Roberto Ciccarelli, Davide Borelli: «Il re è nudo: la meritocrazia serve a giustificare le disuguaglianze» –+ IL MANIFESTO di Luciana Cimino + altro

 

IL MANIFESTO  11  APRILE  2023
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Davide Borelli: «Il re è nudo: la meritocrazia serve a giustificare le disuguaglianze»

 

 

Davide Borelli: «Il re è nudo: la meritocrazia serve a giustificare le disuguaglianze» | il manifesto

Davide Borrelli (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli)

 

INTERVISTA. Davide Borrelli, sociologo all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli: “Come nella favola di Andersen oggi sono in pochi ad avere il coraggio di denunciarla, tranne il famoso bambino. Dovremmo imparare da lui come si fa”

 

 

 

 

Davide Borrelli, sociologo al Suor Orsola Benincasa di Napoli, a Padova gli studenti che hanno denunciato la decisione di attribuire un bonus di 100 euro a chi prende una media superiore al 9 parlano di una «competitività tossica». Cosa significa?

La competizione è tossica perché esprime una filosofia dell’educazione fondata sul bastone e la carota. Come se la posta in gioco nell’educazione fosse assoggettare lo studente a un sistema di valori individualistici ed eterodiretti. La logica del premio esclude proprio ciò a cui l’educazione dovrebbe servire, a formare persone autonome e responsabili. Non è casuale il lapsus di qualche mese fa del ministro Valditara quando ha parlato di «umiliazione» degli studenti.

 

Quanto pesa in questa trasformazione dell’istruzione l’idea per cui lo studio serva solo a trovare un posto di lavoro?

Questa idea è molto diffusa ed è il risultato di una concezione che vede lo studio dipendente solo da motivazioni estrinseche. All’origine della parola latina «studere» c’è invece una motivazione intrinseca al soggetto, cioè il suo desiderio. Si studia innanzitutto perché si ha piacere a farlo. Se invece si finalizza lo «studium» a ottenere un premio, o un lavoro, si rischia di corrompere la motivazione che è alla base dello studio stesso. La parola «merito» è presente anche in quella di «meretricio». Studiare per un premio significa in qualche modo prostituire ciò che di più intimo abbiamo: il desiderio di apprendere.

 

Chi parla di meritocrazia» tiene a riequilibrare il proprio discorso con misure chiamate di «equità». Il governo Meloni, per esempio, ha eliminato il bonus cultura «universale» agli studenti per erogarlo a chi ha 100 alla maturità e a chi ha l’Isee basso. Cosa significa?

In questi e altri casi il «merito» è usato per giustificare le disuguaglianze esistenti. Se prendo atto che la società è diseguale posso fare due cose: o intervengo per diminuire il gap tra i ricchi e i poveri oppure definisco «meritata» questa situazione e quindi mi sento legittimato a lasciare le cose come sono. Mi sembra che il governo che ha istituito un ministero con la parola merito abbia intrapreso la seconda strada.

 

Che cos’è allora la meritocrazia? Un mito, una religione, un’ideologia?

Il dibattito sul merito è antico e nasce in ambito teologico.

Il conflitto sulla salvezza dell’uomo tra cattolici e protestanti verteva intorno all’alternativa tra libero arbitrio e grazia divina. Per Lutero ci si salva solo attraverso la grazia di Dio, il libero arbitrio è «servo».

Quando si afferma che il destino dell’individuo dipende interamente dal suo merito si dimentica che l’individuo non è un’isola e deve le sue fortune anche al contesto naturale e sociale. Il meritevole è spesso colui che ha goduto di benefici, come nascere in un certa parte del mondo o in una certa famiglia dotata di capitale economico e culturale. Eppure dimentica le condizioni di partenza che l’hanno favorito e tende ad attribuirsi ciò che in realtà è frutto di congiunture favorevoli esterne. Cicerone diceva che la fortuna non solo è cieca ma rende ciechi coloro che ha abbracciato.

 

Per anni si è detto che il «merito è di sinistra». È mai stato così?

Direi proprio di no, tanto è vero che sono gli studenti in questi mesi a denunciare ciò che era evidente sin dall’inizio, per chi lo avesse voluto leggere. Il merito è di destra. Oggi si può dire che chi ha sostenuto idee simili sia stato l’utile idiota dell’attuale svolta autoritaria.

 

Lei ha scritto che la scuola e l’università, più che di una teologia, hanno bisogno di un’ecologia. Che cosa intende?

Salvaguardare le possibilità di immaginare un mondo diverso che, al momento, non è praticata in una società neo-liberale dove si pretende che scuola e università siano finalizzate al placement ( al piazzarsi ). Altrimenti si finisce per esaurire ogni energia per l’evoluzione stessa della società.

 

Pur in maniera contraddittoria la «meritocrazia» è stata accettata dalla maggioranza. Come lo spiega?

È molto difficile schierarsi contro il merito perché significa esporsi al sospetto di non essere abbastanza meritevole o avere interesse a non esserlo. È un argomento potente.

 

Come si esce dalla trappola?

