enorme problema, che ha bisogno non solo di interventi decisi per bloccare l’emissione di gas serra, ma anche di investimenti scientifici: dobbiamo essere in grado di sviluppare nuove tecnologie per conservare l’energia trasformandola anche in carburanti, tecnologie non inquinanti che si basino su risorse rinnovabili; non dobbiamo solo salvarci dall’effetto serra, ma dobbiamo anche evitare di cadere nella trappola terribile dell’esaurimento delle risorse naturali. Il risparmio energetico è anche un capitolo da affrontare con decisione: per esempio finché la temperatura interna delle nostre case rimarrà quasi costante tra estate e inverno, sarà difficile fermare le emissioni. Bloccare il cambiamento climatico con successo è un’impresa che impegnerà l’umanità per moltissimi anni e richiede uno sforzo mostruoso da parte di tutti: è una operazione con un costo colossale, non solo finanziario ma anche sociale, con cambiamenti che incidono sulle nostre esistenze. La politica deve far sì che questi costi siano accettati da tutti: chi più ha usato le risorse deve contribuire di più, in maniera da incidere il meno possibile sul grosso della popolazione; i costi devono essere distribuiti in maniera equa e solidale fra tutti i Paesi: la decenza richiede che i Paesi che attualmente incidono sulle risorse del pianeta devono fare gli sforzi maggiori. Sono enormi le sfide poste dal cambiamento climatico, a partire dalla necessità di costruire una economia che si basi su fonti rinnovabili.
Sono sfide globali che si possono affrontare solo con il contributo e la solidarietà di tutte le nazioni. Ma non è facile mettere d’accordo ricchi e poveri che nella vita di tutti i giorni hanno interessi talmente diversi. Le diseguaglianze sono forse l’ostacolo più serio per risolvere questi problemi che devono essere affrontati in una prospettiva equa e solidale. È difficile fare questo in un mondo minacciato dall’incubo delle guerre.
Per costruire armi di distruzione di massa l’umanità usa risorse sterminate che potrebbero essere utilizzate per programmi molto più utili. Proprio per questo motivo, insieme a un’altra cinquantina di premi Nobel e alcuni presidenti delle accademie più importanti, ho firmato un appello perché tutti i Paesi del mondo nei prossimi cinque anni diminuiscano le spese militari del 2% annuo. Non è una proposta rivoluzionaria in quanto si tratterebbe di una riduzione minimale, ma sarebbe un’importantissima inversione di tendenza che ci potrebbe fornire i mezzi per migliorare la vita di tutti fronteggiando le emergenze planetarie. Serve un luogo in cui l’umanità possa confrontarsi su questi grandi temi. Abbiamo ovviamente l’ONU, dove la principale assemblea deliberativa è l’Assemblea Generale, formata dai rappresentanti di tutti gli Stati membri, uno per Stato, affiancati dal consiglio di sicurezza con quindici Stati, di cui cinque con diritto di veto. Tuttavia, l’Assemblea Generale non è il luogo adatto per questo confronto: infatti ha due difetti essenziali:
• C’è un solo rappresentante per Stato. Questo comporta distorsioni importanti, come quelle nel Senato statunitense, ma su scala infinitamente più ampia in quanto i primi sette Paesi per popolazione racchiudono quasi quattro miliardi di persone (circa la metà del totale) e abbiamo decine di Stati con meno di un milione di persone.
• Sono rappresentati i governi, e non direttamente gli elettori. Abbiamo ben visto negli ultimi anni la differenza tra Consiglio dell’Unione Europea, composto dai ministri dei singoli Paesi, e il Parlamento Europeo, dove i componenti sono eletti a suffragio universale.
Il Parlamento Europeo ha svolto un ruolo fondamentale nel far approvare legislazioni fondamentali per combattere il cambiamento climatico attraverso maggioranze trasversali, dove è più facile fare mediazioni sensate, mentre al Consiglio lo scontro avviene secondo criteri nazionalistici. Per superare queste difficoltà è assolutamente necessario avere un Parlamento Mondiale con presenze distribuite in maniera proporzionale.
Se a ogni Stato venisse dato un numero di rappresentanti per ogni due milioni di popolazione, o frazione, ogni Stato avrebbe quindi almeno un eletto, ma gli Stati popolosi avrebbero una rappresentanza adeguata. Le votazioni dovrebbero avvenire in ciascun Paese a suffragio universale secondo le regole stabilite nel singolo Paese, un po’ come avviene per il Parlamento Europeo, dove per esempio la taglia dei collegi o le soglie di sbarramento sono decise localmente. Riuscire a votare nello stesso giorno in tutto il mondo per questo Parlamento Mondiale sarebbe un successo strepitoso, specialmente se pensiamo alle differenze degli attuali sistemi politici che possono rendere molto difficili votazioni libere in Stati autoritari.
Cosa dovrebbe fare questo Parlamento? A lunghissimo andare dovrebbe diventare l’organo legislativo mondiale, tuttavia siamo enormemente lontani da una situazione i cui i singoli Stati possano fare cessioni di sovranità. È quindi evidente che per un lungo periodo questo Parlamento potrebbe solo essere un punto di discussione e di incontro di posizioni politiche differenti, in maniera da cercare di trovare una sintesi trasversale agli interessi dei singoli Paesi.
Avere un forum dove poter dibattere in maniera democratica come affrontare le future crisi è fondamentale sia per poter approfondire le varie posizioni, ma anche per cercare di arrivare a una sintesi. Attualmente le sintesi vengono cercate in incontri/scontri come il G20, dove spesso le decisioni lasciano il tempo che trovano. È necessario che i vari popoli del mondo incomincino a conoscersi, al di là del turismo, a capire le esigenze gli uni degli altri e questo può essere ottenuto solo mediante il dialogo su temi concreti. Molte delle misure che saranno necessarie in futuro potranno essere impopolari ed è assolutamente necessario ottenere un consenso globale per poter essere messe in opera. Un Parlamento Mondiale è certamente un passo avanti fondamentale in questa direzione.
Sono temi giustissimi, che le circostanze attuali, disastrose, ci impongono di approfondire e, possibilmente, di affrontare. Personalmente credo che questa proposta, ragionevole e allo stesso tempo difficile da attuare se non in tempi lunghi, vada affiancata da una capillare presa di coscienza da parte di ogni nazione e di ogni cittadino per arrivare a leggi ed azioni politiche che vietino pratiche che aumentano il disastro climatico.