ANSA.IT / ROMA– 29 MARZO 2023 — 18.03 –RIEPILOGO
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Nasce Festival di Letteratura Working Class
31 marzo – 2 aprile a Campi Bisenzio diretto da Alberto Prunetti
Nei periodi di crisi profonda, economica certamente, ma in genere anche politica e ideologica, nasce la necessità di affrontare più direttamente la realtà, per conoscerla, indagarla, trovarvi spunti per riflettere, cercare risposte per agire.
E’ successo tra la fine degli anni ’30 del Novecento, quando esce ‘Tre operai’ di Carlo Bernari, e il dopoguerra con i romanzi di Pratolini, da ‘Metello’ in poi, sino agli anni ’60 coi romanzi di Ottiero Ottieri o Paolo Volponi, passando dal cosiddetto neorealismo alla letteratura industriale, riaccade inevitabilmente oggi e, per fare il punto, ecco che è nato il Festival di Letteratura Working Class.
Si svolgerà dal 31 marzo al 2 aprile a Campi Bisenzio (Fi) presso il presidio Gkn (Fabbrica metallurgica in via di chiusura per delocalizzazione), il cui Collettivo di fabbrica lo organizza con le Edizioni Alegre, in collaborazione con Arci Firenze e con la direzione di Alberto Prunetti.
In libreria si sono cominciati a vedere libri che affrontano e raccontano la realtà dura del lavoro, operaio e non, oggi.
Bompiani ha pubblicato da poco ‘Alla linea’ di Joseph Ponthus (pp. 258 – 17,00 euro) che per sue vicende esistenziali si è trovato a lavorare alla catena di produzione di merluzzi e gamberetti in Bretagna in cui dichiara come ”si possa essere così contenti per la stanchezza e un mestiere disumano” che descrive, ora affascinato, ora stravolto, senza commenti o prese di posizione così che la sua denuncia sociale, implicita, diventa di rara forza e naturale evidenza.
Einaudi pubblica in ebook ‘Cameriera’ di Sarah Graisforth (Collana Quanti, 2,99 euro) in cui l’autrice, che si ritrova a far la cameriera in un caffè per 800 euro con orari da sfinimento, che a casa riesce a stare solo sul letto con le gambe in alto dopo ore di lavoro ripetitivo e di corsa che le pare noioso, inutile frustrante. Infine, solo per citare tre titoli recenti, ecco ‘La porca miseria’ di Cash Carraway (Alegre, pp. 350 – 18,00 euro), memoire di una donna incinta e poi madre single nei quartieri poveri di Londra che si ritrova a far mille lavori precari, tra cui la spogliarellista in uno strip club.
Ecco allora che il Festival di Letteratura Working Class nasce con un suo retroterra, anche se principalmente inglese, l’Inghilterra mostrata da Ken Loach, e annuncia, tra i partecipanti, Simona Baldanzi, Cynthia Cruz, Claudia Durastanti, Angelo Ferracuti e Alessandro Portelli.
Il modello è il Working Class Writers Festival nato appunto nel Regno Unito, a Bristol, nel 2021 che, dopo due anni on line si terrà finalmente dal vivo
”Lo scopo del nostro festival è contribuire a creare un nuovo immaginario di classe – spiegano gli organizzatori – e a dare il giusto peso culturale ad autori e autrici che hanno trattato temi come la provenienza e le ferite di classe, il lavoro oppresso e le sue lotte, gli infortuni professionali, l’orgoglio di essere nati in famiglie operaie. E al contempo sostenere concretamente la cassa di resistenza del Collettivo di Gkn”.
L’apertura della manifestazione sarà un incontro a partire dal libro ‘Non è un pranzo di gala’ del direttore del festival Alberto Prunetti (Minimumfax, pp. 240 – 15,00 euro), indagine appunto sulla letteratura working class, con la Durasanti, Cartwright e Calella. Sabato ci sarà l’incontro con alcuni poeti operai, mentre domenica si parlerà di immigrazione, razza, classe, scrittura, solo per citare gli appuntamenti principali, tra varie presentazioni e discussioni attorno a una testimonianza autobiografica o un saggio e spettacoli, come ‘Majakovskij a Mirafiori’ di Wu Ming 1 la prima sera, proiezione di film e laboratori per i più piccoli.
Alberto Prunetti è figlio di Renato Prunetti, saldatore di Piombino che dieci anni fa scrisse ‘Amianto. Una storia operaia’, e è direttore della collana ‘Working class’ per la casa editrice Alegre, dove ha appena riproposto ‘Tuta blu’ di Tommaso di Ciaula e è uscito ‘Insorgiamo’ del Collettivo di fabbrica Gkn, che raccontano rispettivamente la vita operaia nel sud Italia degli anni Settanta e la lotta d’avanguardia dei metalmeccanici toscani.
Quelle che propone, da pubblicare e al festival, sono opere di narrativa che raccontano la classe lavoratrice dall’interno, ”scritte da persone che per buona parte della loro giornata sono impegnate in attività lavorative malpagate, non valorizzate socialmente, benché importantissime per il funzionamento della società, spesso usuranti o pericolose – spiega –
Si tratta di opere fortemente autobiografiche in cui autori e autrici tendono a rimasticare la propria esistenza se lavori in un ristorante tutto il giorno, come ho fatto io per anni, quando arrivi a casa hai solo in testa il rumore delle cucine. Se prendi carta e penna tendi a raccontare quello e non un’opera di pura finzione. La ragione per cui ho scelto il termine in inglese è semplice: il termine working class è più ampio e inclusivo rispetto a quello di classe operaia”. (ANSA).
Mi sembra importantissimo che nella letteratura e nei film ci sia questa rilettura della Working Class: c’è bisogno di denunciare la situazione attuale del lavoro, c’è bisogno di una sua immagine pubblica e condivisa, come c’era stata in decenni precedenti. La sua rappresentazione, come è già avvenuto in tempi passati, aiuta a formare una coscienza collettiva.