Come nella favola di Andersen sul vestito nuovo dell’imperatore. Ci sono due truffatori che si recano dal Re e gli promettono un abito miracoloso la cui peculiarità è essere visto solo da chi è meritevole della posizione che ha. Chi non lo vede non è meritevole. Nella favola nemmeno il Re riesce a vederlo, ma finge di vederlo come tutti gli altri nel suo regno. Se ne accorge un bambino che dice: «Il re è nudo». Questo significa che il vestito non esiste esattamente come non esiste la meritocrazia. Ma nessuno ha il coraggio di denunciarlo, tranne il bambino. Dovremmo imparare da lui come si fa.

 

100 euro e lode. La scuola del «merito»: soldi agli «eccellenti»

IL CASO. Padova, l’iniziativa dell’istituto Scalcerle. La Rete degli studenti medi: «È il fallimento dell’istruzione, una competizione tossica». Il preside: «Un modo per far conoscere i ragazzi più bravi e dargli visibilità». Flc Cgil Veneto: «Questa selezione stride con la realtà che si affronta nelle classi»

100 euro e lode. La scuola del «merito»: soldi agli «eccellenti»

foto di Riccardo Antimiani/Ansa

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IL MANIFESTO 11 APRILE 2023

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LAVAL, VERGNE — L’EDUCAZIONE DEMOCRATICA

 

TRADUZIONE DI DAVIDE BORRELLI –

sociologo  (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli)

 

Educazione democratica. La rivoluzione dell’istruzione che verrà - Christian Laval,Francis Vergne - copertina

 

Educazione democratica

La rivoluzione dell’istruzione che verrà

ISBN 9788831392211
Pagine 266
Scienze sociali, 23
Soggettività e potere

€ 16,00

 

risvolto

Sempre più spesso l’istruzione viene considerata strumento di selezione meritocratica, anziché luogo di crescita culturale e partecipazione democratica. È giunto il momento di concepire una scuola e un’università che formino persone capaci di governare il proprio destino e di immaginare un futuro desiderabile e una Terra abitabile! Per preparare l’educazione democratica di domani, il libro tematizza cinque principi connessi fra loro da cui ricavare proposte concrete: la libertà di pensiero, con la creazione di un’istituzione di tipo federale che integri i docenti di ogni grado per proteggere la libertà di ricerca e di insegnamento dalle pressioni dei poteri organizzati; l’uguaglianza reale nell’accesso alla cultura e alla conoscenza, attraverso politiche di contrasto alle disuguaglianze sociali e territoriali; l’apertura a una cultura comune di fronte alle sfide poste dall’emergenza ecologica, dal femminismo e dal pluralismo delle culture; una pedagogia istituente, ovvero l’insieme di pratiche che fanno della democrazia il principio di funzionamento dell’istituzione educativa e della formazione degli studenti; l’autogoverno delle scuole e delle università in qualità di comuni educativi. Il volume propone un progetto sistematico che considera le istituzioni educative nel loro insieme, dalla scuola primaria all’università, e non separa la trasformazione dell’istruzione da quella della società nel suo complesso. La sua ambizione è delineare i tratti fondamentali di un’educazione democratica ancora a venire, e includerla pienamente in una società basata sui principi della solidarietà, della sostenibilità ecologica e dell’uguaglianza.

 

L’autore

Christian Laval, Francis Vergne

Christian Laval è professore emerito di sociologia all’università Paris-Nanterre. Autore di fama mondiale, molto noto per i suoi studi critici sul neoliberalismo e per aver teorizzato e promosso una nuova forma di razionalità politica all’insegna del principio del comune. Tra i suoi libri (scritti con Pierre Dardot): La nuova ragione del mondo (DeriveApprodi, 2013), Del comune, o della Rivoluzione nel XXI secolo (DeriveApprodi, 2015), Guerra alla democrazia. L’offensiva dell’oligarchia neoliberista (DeriveApprodi, 2016), Il potere ai soviet. L’ombra dell’ottobre ’17 e la democrazia diretta (DeriveApprodi, 2017). Solo sua la monografia Marx combattente (Manifesto libri, 2014).

Francis Vergne è psicologo dell’educazione e, come Christian Laval, ricercatore presso l’Istituto di ricerca della FSU (la Federazione sindacale unitaria dell’istruzione). Insieme a Laval ed altri è autore del volume La Nouvelle école capitaliste (La Découverte, 2011).

Alcune pagine della prefazione  + l’indice 

http://www.novalogos.it/drive/File/PDF%20EDUCAZIONE%20DEMOCRATICA.pdf

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1 risposta a Roberto Ciccarelli, Davide Borelli: «Il re è nudo: la meritocrazia serve a giustificare le disuguaglianze» –+ IL MANIFESTO di Luciana Cimino + altro

  1. DONATELLA scrive:

    Molto interessante questo lavoro sulla scuola. La politica del governo sulla scuola è lo specchio delle sue caratteristiche autoritarie e involutive sulla società in generale: la scuola è l’avviamento al lavoro e alla disciplina. Il merito è per i pochi che se la caveranno. E’ grande il disprezzo per i licei, focolai pericolosi di cultura, e per tutto quello che è educazione. ( e-ducare= portare fuori, farci vedere che il mondo è grande e da scoprire).

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