ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti -8.01 -6 aprile 2023 — grazie di ricordare e ricordarci- chiara

 

Foto di gruppo di partigiani scattata
pochi giorni prima del rastrellamento

 

Maggio 1945; così si presentava la Benedicta
dopo che i nazisti la fecero saltare

DA :

 

https://www.isral.it/luoghi-della-memoria/il-sacrario-della-benedicta/il-rastrellamento-della-benedicta/il-rastrellamento-della-benedicta-nella-testimonianza-di-martina-scarsi/

 

ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti”

In località #Benedicta, presso Capanne di Marcarolo, nel comune di #Bosio, sull’Appennino ligure, tra il 6 e l’#11aprile 1944, i fascisti della #GNR di #Genova ed #Alessandria con vari reparti tedeschi, fucilarono 75 #patrioti appartenenti alle formazioni garibaldine.

 

Immagine

 

nota :

 

Bosio – Veduta

Bosio – Veduta
Andre86 – Opera propria

 

Bosio (Beuso in piemonteseBêuxo o Bêuzo in ligure[4], nel 1945 era chiamato Bosio dei Martiri della Benedicta) è un comune italiano di 1 161 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte. Posto tra Gavi e Ovada, Bosio è uno dei comuni del Novese, regione geografica del Basso Piemonte che prende il nome dalla città di Novi Ligure.

 

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L’eccidio della Benedicta

Il cascinale della Benedicta, antico monastero medievale, fu scelto nella primavera del 1944 come quartier generale dei partigiani stanziati in prossimità del Monte Tobbio. Ad essa facevano riferimento diverse centinaia di giovani male armati e privi di addestramento militare.

Il 7 aprile 1944, forze tedesche e fasciste circondarono la zona e passarono immediatamente all’azione. Oltre ai caduti in combattimento, furono catturate e fucilate 97 persone. Altre decine di partigiani furono in seguito fucilati al passo del Turchino, a Voltaggio, a Cravasco, località poco distante da Campomorone. Altri ancora caddero nel corso del rastrellamento, protrattosi per diversi giorni.

Alcune centinaia di partigiani riuscirono a fuggire, mentre altri 400 vennero deportati a Mauthausen (duecento di loro riuscirono, con l’aiuto della popolazione, a fuggire alla stazione di Sesto San Giovanni). Il cascinale della Benedicta venne minato e fatto saltare dai nazifascisti. L’evento è ricordato da un sacrario commemorativo sul luogo della strage.

Nel 2001 è sorta l’Associazione “Memoria della Benedicta” che si propone di costruire, presso i ruderi della Benedicta, un centro di documentazione permanente dedicato all’eccidio e, più in generale, ai temi della guerra e della pace. La prima fase dei lavori dell’Associazione ha permesso di recuperare il grande cortile del cascinale e di consolidare i ruderi.

https://it.wikipedia.org/wiki/Bosio

 

Racconterà una testimone, Martina Scarsi (il racconto è disponibile sul sito dell’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Alessandria Carlo Gilardenghi):

