ALESSIA CANDITO, “Fermatevi, moriamo”: le bastonate ai profughi dei guardacoste tunisini –REPUBBLICA – 12 GIUGNO 2023

 

 

REPUBBLICA – 12 GIUGNO 2023
https://www.repubblica.it/esteri/2023/06/12/news/tunisia_migranti_violenze_guardia_costiera-404254437/

 

“Fermatevi, moriamo”: le bastonate ai profughi dei guardacoste tunisini

 

NEL LINK DI REP. UN VIDEO DI 1.2 minuti di TIK TOK

 

I video pubblicati dai migranti testimoniano le violenze in mare degli agenti agli ordini del presidente Kais Saied

 

Manganelli, bastoni, mezzi marinai usati come randelli. E poi le voci concitate, le urla di terrore sul barchino stracarico di gente che si stringe alle vecchie camere d’aria usate come artigianale giubbotto di salvataggio. “Fermatevi, fermatevi ci fate ribaltare”. Ma il militare sul gommone della Garde nationale tunisina continua a picchiare.

Non solo quei barchini in ferro che ormai i più chiamano “bare galleggianti”. Non solo il Mediterraneo, mai come quest’anno capriccioso e irrequieto. Per chi tenta di fuggire da Sfax, Mahdia, Chebba, anche le cosiddette “operazioni di salvataggio” della Guardia costiera tunisina, su cui il governo Meloni punta per bloccare gli arrivi, sono un pericolo.

 

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Mezzi e soldi a tunisini e libici: il piano del governo Meloni per respingere i migranti

 

A documentarlo i video – che Repubblica, dopo aver verificato è in grado di mostrare – registrati e diffusi sui social dai naufraghi mentre gommoni e motovedette arrivavano loro addosso. Un messaggio nella bottiglia per chi a terra sa della traversata e aspetta notizie. Un’assicurazione sulla vita, per chi ha la fortuna di avere reti da allertare.

 

“Ci hanno individuato e raggiunto a grandissima velocità, poi hanno iniziato a girarci attorno, sollevando onde altissime che rischiavano di farci ribaltare”. Che siano di legno o di ferro i gusci su cui tanti cercano di fuggire sono naturalmente instabili, in genere vecchi, sempre stracarichi. Basta poco per farli andare giù.

 

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Chi parte conosce i rischi, ma ormai dalla Tunisia – in cui i migranti subsahariani, bollati dal presidente Kais Saied come “persone non grate” perché strumento di un “piano di sostituzione etnica”, da mesi sono vittime di violenze, mentre oppositori politici, sindacalisti, giornalisti, studenti tunisini finiscono in carcere – chi può va via. A qualsiasi costo, con qualsiasi mezzo. Persino feriti gravi e disabili, come quattro dei quarantatré naufraghi sbarcati ieri all’isola di Lampione, ormai tentano la traversata.

 

“Noi urlavamo: perché state cercando di ucciderci?. Ma loro non si fermavano. Allora ho mandato le foto e i video a un mio contatto, che ha subito avvertito Alarm phone”, racconta Fatima, una donna sopravvissuta a un respingimento. “Solo quando abbiamo detto loro che foto e filmati erano già in rete si sono fermati”.

 

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Non succede sempre, confermano le associazioni della società civile, che da mesi cercano di raccogliere materiale. “Uno degli uomini della Guardia costiera ha iniziato a picchiarci violentemente con un bastone di legno. Io gli indicavo il mio piccolo di due anni e urlavo: fermati, non vedi che c’è un bambino?”, ricorda Mariam. “A un certo punto, qualcuno è riuscito a strapparglielo via, ma hanno iniziato a picchiare con una spranga”. Questa, spiega, è la causa di tutti questi naufragi, di tutti questi lutti.
Non è un fenomeno nuovo, da anni vengono documentate violenze su chi tenta la traversata. Ma nell’ultimo anno, le aggressioni – si legge nell’ultimo report Echoes, curato da una piattaforma di associazioni e comitati che si occupano di soccorso in mare, fra cui Alarm phone – sono diventate sempre più violente e sistematiche.

Ma non hanno inceppato, si legge nel report, il flusso di denari che da Italia e Europa è arrivato in Tunisia. “Tra il 2016 e il 2022, sono stati garantiti al Paese più di 37 milioni del Fondo europeo per l’Africa per progetti di gestione di flussi migratori e frontiere”.

E l’Italia ha già fatto la parte del leone, non solo con le sette motovedette messe a disposizione della Guardia costiera: dal 2017 ha staccato un assegno da 75 milioni di euro. Adesso Saied alza ancora la posta, dal governo si invita a “essere pragmatici” perché un Paese terzo sicuro serve. La Tunisia è di fatto il candidato numero uno, ma dall’altra parte del mare, di democrazia azzoppata ogni giorno si muore.

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1 risposta a ALESSIA CANDITO, “Fermatevi, moriamo”: le bastonate ai profughi dei guardacoste tunisini –REPUBBLICA – 12 GIUGNO 2023

  1. DONATELLA scrive:

    I famosi “valori” dell’Europa: persecuzione di chi ha bisogno di aiuto e soldi a chi dà una mano nel perseguitare i poveri.

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