Nel corso di quelle giornate drammatiche noi fummo praticamente isolate. Chiuse in casa, nella impossibilità di potere fare qualcosa. Il nemico spadroneggiava, crudele, arrogante, sicuro e metodico nell’organizzare, nel terrorizzare e nel colpire. Sentivamo il rumore continuo dei camion tedeschi. Li potevamo vedere circolare e salire verso la Colma, verso i laghi della Lavagnina. (…) Capivamo che qualcosa di terribile stava accadendo senza ancora avere un’idea precisa di quello che poi sarebbe accaduto effettivamente. E questo era un po’ lo stato d’animo di tutti. In quella Pasqua furono ben pochi coloro i quali si sentirono di approntare il tavolo come era usanza e tradizione. Le famiglie erano spezzate, quasi tutte avevano uno dei loro cari o un amico in pericolo, legate alle sorti dei combattenti della Benedicta, o forse già colpito mortalmente dai fascisti.
(…) Partimmo e andammo avanti senza più fermarci sino a giungere finalmente al luogo dell’eccidio. Incontrammo per primo un prete domenicano, vestito di bianco, si aggirava attorno a quelle fosse e sembrava pregasse. Poi subito dopo incontrammo una donna con addosso un grembiulino bianco e in mano una bottiglia d’alcool e del cotone. Non lontano un uomo stava seduto su di una pietra e lui stesso, immobile, pareva una pietra. E poi vicino alla donna c’era un bel ragazzo di 12-13 anni con occhi azzurri e capelli ricci e nerissimi. Era in piedi e non diceva nulla. Questo fu il nostro primo incontro. Erano i genitori e il fratello minore di due partigiani fucilati che stavano cercando tra i tanti cadaveri della Benedicta. Eravamo soli, in tutto sei persone vive in mezzo a tanti morti trucidati dalla barbarie nazista.
Mi avvicinai ad un albero. Era da tempo un albero secco e vidi in terra tanto sangue e poi dei pezzi di cranio. Uno spettacolo spaventoso. Cominciammo ad alzare una di quelle sette pietre e a scoprire il volto di quei sette caduti. Il primo fu per noi sconosciuto. Il secondo anche. Finalmente con la terza pietra scoprimmo che si trattava del povero Romeo. Lo dissotterrammo. Aveva il volto intatto, pareva sereno. Spostammo poi le altre e trovammo anche Aldo Canepa. Continuammo a piangere in silenzio. Andammo al grande cascinale “La Benedicta”. Trovammo in terra tutto attorno, carte da gioco, spazzolini, dentifrici, ogni cosa e tanta legna bruciata. La “Benedicta” era stata fatta saltare con la dinamite. Recuperammo tutti i pezzi di legna possibile e con essi andammo a coprire il volto di quei ragazzi. Ritornammo poi vicino ai genitori di quel ragazzo. Aiutammo quella povera donna. Il padre non era più in grado di fare qualcosa. Era impietrito. Stava solo, e guardava nel vuoto. Anche il ragazzo continuava a rimanere immobile e ci guardava. (…) Che cosa fare ora? I fascisti erano baldanzosi ed erano convinti che quella loro lezione sarebbe servita a debellare una buona volta per sempre il movimento partigiano. Pensavano certamente di averci piegati e sottomessi. Molti tra noi in quella tragica primavera del 1944 speravamo nell’avanzata degli alleati e in una liberazione non lontana dell’Italia. Ma le cose poi non andarono proprio così. Ma cosa fare subito? Non prevalse né la rassegnazione, né la paura. Davanti all’arroganza ed alla ferocia del fascismo, non disarmammo. (…) Da lì ripartì con slancio la riscossa e ben presto i tedeschi e i fascisti a loro asserviti si accorsero di avere fatto con i partigiani della Benedicta conti sbagliati. Era la strada giusta per stare vicini ai martiri della Benedicta, rispettarne la volontà e continuare quel glorioso cammino che il nazismo aveva creduto di interrompere per sempre nell’aprile 1944.

DA :  — TESTO E FOTO

I martiri della Benedicta

Logo Collettiva

https://www.collettiva.it/copertine/italia/2021/04/06/news/i_martiri_della_benedicta-985726/

 

 

 

 

 

I ruderi dell’ex abbazia della Benedicta
Andre86 – Opera propria

https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_della_Benedicta

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1 risposta a ANPI III Municipio Roma “Orlando Orlandi Posti” @ANPIRomaPosti -8.01 -6 aprile 2023 — grazie di ricordare e ricordarci- chiara

  1. DONATELLA scrive:

    Fa impressione pensare a quanti posti dell’Italia sono stati segnati da queste stragi orrende e quante persone hanno vissuto nella paura tanti mesi!

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